Luglio 2012,
6 ore prima della sparatoria
Antonio si era appena svegliato e iniziò subito a piangere. Il piccolo Emanuele si alzò controvoglia dal letto e strofinandosi gli occhi ancora assonati, si precipitò in salone per capire come mai il fratellino stesse piangendo.
<<Maronna mij Antò, ma che sfacimm tieni e chiagnere?>> Sbuffò avvicinandosi alla culla. Antonio che aveva appena compito 2 anni, lo guardò e smise finalmente di piangere. Con un linguaggio ancora abbastanza incomprensibile, fece capire al fratello che voleva essere preso in braccio e fatto scendere dalla culla.
<<Mo ti faccio uscire da questa culla, basta che non chiagni chiù.>> Il piccolo alzò le braccia per farsi prendere. <<Come sei pesante.>> Si lamentò il ragazzino dagli occhi neri come la pece.
Antonio iniziò a correre per tutto l'appartamento dove vivevano a Forcella. I mobili erano d'oro e i caratteri della casa erano quelli tipici di una famiglia napoletana.
Mentre Emanuele si dirigeva in bagno per lavarsi la faccia, la porta di casa si aprì, rivelando Giuseppe Amato, suo padre, che aveva 28 anni. I capelli erano castano chiaro e gli occhi erano azzurri. La barba la portava corta e il suo taglio di capelli era alla moda di quei tempi. <<Papà!>> Esclamò contento di vederlo di prima mattina. Erano due giorni che non tornava a casa, la mamma gli aveva detto che doveva risolvere alcune questioni di lavoro, anche se Emanuele, intelligente com'era non gli credette, ma fece finta di niente.
Giuseppe vide il figlio maggiore corrergli incontro e lo strinse a sé prendendolo in braccio.
<<Comm sta o' principe mij?>> Lo riempì di baci.
Giuseppe era sempre stato un giovane uomo affettuoso con i figli, ma quando erano fuori di casa, Emanuele notava sempre quel cipiglio serio in volto. <<Mi sei mancato papà.>> Tra Emanuele e suo padre c'era un legame fortissimo, di quelli che non si potevano spiegare a parole.
Anche il piccolo Antonio udì la voce del papà, e lentamente, camminò per raggiungerlo.Giuseppe mise giù il maggiore dei suoi figli e prese in braccio il piccolino.
Maria, che stava in terrazza a stendere i vestiti, sentendo tutto quel baccano, rientrò in casa.
<<C're tutto sto bordello?>> Portava i capelli legati in chignon disordinato. Indossava una canottiera nera e un paio di pantaloncini leopardati del pigiama. Non appena vide il marito, gli occhi si illuminarono, era tornato finalmente a casa e sembrava non avere un graffio.
<<Com'è che ti fai sempre più bella?>> Non la vedeva da due giorni, ma già le era mancata. Maria era la sua giovane sposa che col tempo aveva imparato ad amarlo come lui aveva sempre amato lei.
Giuseppe si avvicinò a Maria con ancora Antonio in braccio e gli scoccò un bacio. Maria istintivamente gli gettò le braccia al collo e lo strinse forte. <<Sei tornato.>> La paura che non avrebbe più fatto ritorno la uccideva sempre, ma ormai era fatta, pensò la donna. Presto avrebbero avuto la libertà che si erano promessi. <<E' tutto a posto. Tra un paio di giorni ce ne andiamo da qua.>> La rassicurò.
Emanuele, che stava ascoltando tutto, guardò i suoi genitori accigliato, non capendo cosa stessero dicendo. <<Ma che dici pà? Dove andiamo?>>
La madre di Emanuele si inginocchiò per raggiungere la sua altezza. Prese il viso del figlio tra le mani e gli sorrise. <<Ce ne andiamo in un'isoletta dove putimm stà tutti assieme. Dove nessuno può trovarci.>> Giuseppe la informò che i documenti falsi erano pronti, avrebbero raggiunto Ischia, un'isola di Napoli e ci avrebbero abitati indisturbati. Giuseppe aveva ottenuto una casa e un lavoro che per un po' di tempo li avrebbe mantenuti, e poi, un giorno, sarebbero andati anche più lontano, per sfuggire al passato cammorista di Giuseppe. O almeno così era quello che credeva Maria.
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Non è troppo tardi se mi aspetti fuori!
FanficFanfiction ispirata a mare fuori (Emanuele ha l'aspetto di Ciro ma una storia completamente diversa). Aggiorno ogni lunedì! Ginevra Romano è una giovane ragazza di Verona che si trasferirà a Napoli dallo zio Beppe. A causa di un progetto con la nuov...