Estate: Hotel Luna Rossa/2

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Guai in famiglia all'Hotel Luna Rossa

Matteo & Tommy

II.

Mario era riuscito a strappare via dalla piscina suo figlio Tommy poco prima che affogasse. Già si sentiva marchiato dallo sguardo di fuoco di sua moglie... ma Tommy oltre a esser un bambino esuberante, era anche resiliente. Quante volte era caduto, e lei già pensava a catastrofiche conseguenze, corse al pronto soccorso, lastre ai raggi... e poi il piccolo si rialzava, piagnucolando appena. Era tutt'altra cosa rispetto a suo fratello maggiore. Matteo era ancora infantile, anche se aveva ormai dieci anni, ed era rimasto un grande mammone, benché l'attaccamento alla madre fosse un'arma a doppio taglio: tanto attaccamento spesso comportava gelosie, richieste eccessive di attenzione, e l'attenzione che sua madre gli concedeva non era poi esente da eccessi di preoccupazione, controllo, risultando a volte esagerata e severa. Come tutte le mamme, a ben vedere. Così era stata la sua, di madre. Quando si mettevano insieme, madre e nonna, a riversare le loro attenzioni su Matteo, facendo a gara, Mario se la dava a gambe levate, spesso con la scusa di badare al piccolo Tommy.

Dopo aver asciugato per bene il bambino di sei anni, con il suo grazioso telo da mare formato mignon a tema Cars, lo prese in braccio e si incamminò verso la camera, portando poca roba con sé: la stragrande maggioranza delle borse e degli oggetti trasportati in piscina servivano a sua moglie, del resto.

Suo figlio s'era lasciato trasportare, accoccolandosi su di lui. Non era affettuoso e appiccicoso come Matteo, e quelle moine in genere avevano un secondo fine.

"Oggi sei stato monellino, Tommy, hai rischiato di affogare in piscina", lo ammonì, mantenendo comunque un tono leggero e scherzoso. Non aveva bisogno di farsi tutto serio e di strillare, per rimproverare i suoi figli. Anche se agli occhi di sua moglie era fin troppo lassista... semplicemente, avevano due modi diversi di reagire, tutto qua.

"Non è successo niente", ribatté il bambino, facendo le fusa come un gattino.

"Lo sai che non devi fare preoccupare la mamma", insistette. "Se ti dico che dobbiamo andare, dobbiamo andare, cosa ti metti a saltellare, correre e tuffarti".

"Ma io... io..."

"Non farlo più, Tommy", chiuse la questione. Aveva raggiunto l'ascensore, ormai la piscina era storia chiusa. "Ora facciamo una doccia veloce e ci prepariamo per stasera, così poi viene la mamma con Matteo e andiamo a cena".

"E poi andiamo a vedere la spiaggia, quella con i granchi?", chiese suo figlio, mentre si aprivano le porte dell'ascensore. Avevano saputo dalla ragazza alla reception, che aveva fornito loro ogni possibile informazione sui dintorni, che c'era una caletta seminascosta che la sera si popolava di granchi, sbucando fuori dalla sabbia. La sera prima avevano preferito un giro in paese, magari quella sarebbe stata la sera giusta.

"Se fai il bravo ci andiamo", rispose. Ecco come bisognava fare... senza strillare e senza minacciar sculaccioni. Non che non servissero: per Mario, serviva ogni cosa, ogni attrezzo del mestiere era ammesso, ma ognuno aveva il suo giusto utilizzo. Quando era nato Matteo, era stato distratto dal lavoro, e si era un po' perso quegli anni. Sua moglie s'era totalmente dedicata a suo figlio, in ogni aspetto, e forse questo l'aveva reso un po' mammone. In fondo, anche Tommy sapeva mostrarsi appiccicoso e affettuoso, ma col piccolino Mario aveva provato ad aggiustar le cose, dedicandogli molto più tempo di quanto non avesse dedicato, purtroppo, al primogenito. Magari, una volta cresciuto, una volta sottrattosi al controllo materno, Matteo avrebbe cercato, adolescente, la complicità maschile. Non vedeva l'ora, anzi, che suo figlio crescesse, e si lasciasse dietro l'infanzia e i suoi vezzi. Tommy, be', aveva ancora l'età giusta per permettergli di godersi la sua infanzia.

Conciati per le feste (#SV10)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora