Quella mattina di pochi giorni dopo, i detenuti dopo colazione vennero portati nelle proprie celle a causa della pioggia di metà autunno.
Emanuele si trovava nella sua cella, il tavolino al centro della stanza, insieme a Enzo e Pasquale, a giocare ad una partita a scopa.
Il giovane si annoiava particolarmente, e spesso, quando stavano nelle proprie celle di mattina o di pomeriggio, giocava a carte con alcuni detenuti.
<<Pasquà, tieni nu mazz esagerat però.>> Si lamentò Enzo dopo l'ennesima scopa dell'avversario. Emanuele ghignò e continuò a giocare in attesa che gli zingari venissero a trovarlo in cella. Aveva un conto in sospeso...
<<E carte su femmn.>> Rispose il ragazzo tirando la carta. <<E infatti solo con le carte puoi scopare.>> Affermò Emanuele con voce roca. Giocava a carte ma i suoi occhi erano sempre rivolti verso la porta della cella aperta.
Cominciava a spazientirsi battendo ripetutamente il piede a terra.
Pochi minuti dopo, i due zingari, bussarono alla cella. <<Permesso.>> Emanuele alzò gli occhi dalle proprie carte e li guardò. Con un cenno, diede l'ordine silenzioso e i due sparirono dalla sua vista. Enzo e Pasquale si lanciarono uno sguardo consapevoli di ciò che stesse succedendo, ma facendo finta di niente, continuarono a giocare con il moro senza proferire parola.
Gaetano dopo colazione, andò nei bagni per farsi una doccia, pronto ad accogliere Ginevra per svolgere il progetto. Quella mattina sarebbero rimasti nella saletta a causa del tempo, e avrebbero iniziato a scegliere alcune foto da inserire nel PowerPoint.
Il giovane Caputo si trovava di fronte allo specchio in mutande ad ammirarsi e finire di prepararsi. Aveva appena lavato i denti e adesso stava pettinando la sua chioma castana. Dei passi rimbombarono per il corridoio, ma non ci fece tanto caso, poiché pensò che fossero arrivati altri detenuti per farsi una doccia. Si infilò la maglietta e un pantalone di tuta.
Gaetano canticchiava una canzone di Icaro, quando due zingari entrarono nel suo campo visivo. Nonostante fosse un chiacchierone e avesse fatto amicizia con tutti, quei due non li aveva ancora inquadrati e non ci aveva mai davvero parlato. <<Wee Gaetà, tutto a posto?>> Il ragazzo più alto e dalle spalle larghe e la pelle scura, si avvicinò a lui. L'altro gli fu subito accanto. <<Uagliò, vi serve qualcosa?>> Domandò non capendo quella confidenza. I due presero a parlare in una lingua sconosciuta. <<Ij però non vi capisco se parlate accusì. Già non teng manc a terza media.>> Ridacchiò.
<<Scusaci, siamo un po' scostumati, colpa del cattivo insegnamento del capo.>> Gaetano si voltò verso il più piccolo dei due con sguardo confuso. Quando capì la frase era troppo tardi, perché gli arrivò una ginocchiata in pieno stomaco.
Preso alla sprovvista cadde a terra e i due presero a dargli calci su tutto il corpo. <<Il capo ti manda i suoi saluti e di rammenta di nun fa più o splendido pcché se vuole t'accir quando lo decide lui.>> Eccola la vendetta di Emanuele dell'altro giorno. Uno dei due zingari gli diede un forte pugno al naso. Lui cercò di rispondere ma essendo in due, riuscì a fare ben poco.
Il sangue iniziò a colargli dal naso e alcuni lividi divennero subito violacei sul corpo.
<<Buona giornata strunz.>> Dopo averlo picchiato e avergli fatto capire chi fosse stato a mandarli a picchiarlo, Gaetano si alzò e si guardò il viso pieno di sangue.
Senza nemmeno pulirsi, uscì dal bagno tutto arrabbiato e a passo spedito si precipitò nella sua stanza. Lo stronzo aveva scelto proprio il giorno in cui si doveva incontrare da solo con Ginevra per ridurlo in quel modo.
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Non è troppo tardi se mi aspetti fuori!
FanficFanfiction ispirata a mare fuori (Emanuele ha l'aspetto di Ciro ma una storia completamente diversa). Aggiorno ogni lunedì! Ginevra Romano è una giovane ragazza di Verona che si trasferirà a Napoli dallo zio Beppe. A causa di un progetto con la nuov...