Vinavil

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È peggio di prima. Adesso Mimmo lo evita proprio. Vabbè, ci sta, pure Simone si eviterebbe.

Che gli piace gliel'ha detto, però lo sa che conta poco. Se uno prende e se ne va così — alla fine contano più i fatti delle parole, e lui, nei fatti, è uno stronzo.

Il bello è che forse Mimmo non ha nemmeno cambiato idea. Ancora. Cioè, è passata tipo una settimana, forse se Simone va lì e gli dice scusa, ho scapocciato, ci riproviamo?, lui dice sì, e ci possono riprovare, appunto. Ma non ce la può fare. Si sente un pozzo senza fondo di vergogna nello stomaco, anche se non ce ne sarebbe motivo, non ha fatto niente di cui vergognarsi tranne mollarlo lì sulla porta. Più che altro non può fare a meno di pensare che, se lui e Mimmo cominciassero a frequentarsi, Mimmo vedrebbe troppo, e non gli piacerebbe quello che vede. Si è sicuramente fatto un'idea di Simone che non corrisponde alla realtà, se gli piace qualcosa gli piace quella, e Simone si sente male al pensiero di sgretolarla.

Quel pomeriggio gli tocca pure andare a prendere suo padre. Che adesso si è ripreso ed è tornato il rompipalle logorroico di sempre. Simone spera non gli faccia domande su Mimmo o sbrocca. L'unica cosa buona è che a breve — forse tra un mesetto, se la fisioterapia va bene — al ristorante ci può tornare lui, almeno mezza giornata. Simone può tornare alle sue cose, idealmente non vedendo mai più Mimmo in vita sua se non per sbaglio.

"Com'è, stai bene?" Chiede al padre, mentre mette in moto. Non ha più bisogno della fasciatura in testa, ma adesso ha cominciato a mettersi dei cappellini per coprire la parte di capelli che hanno rasato, che è più corta del resto. È un po' comico.

"Sì." Mette una mano sopra all'altra sulle gambe. "E tu?"

Simone alza le spalle. "Normale."

"Chi hai lasciato al ristorante, Manuel?"

"Sì. Vabbè, tanto è presto."

C'è una pausa. "E Mimmo?"

Ecco qua. "Cosa?"

"So che siete diventati amici."

"No," esce subito a Simone. Forse però è un po' troppo forte come risposta. Gliel'avrà detto Mimmo, che sono amici? Forse no, forse si è fatto un film da solo. "Cioè — andiamo d'accordo," si corregge, anche se non è più particolarmente vero nemmeno quello.

"Ah." Lui annuisce, anche se sembra deluso. "No, perché è venuto l'altra volta — stavamo parlando, e — sapeva di Jacopo. Quindi ho pensato..."

Simone si sente riscaldare la faccia, come ogni volta che il padre nomina Jacopo. Gli sembra sempre fuori luogo, gli manda il sangue al cervello. Poi sicuramente avrà fatto tutto un piagnisteo a Mimmo, e — Simone pensa che dovrebbe essere solo lui a parlare del fratello alla gente, se proprio deve. Lui sa come sono andate le cose, dice la verità. "È uscito fuori il discorso, una volta. Mi pare."

"Ma guarda che non ti devi giustificare con me."

"Non mi sto giustificando."

"Sei sempre così —" Avvicina le mani per imitare qualcosa che si chiude, o che ti soffoca. "Lui è una persona aperta, capito. Vuole bene a tutti. Ti devi un po' rilassare."

Boh. Discorsi surreali. "Troppo aperto, evidentemente."

"Perché dici così?"

"Eh, perché, vedi, uno gli dice mezza cosa —" E improvvisamente si fa strada un pensiero terrificante. "Che altro ti è venuto a dire?"

"In che senso?"

"In generale."

"Ma niente, in realtà l'avevo iniziato io il discorso. E lui mi ha detto che già lo sapeva, che gliel'avevi detto tu. Anche se non sapeva —" Il padre fa un gesto verso la strada. "Ma mica è un segreto di stato, che non posso dirglielo."

La Cuenta - Mimmo & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora