Capitolo 16

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Hazel

Non posso crederci.
Tutti, tutte le persone del mondo, ma non lui.
Senza riflettere, comincio a parlargli impulsivamente...ho bisogno di qualcuno che mi ascolti. Almeno per ora.
«Che succede? Chi era quell'uomo?»
«M-mio padre.»
«Avete litigato?»
«Non voglio parlarne...»
«Non piangere...»
La sua voce.
Quella voce così rassicurante.
Ma...stavo piangendo?
Forse, perché sto capendo per davvero come ci si sente a sentirsi illusi, dopo esserti convinta che quella era la persona giusta per te.
Penso a mamma. Non se lo merita, lei, tutto questo. Non è giusto.
Ma penso anche a me, e penso a quanto sono stupida in quanto ci sto cascando ancora.
«Hai fame?»
No. Non credo di aver voglia di mangiare, in ogni caso.
«Portami a casa, ti prego...»
«Ti chiami Hazel?»
«...che importa.»
Mi guarda negli occhi. Per davvero. Ma io non gli permetto di capirmi, di comunicare con me attraverso questi, perché ho paura di quello che potrebbero trasmettermi. Ho paura di fidarmi, oppure di fare errori di cui poi so già mi pentirò.
Lo guardo mentre scende dall'auto, sbattendo la portiera.
La parte razionale di me, si sta chiedendo perché io sia in macchina con il ragazzo che mi ha baciata e lasciata sola ieri sera, quello per cui non ho chiuso occhio, quello che penso sempre dalla prima notte in cui l'ho visto, quello che vorrei allontanare, ma non ci riesco.
Il cuore, invece, mi dice il contrario.
Dice che potrebbe aiutarmi e, chissà, forse ascoltarmi. In fondo non lo conosco...anche se è proprio questo il problema. Ma il cuore mi dice anche di stare attenta, perché non riuscirebbe a sopportare un'ulteriore ferita; poi non ci sarebbe più modo di riaggiustarlo.
Il problema, non è lui.
Il problema è l'effetto che fa al mio corpo.
Sento come se avesse davvero degli occhi capaci di attrarre ogni parte di me, ma non riesco a evitare di stargli vicino.
Non so cosa mi stia succedendo, so solo che adesso non ho voglia di pensare a niente, che odio mio padre e farei di tutto per dimenticare la realtà. Qualunque cosa.
Lo vedo rientrare in auto con delle buste piene di cibo.
«Oh...che...che hai preso? Non dovevi...»
«Prendi.» Mi porge la busta e prendo il panino all'interno.
«Aaron...» Si volta verso di me.
«Mh?»
«Non...credo di aver fame. Scusami...»
«Tranquilla.»
«Che hai?»
«Che?» Mi rivolge uno sguardo incredulo.
«Ti ho chiesto cos'hai.» Lui inarca il sopracciglio e sputa una risata nervosa.
«Ti stai...preoccupando per me?» Rimango lì, a fissarlo, immobile, dopo aver incrociato il suo sguardo gelido e spento. Mi volto e poso il braccio sul finestrino.
«Ricordami l'indirizzo.» Dopo una pausa di silenzio, si gira e mi guarda, scrutandomi.
«Allora?» mi sposta i capelli.
Credo di non aver ancora smesso di piangere, perciò non voglio rendermi ridicola vicino a lui.
«Non vuoi tornare a casa?»
Sinceramente? Se dovessi dire la verità, risponderei con un no secco. Ma non saprei dove andare...di certo non potrei farmi portare in libreria, anche se mi sentirei sicuramente meglio.
«Dove vuoi andare?» Si insospettisce del mio silenzio.
«Oh...non vuoi andare a casa, allora.»
«Devo, andare a casa.»
«Ah si?»
«Si.» annuisco, più fredda del solito.
«Se non vuoi, non ti porterò a casa.» bisbiglia lui, con voce roca ma allo stesso tempo dolce.
«E dove?»
«Cos'è che ti preoccupa?»
Mi spiazza. Davvero si interessa a me?
«Di certo non devo dirlo a te!»
«Credevo solo di esserti d'aiuto...se vuoi parlare, io-...»
«Mio padre si sposa con la sua amante.»
«Che?» capisco la sua faccia sconvolta, ma al contrario non capisco come io possa confidarmi con Aaron Robertson...
«Che vuoi dire?» si accende una sigaretta.
«Non mi sembra difficile da capire.» lui scoppia in un risatina. Lo fisso, esterrefatta.
«È normale che tu ci sia rimasta male, ma non puoi farti investire da un pullman per questo.»
«Ero fuori di me.»    
Si volta. Mi volto anch'io a guardarlo.
Inclina la testa, per poi ipnotizzarmi subito dopo col suo sguardo, quello capace di incatenare chiunque lo incroci.
«Lo sei ancora?» Sussurra, con tono malizioso.
«Smettila.»
«Se hai bisogno di qualcuno con cui sfogarti, io sono qui»
Davvero potrei mai confidarmi con uno come lui?
Helen si è cacciata nei guai con uno stronzo che l'ha usata per una notte, il migliore amico di Aaron, per giunta.
Mio fratello, beh, so che anche lui mi ascolterebbe, ma è appena arrivato e non voglio già angosciarlo o tartassarlo coi miei problemi...e poi, non posso parlargli di una cosa talmente importante senza preavviso. Dovrebbe essere nostro padre a dirlo a tutti quanti, non io.
Mia sorella non mi darebbe mai ascolto, nè tantomeno deciderei io di parlargliene. 
Mamma, non voglio ferirla.
Lei è una donna forte; ha superato tutto con apparente facilità, ma capisco che non deve essere facile cancellare tutti i ricordi col padre dei propri figli. 
Con chi dovrei sfogarmi? Con Justin, forse? Preferisco non fidarmi subito...comunque, ancora dobbiamo cominciare a conoscerci davvero. 
Anche se è un tipo molto simpatico e solare, e molto carino...okay, Hazel, basta.
Però, in realtà, non conosco neanche Aaron. So solo che è un coglione più del biondino, dato che mi ha baciata, per ben due volte, mandandomi il cervello in tilt...e non solo quello.
Lo odio.
«Ti odio.»
Gliel'ho detto davvero? Dopo che lui mi ha detto che ci sarebbe stato per me?
«Tu non mi odi.»
«Oh si, bello. Ti odio, perchè mi hai solo scambiata con qualcun'altra che volevi farti ieri sera, illudendomi soltanto. Quindi vaffanculo.»
Ho troppa voglia di strozzarlo. Eppure, non riesco a stargli lontano. Ma devo.
Se solo riuscissi a scordare tutto quanto, la sera in libreria, quel pomeriggio al locale con Helen, i baci, magari riuscirei a far finta di niente. Ma più ci provo, più penso a lui.
Devo distrarmi, da mio padre, da Aaron. Dai suoi occhi.
Scendo dall'auto. Lui mi segue.
«Hazel?»
«Che vuoi? Puoi lasciarmi stare?» aumento il passo.
«No.» Mi volto e provo a spintonarlo e a buttargli pugni sul petto, ma a lui sembra non fare alcun effetto. Tutto muscoli, niente cervello.
«Calmati, okay?» ridacchia, prendendomi in giro.
«Come faccio a calmarmi?»
«Vuoi che ti aiuti o no?»
«Sincera? No» sbuffo. Lui ride ancora più forte.
«Vieni qua, sali.»
«Non ci penso neanche! Cos'è, vuoi che ti ringrazi per avermi salvato la vita?» si appoggia al cofano. Siamo ancora di fronte al locale.
«Lo faresti?»
«E in cambio, mi lasci stare per sempre?» si avvicina al mio orecchio lentamente, con fare rilassato ma dannatamente attraente. Ma perchè diavolo mi fa quest'effetto?
«Per sempre.», ride, «Mi sembra un po' troppo, non credi?»
«Sta-mmi lon-ta-no.» scandisco bene le parole.
«Come si fa a starti lontano?» sorride, poi entra in auto. 
La sua domanda mi ha provocato una sorta di sfarfallio nello stomaco.
«Hazel, sei ancora qui! Ti prego, ascol-...»
No. Non ho intenzione di ascoltare ancora le stronzate di mio padre.
«No, è con me. Sali, tesoro.»
Cazzo. 
Ma a che gioco sta giocando?
«Che...chi è questo?»
«Il suo ragazzo» risponde Aaron, deciso.
Mi fa cenno di salire.
Non so cosa stia dicendo, penso sia impazzito.
Ma, a quanto pare, è anche l'unico modo per scappare da mio padre.
«S-si.»
«Hazel? Perchè non mi hai detto nulla? Non te ne andrai con lui.»
Ma contemporaneamente al rimprovero di mio padre, torno in auto, affianco ad Aaron.
«Hazel? Hazel!»
«Perchè non te ne vai da Sheila? Cominciate a stabilire le date per il matrimonio.» bofonchio sarcastica.
«Parti» mi giro verso il mio presunto finto ragazzo. Suppongo che papà stia andando in fiamme per l'ira.
«Subito, piccola.» Ci fissiamo intensamente per un lungo attimo.
«Veloce.»
«NO! Scendi subito! HAZEL!»
Subito ci ritroviamo sulla strada, alla velocità della luce, ancora una volta da soli nella sua macchina.
«Rallenta!»
Lui, dopo una risata inopportuna, rallenta all'improvviso.
«Perchè ridi? Non mi va di morire in macchina con te.»
«Di morire?» mormotta. Non lo sopporto, affatto.
«Perchè hai detto a mio padre che stiamo insieme?»
«Perchè ho capito che non volevi restare lì con lui.»
«Wow, allora riesci a capire qualcosa a volte. Hai un quoziente intellettivo, è già un gran passo per te!» lui ride alla mia battuta, quindi neanch'io riesco a trattenermi.
«Ti annoi? Se vuoi metti un po' di musica.»
«Oh, davvero posso?»
«Fa' pure» sembra stia prendendo troppa confidenza, però.
«Comunque...ieri sei stato bravo»
«Lo so, ho molta esperienza su come baciare perfettamente.»
«Ma che hai capito? Io intendevo sul palco, mentre suonavi.»
«Ah...» inarca un sopracciglio.
«Che c'è? Non parlavo specificatamente di te...solo, mi è piaciuta l'esibizione. Non crederti troppo, Robertson.»
«Sapevi sarei stato io il cantante?»
«Certo che no!»
 "certo che no, altrimenti non sarei venuta." 
Accendo la radio e, mentre faccio scorrere le canzoni, sento partire "fearless" di Taylor.
«AAAAA, la mia canzone!» Lui si volta a guardarmi stupito.
«Non alzare troppo il volume...» lo sento ridacchiare, ma ora non ci faccio molto caso; quando parte Tay, divento Haze al centouno per cento. 
Le sue risate fanno da sottofondo alla canzone a tutto volume e a me che, senza vergognarmi più di tanto e perdendomi nella musica, canticchio il testo di una delle mie canzoni preferite in assoluto.
Chiudo gli occhi, e mi perdo nella musica. Forse bastava questo a farmi dimenticare tutto.
E, magari, anche questo ragazzo a cui il vento scompiglia i capelli, facendolo ancora più bello, che rende il tutto ancora più leggero, canticchiando con me senza neanche sapere le parole. 
Si, magari lo sta facendo per prendermi in giro per la mia performance non desiderata, ma comunque mi sta facendo divertire ancora di più.
«It's fearleeeess» mi sporgo fuori dal finestrino, alzando le mani al cielo facendo un cuore, come fa sempre Taylor ad ogni suo concerto del tour. 
Che sogno che sarebbe, andarci...
«Che fai? Sei pazza?»
Urlo, con le mani ancora alzate, ridendo come una matta.
«Forse» faccio spallucce, sorridendo.
Entrambi scoppiamo in una lunga risata. Nei momenti come questo, non sembra stronzo come vorrebbe far credere di essere. Non capisco perchè si comporta in questo modo...
«Che c'è, girasole?» Credo di essermi incantata al suo viso, che mentre ride, è ancora più unico.
«N-niente.»
«Sicura?» annuisco, provando a distogliere lo sguardo.
«Anche tu una...uhm...come si chiamano...» credo di aver capito cosa sta cercando di chiedermi.
«...swiftie?»
«Esatto...wow. Interessante.» Ovvio è che sta intraprendendo discorsi per non annoiarmi, non per altro.
«Sei carina quando sei te stessa...anzi, molto più bella.»
«...grazie...» sorrido. Non ho ben capito il senso della sua frase...forse...ma so solo che sto sorridendo davvero per felicità, stavolta. 
Comunque, non sembra lo stesso Aaron di sempre.
«Aaron...»
«Oh, cazzo. No, no!»
«Che succede?»
Oddio. Un fulmine proprio vicino a noi. L'auto frena all'improvviso.
«Scendi.»
«Perchè? Dove...»
«Non fare domande...scendi, Haze. E seguimi.»

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