Ultimi giorni 14

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Con il cappello in testa e lo sguardo basso, mi avviai verso la chiesa. Avevo la forte tentazione di rimanere a contemplare il cielo, a cercare di decifrare quei segni lontani, ma la combattei con tutte le mie forze. Non dovevo cedere. Sarebbe stato così semplice abbandonarsi alle visioni e lasciar perdere tutta la lotta per sopravvivere. L'ansia, la paura, il terrore di qualcosa di sinistro sempre dietro l'angolo. L'angoscia che non lasciava scampo, perché non avrei potuto accogliere la follia?

Entrai in città, pareva tutto immobile, silente, morto. Un'atmosfera spettrale, un paese abbandonato. Mi chiesi dove fossero finiti gli abitanti. Attraversai le vie, incrociando a volte qualche sparuto essere umano che ormai aveva ben poco di vivo: si coprivano il viso con le mani, nudi, mentre tremavano. Più che un tremore, erano delle vere e proprie scosse che percorrevano tutto il corpo. Una visione piuttosto inquietante che mi gettò nel panico: e se si fossero risvegliati improvvisamente e all'unisono e mi avessero attaccato? Non avevo più nulla con me, solo il coltello nascosto nel giubbotto. Avrei dovuto considerare le varie possibilità, essere più discreto, pianificare meglio le mie mosse. Invece mi ero presentato in città come nulla fosse. Non era più possibile muoversi liberamente, era necessario procedere con attenzione e metodo. Individuai alcuni negozi che erano già stati ampiamente saccheggiati e annotai la loro posizione nella mia mente. Al ritorno avrei dovuto cercare qualcosa, ero rimasto senza provviste, neanche acqua, altrimenti sarei crollato in fretta. Mi era rimasto solo il giubbotto, con il coltello nella tasca, e il cappello. Rallentai il passo e mi avvicinai alla chiesa nel modo più silenzioso possibile. Mi sentivo stanchissimo, avrei voluto dormire per una settimana.

Finalmente, la chiesa, in tutta la sua maestosità, si manifestò davanti a me. Di architettura moderna, la trovai orribile, eppure ora avevo bisogno di essere lì, almeno volendo seguire il racconto dell'uomo nel bosco e, in mancanza di altre idee, era tutto ciò che potevo fare. Certo, mi pareva tutto assurdo, ma nulla aveva senso ormai. Entrai, non sapendo cosa cercare. Dentro faceva ancora più impressione, con la sua infinita fila di panche e un'altezza vertiginosa del soffitto. In lontananza sentivo una voce e sull'altare potevo notare una presenza. Percorsi tutta la navata a passo lento fino a giungere alla prima fila, sedendomi davanti all'uomo, su una panca piuttosto scomoda. Il prete di fronte a me recitava la sua predica in una chiesa vuota, forse incapace di rinunciare per nessun motivo a quel rito, neanche alla fine del mondo, durante gli ultimi giorni. Aveva i capelli bianchi, dimostrava almeno settant'anni, portamento fiero, occhi gialli. Eppure, pareva lucido e non corrotto dalla pazzia. Rimasi ad ascoltarlo, non sapendo come questo mi avrebbe aiutato, ma ne approfittai per riposare. Da un giorno all'altro, tutto il mio mondo era mutato e mi ero ritrovato in una realtà assurda, che non riuscivo a comprendere. Da semplice spettatore ero diventato un attore principale di una vicenda a me totalmente oscura. Una chiesa immensa e due solo persone all'interno, che provavano a comunicare in qualche modo.

«E vidi nella mano destra di Colui che era assiso sul trono un libro a forma di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: "Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?". Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra era in grado di aprire il libro e di leggerlo. Io piangevo molto perché non si trovava nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo.

Il quinto angelo suonò la tromba e vidi un astro caduto dal cielo sulla terra. Gli fu data la chiave del pozzo dell'Abisso; egli aprì il pozzo dell'Abisso e salì dal pozzo un fumo come il fumo di una grande fornace, che oscurò il sole e l'atmosfera».

Si fermò, alzò la testa a guardarmi e mi irrigidii, temendo che sarebbe venuto verso di me, che, invece di comunicarmi un messaggio, mi avrebbe attaccato. Infilai la mano nella tasca del giubbotto, calmandomi solo quando strinsi il manico del coltello. Invece, si limitò a sorridere e ad annuire, poi abbassò nuovamente la testa e riprese a parlare, fissando il leggio, anche se non aveva alcun libro davanti.

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