Aspettando Pasqua/2

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 La via crucis dei bambini

Secondo tempo


"Bene, ora che siamo tutti qui, possiamo iniziare", esordì suo padre, alzandosi dal divano e camminando a passi lenti ma sicuri, raggiungendo il centro della sala; la mamma, intanto, che li aveva guidati verso il salone, si era ricongiunta agli zii, sedendo composta sul divano lasciato vuoto.

Tra loro quattro, nessuno osò muoversi o dire qualcosa. Rimasero vicini, soprattutto lui e suo fratello. Dalila restava un po' in disparte, accigliata, forse per la vista della spazzola. Be', non gli interessava affatto.

Suo padre, intanto, aveva preso a riformulare quel discorsetto che aveva già dovuto subire, quando, la prima volta, la settimana precedente, aveva annunciato loro il programma. Gli stessi discorsi triti e ritriti, tutto un lungo spiegone sulla via crucis, il martirio, il sacrificio... poi passò a parlare di loro, loro quattro nello specifico e dei bambini in generale, di quanto fossero vittime predilette della tentazione e del demonio, di come occorresse purificarsi per accogliere la redenzione e tutte quelle cose che, davvero, Ermanno non riusciva più ad accettare, come invece avveniva in passato. In quel preciso momento, in cui si sentiva come un condannato a morte, Ermanno capì che era finita un'epoca. Aveva davvero amato le tradizioni di famiglia, sia per il Natale che la Pasqua, i canti in chiesa, l'atmosfera elegante, seria, l'aroma dell'incenso, e tutti quegli eventi cui partecipava con entusiasmo, felice di riunirsi ai suoi coetanei, la gioia di rendere felici e orgogliosi i suoi genitori... spazzato via tutto dall'insensatezza di quanto stava vivendo e sopportando in quel momento.

A un tratto, Ermanno ripensò a una lezione a scuola da poco appresa... avevano appena iniziato le Crociate. Si ricordò di come il professore avesse accennato a una "crociata dei bambini". Un folle e sciocco pontefice aveva pensato bene di spedire navi piene di bambini innocenti verso la Terra Santa, convinto che sarebbero riusciti a convertire i cuori degli Infedeli. Un massacro inutile, peggiorato da un rovinoso naufragio durante la traversata.

Ecco, Ermanno si sentiva come uno di quei bambini, prigionieri della nave che li aveva condannati alle gelide e buie acque del mediterraneo orientale. Per suo padre, si trattava di una via crucis dei bambini, così andava dicendo. "Non dovete prenderla come una punizione, ma come un invito alla riflessione, un modo per accogliere il dolore come parte della vita", dichiarò, continuando a parlare ininterrotto. Crociata, via crucis... comunque una fregatura. E un'ingiustizia.

Dalila prese a piagnucolare, interrompendo il sermone di papà, che tentò di riprendere, venendo poi fermato dallo zio Dario, che aveva giudicato sufficiente il discorso. E nel mentre, pure Elia aveva preso a singhiozzare.

"Vieni, Dalila, tanto stai già piangendo, almeno diamoci un senso", ordinò la zia, che quanto a follia era seconda solo a suo padre. Del resto, erano fratelli. E non c'era da stupirsi di come fossero cresciuti, conoscendo il nonno Edgardo. Dalila ovviamente non s'era mossa, pietrificata alla vista della madre, che s'era alzata e aveva raggiunto la sedia, prendendo in mano la spazzola.

"Voi tre, venite, sedetevi qui", ordinò sua madre, alzandosi a sua volta, liberando il divano più grande, posto proprio di fronte alla sedia. Ermanno si scosse, prese l'iniziativa, combattere era inutile, aveva avuto tempo, del resto, per prepararsi psicologicamente, e a quel punto voleva solo affrontarla e lasciarsela alle spalle. Chiamò suo fratello, che piagnucolava silenziosamente, in modo sorprendentemente composto. Davide si mosse veloce, gli passò vicino e lo sorpassò, raggiungendo il divano e lasciandosi ricadere pesantemente. Si sedette vicino, al centro, lasciando al fratello il posto all'altra estremità.

Conciati per le feste (#SV10)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora