Ultimi giorni 25

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Camminavo sotto un sole accecante, il palazzo ancora lontano davanti a me. Il deserto, impietoso, non dava scampo. La terra, ormai morta da secoli, aspettava solo che perdessi i sensi per seppellirmi, per rendermi parte di lei. Il mio volere scomparso, le provviste terminate. Il mio sguardo abbracciava tutto l'orizzonte e notavo diverse figure che procedevano nella mia stessa direzione, da ogni parte. Poco avanti a me, un uomo camminava solo, di sicuro diretto verso la medesima destinazione. Si voltò a osservarmi: sporco, stanco, denutrito, con la barba lunga, non gli feci di sicuro una bella impressione.

«Sei stato chiamato?» mi disse con un'espressione di disgusto, rallentando il passo fino ad affiancarmi. Io facevo fatica a camminare, lui sembrava fresco e riposato. Sazio, ben vestito: non aveva di certo passato le mie stesse sventure.

«In un certo senso, devo incontrare gli dei», risposi.

«Io sono stato convocato, come molti altri. Saremo i nuovi apostoli, gireremo per il mondo portando la loro parola. È un onore incredibile essere scelti, avremo uno scopo nella vita, il più nobile, il più importante».

«E tu ci credi?» chiesi d'istinto.

«Certo, per cos'altro ci avrebbero convocati? Remlah stesso mi ha parlato in sogno, mi ha detto Alzati e raggiungimi, sarai il mio apostolo».

«Hai mai pensato per un attimo che vogliano solo uccidervi senza neanche sforzarsi e poi infierire ridendo sui vostri cadaveri, rendendovi schiavi per l'eternità?».

L'uomo non rispose, si limitò a squadrarmi di nuovo con disgusto. Di sicuro, le mie parole non gli fecero cambiare idea. D'altra parte, come avrei potuto modificare la sua convinzione, comune a tanti altri che, fieri, provavano a raggiungere il prima possibile il palazzo. Il caldo iniziava a rallentare i miei movimenti, non sarei mai arrivato a destinazione, cominciai ad acquisire consapevolezza: il mio ennesimo fallimento, l'ultimo.

«Prima, ognuno credeva nel suo dio, che cambiava, anche se era sempre un dio creatore. Ma dov'era? Che segnali avevamo? Nascosto, lasciava che credessimo a idee che cambiavano nel tempo in base agli uomini e al contesto storico. Una legge non esisteva, le testimonianze si fermavano a tempi così lontani che non si poteva essere sicuri di nulla. Eppure, rassegnati e bisognosi, continuavamo dopo millenni, a credere con sempre meno entusiasmo. Ora, invece, gli dei si sono manifestati. Cattivi, spietati, ma reali. Si mostrano, ci vengono a trovare, crudeli come solo un dio può essere. Ti obbligano a ubbidire, altrimenti la pena è inimmaginabile. È sbagliato? Certo, ma è la vita. E io preferisco una cosa reale a un'altra che si rincorre per millenni vivendo di mistero», mi rispose serio senza guardarmi.

«Morirai e non ne sarai contento. Morirete tutti e sarà una carneficina per abbellire il loro palazzo», incalzai.

«Tu ci salverai? Puoi fare qualcosa per fermarli? Nessuno può e io non credo che andrà come dici tu, ne sono convinto, altrimenti non sarei qui. Un tempo lontano, la stella del mattino fu mandato su questo pianeta, forse non lo ricorda neanche lui. Il custode di questa terra, questo era il suo incarico. Una vita troppo lunga non ha alcun senso: le cose da fare si perdono, lo scopo sfugge e diventa un'altra esistenza. Ha provato a manifestarsi a tutti ma ha fallito, ha sbagliato i tempi e la nostra vita è andata avanti senza di lui».

«Non è come dici tu, non sai niente, sostieni solo menzogne che altri ti hanno inculcato, è andata in maniera completamente diversa», risposi arrabbiato, senza avere motivi per alterarmi. Forse, il suo essere così sicuro di se stesso mi irritava.

«Tu conosci una storia diversa? Io l'ho vista in sogno, me l'hanno mostrata. Conosco ogni dinamica dall'alba dei tempi perché devo raccontarla a tutti. Devono conoscere la Storia, come siamo arrivati fino a qui. Devono sapere che il nostro destino è segnato, che ci dobbiamo inchinare e sottomettere, oppure soccombere e morire. È una scelta ed io sarò un apostolo. Il custode di questo mondo è perso nel vento, probabilmente non ricorda più nulla e nessun altro può salvarci. Io preferisco servire piuttosto che permettere che la mia anima diventi un gioco nelle mani di tre folli».

«Sei pazzo, dici cose senza senso. Hai già perso ogni capacità di intendere. Dovresti ascoltarti! C'è sempre speranza, puoi sempre scegliere. Fuggi via, vedrai che sei ancora in tempo, questo mondo non è spacciato. Riuscirò a fermarli questa volta, vedrai. Il loro regno di terrore terminerà e la pace, la pace vedrai, ascoltami bene, la pace tornerà a scorrere tra le strade, come un fiume in piena. Inonderà tutto, purificherà ogni cosa, cancellando il ricordo di tre re folli che predicavano morte».

«Tu ci salverai? Neanche ti reggi in piedi, sei al limite delle forze. Fallirai anche stavolta, l'ho visto nelle mie visioni. Per loro sei come una piccola zanzara: fastidiosa ma ininfluente. Una seccatura che non può creare alcun problema. Li saluterò da parte tua, non preoccuparti. Non riuscirai neanche a vederli per la prima volta nella realtà, figuriamoci a fermarli. E poi la pace non ha mai regnato su questa terra», mi disse beffardamente, con un sorriso vittorioso sulle labbra. Mi parlava, ma era come se mi parlassero tutti attraverso di lui: Remlah, Syushan e Ifid. E io potevo solo subire.

«Ce la farò, vedrai, se solo tu mi dessi qualche provvista, almeno un po' d'acqua, ti prego, un goccio d'acqua e tornerò in forze. Spalancherò le porte del palazzo e urlerò il mio nome, rovescerò i banchi e le sedie. Tremeranno e soccomberanno, ma io non avrò pietà: la mia voce li trasporterà sul loro pianeta morto. Acqua, ti prego, e la mia furia non avrà limiti», implorai con l'ultimo soffio di forza che mi rimaneva. Poi caddi.

L'uomo mi osservò dall'alto, senza più disprezzo ma quasi con pietà. Poi si voltò, mentre io pronunciavo parole a me stesso sconosciute, incapace ad articolare anche la più semplice sillaba. Osservai le sue impronte che si allontanavano, come la mia ragione, come la mia scintilla vitale, come la mia totalità.

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