Nel cuore del Mediterraneo giace la Sardegna, un'isola ricca di storia, miti e misteri. Le sue coste bagnate da acque cristalline si perdono nella vastità del mare, mentre nell'entroterra si ergono imponenti montagne che raccontano antiche leggende. I suoi villaggi di pietra sembrano custodire segreti millenari, mentre i profumi di mirto e macchia mediterranea avvolgono i viaggiatori in un incantesimo senza tempo. Tra nuraghi e tombe dei giganti, la Sardegna rivela il suo passato remoto, dove ogni pietra racconta una storia e ogni strada conduce a un'avventura unica. E nel calar della sera, il tramonto dipinge il cielo di colori vividi, mentre le stelle si accendono una dopo l'altra, illuminando l'anima selvaggia e misteriosa di quest'isola incantata.
Eravamo diretti proprio lì, a casa.L'aeroporto si staglia contro il cielo crepuscolare, una maestosa struttura di acciaio e vetro che si erge nel paesaggio urbano come un monumento alla modernità. Le luci danzano sulle ali degli aerei in arrivo e in partenza, mentre il fragore dei motori crea una sinfonia caotica nell'aria. Tra le persone che si affrettano lungo i corridoi, si avverte un palpabile senso di anticipazione e di addio. E in mezzo a tutto queste, eravamo lì, con gli occhi colmi di sogni e le valigie piene di speranze, pronti a partire per la Sardegna. Le nostre mani si intrecciavano mentre attendevamo con pazienza il nostro imbarco. Ci scambiavamo sorrisi di sfuggita, Marco mi faceva foto di nascosto e me le mandava; ridevo guardando i video di mesi ormai passati, quelli delle interviste a Sanremo, dei momenti buffi di Marco sul palco, delle agitazioni dietro le quinte.
Video di un tempo ormai non troppo lontano.Dopo circa un'ora finalmente salimmo sull'aereo.
Le file di sedili si allineavano lungo lo stretto corridoio, mentre una luce soffusa illuminava delicatamente l'ambiente, creando un'atmosfera rassicurante. Il suono dei passeggeri che si scambiavano parole o si perdevano nei propri pensieri riempiva l'aria. Le finestre offrivano uno sguardo fugace sull'aeroporto.
I nostri posti erano vicini.
A444 e A445.Ci sedemmo e Marco mi guardò.
«Pronto?»chiese.
Io annuii. «Sì, sono pronto. E tu?»
«Anche io» rispose.Il viaggio durò poco. Arrivammo nella mia amata Sardegna giusto in tempo per il pranzo. Scesimo dall'aereo e il sole di quel luogo iniziò a battermi forte in testa. Non avrei mai dimenticato quel sole così bello e caldo, leggermente inferiore a quello del caldo sole egiziano.
Mi portai una mano alla fronte, la vista leggermente offuscata.
Marco si mise gli occhiali da sole.«Benvenuto in Sardegna.»
Bussavo ripetutamente il campanello di casa, mentre Marco mi ripeteva di smetterla, di non dare fretta a mia mamma.
Ero fatto così, avevo sempre fatto così, che ci vuoi fare!Sentivo le pantofole con i tacchi battere sul pavimento all'interno della casa. Era mamma. Pochi minuti dopo, lei aprì la porta. Aveva il suo solito grembiule arancione, sotto il quale indossava una delle sue vesti piene di fiorellini. Mi guardò a lungo, poi sorrise e mi abbracciò.
«Alessandro! Bellu mio!» Mi strinse forte tra le sue braccia. Il calore dei suoi abbracci mi era mancato.
«A ma! Che dici, tutto bene?»Lei smise di abbracciarmi, mi guardò e si portò le mani sui fianchi.
«Bene, bene» aveva uno sguardo serio.
Io guardai Marco e alzai gli occhi al cielo. «Eccoce» sussurrai.
«Mi potevi avvisare però! Sei sempre il solito oh» Portò una mano alla mia orecchia sinistra e la tirò.
«Ao me fai male!»
«Te sta bene!» Marco rise e lei si girò verso di lui, gli porse la mano.
«Piacere Anna! Tu sei Marco, eh?» Lui annuì. «Sì, sono io, è un piacere conoscerla.»
«Ma che è, dammi del tu!» Io scossi la testa e presi la mia valigia.
«A ma io entro, so che me lo chiedi , si ci fermiamo a mangiare ma poi andiamo via»
« E dove andate??»
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NEBULOSA
ChickLitLa nebulosa...simbolo di un amore profondo e immenso, che avvolge due persone in un legame indissolubile e misterioso. Come la nebulosa che si estende nello spazio infinito, questo tipo di amore può essere visto come qualcosa di eterno, in cui due a...