E=mc²

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I pallidi raggi di sole di un'alba di fine febbraio filtrano dai vetri spessi della finestra.

Non scaldano per nulla e fa persino un po' freddo.

Il materasso ad una piazza e mezza non riesce a contenere in maniera perfetta tutti e due, ma poco importa, dal momento che i loro corpi sono avvinghiati l'uno all'altro.

Simone giace prono sul letto, con la schiena scoperta e indosso soltanto dei boxer grigi e un paio di calzini rossi. Dovrebbe imparare a mettere il pigiama o una t-shirt, perlomeno nella stagione invernale.

Sua madre glielo dice sempre, ma lui non ci pensa perché non sente la necessità di coprirsi ed è pressoché sicuro che avrebbe caldo, dopo.

Lo avrebbe, considerato che Manuel gli dorme sempre addosso, come sta accadendo in quel momento: percepisce il suo capo adagiato tra le proprie scapole, il fiato caldo che si infrange sulla pelle e i suoi capelli che lo solleticano.

Non ha idea a che punto della notte siano finiti in quelle posizioni, presuppone almeno un'ora o poco più.

Vorrebbe pure alzarsi, andare in bagno, ma gli sembra un'atrocità disturbare l'altro ragazzo, costringerlo ad aprire gli occhi, per cui sopporta.
Cerca di addormentarsi di nuovo, con scarsi - se non nulli - risultati.

Perciò, pazienta. Non ha la benché minima intenzione di smuoverlo.

Attende per i successivi ventidue minuti, quando recepisce un lieve movimento da parte del compagno. Poi sente «Simó?» e capisce che ha fatto bene a restare inerme.

«Buongiorno» sussurra.

«Buongiorno» replica Manuel, con voce impastata «Da quanto sei sveglio?»

«Un po'.»

«Me potevi sveglià, te lo dico sempre.»

«Eri tranquillo.»

«Seh, vabbè» Manuel sospira. È ancora assonnato quando preme le labbra sulla schiena dell'altro ragazzo. Deposita un bacio su una minuscola costellazione di nei color miele che compaiono in quella porzione di pelle. In seguito, il suo sguardo ricade sulla parte alta del suo braccio, laddove spicca il tatuaggio che gli ha fatto due anni prima.

Delle volte, il suo cuore si ferma al pensiero che Simone abbia impresso su di sé, finché sarà in vita, la sua calligrafia. È strano e assurdo.

È una sorta di per sempre, pur non essendoselo mai detti a voce alta.

Sono tante le cose che a voce alta non hanno mai proferito: alcune fanno troppa paura, altre le danno per scontate.

Per istinto, Manuel allunga una mano per andare a sfiorare con la punta della dita le linee scure di quella scritta.

E=mc²

Non gli ha mai chiesto che cosa volesse significare.
Certo, sa che è una formula della fisica - lo ha cercato su Google, a onor del vero - ma il motivo ben preciso gli è ignoto.

A volte pensa che un significato nemmeno ce l'abbia e che Simone abbia preso la prima cosa che gli è capitata a tiro, giusto per passare del tempo con lui.
È una bella visione ed interpretazione anche quella.

«Che fai?»

Simone chiede, percependo il suo lieve tocco.
Manuel accenna un sorriso. «Sai che c'hai la mia calligrafia addosso pe' sempre?»

«Non mi dire.»

«Eh, t'o dico invece» si solleva un briciolo col busto, così da poter essere in grado di sporgersi quel che basta per poter baciare quei tratti scuri: prima la E, poi la M, dopo la C.

«Te potrei riempì. Della calligrafia mia.»

«Sì?» Simone sussurra. Mantiene il capo sopra al cuscino, beandosi del contatto delle sue labbra contro la propria pelle. «E dove?»

«Beh, qui» Manuel ride, si sposta e va a baciare la spalla opposta; «poi qui» adesso, invece, tocca una piccola porzione sotto la nuca. Sfiora con la punta del naso la sua colonna vertebrale e deposita l'ennesimo bacio appena sopra il coccige «qui.»
Sale nuovamente su, con estrema lentezza. Gli mordicchia il lobo dell'orecchio. «Volendo pure qui» e dopo la guancia «qui soprattutto.»

A Simone fa un po' il solletico, ma gli piace. Non si dimena, al contrario socchiude le palpebre.
Da quella posizione gli viene difficile girarsi, anche perché Manuel grava ancora su di lui e tale movimento è reso impossibile.

«Manu?» lo richiama, allora.

«Mh-m?»

«Anche qui.»

«Qui dove?»

Si morde piano il labbro inferiore e oscilla con i fianchi per indicare al compagno di scostarsi. Controvoglia, Manuel obbedisce.

Soltanto in quel momento, Simone può voltarsi. Ha un ampio sorriso stampato sul volto. Con due dita si indica le labbra. «Qui» dice.

Manuel ride. «Lì non ce sta bene un tatuaggio.»

«Qui ci stai bene tu.»

***

[Note autore:
È una roba vecchissima che avevo messo su Twitter, l'ho ritrovata nelle bozze. Era carina.
Mi mancano.
Me li hanno portati via, sobs]

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 14 ⏰

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