Estate: Hotel Luna Rossa/19

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Guai in famiglia all'Hotel Luna Rossa

7. Nico & Ludo

I

Nico era già in punizione.

Come se potesse dimenticarlo, sua madre continuava a ricordarglielo. Dall'inizio di quella vacanza all'Hotel Luna Rossa, anzi, era già in punizione ancora prima di arrivare. Che poi, esser in punizione, durante una vacanza di famiglia, in un albergo, mica in casa, non aveva alcun senso. Era infatti uno status morale, più che una condizione pratica, caratterizzata da limiti, divieti, perdita di privilegi. Un modo in cui sua madre continuava a ricordargli le sue malefatte, a sgridarlo, minacciarlo. Ripetendolo a lui, ma anche agli altri, a suo padre, cui non era mai importato quell'aspetto, tipico padre che lasciava fare tutto alla madre, e al personale dell'hotel, bagnini, camerieri, e ovviamente gli altri ospiti, le mamme con cui si tratteneva a parlare, e la mamma di Ludo, quando poi s'erano conosciuti.

A ormai tredici anni, e con due anni di scuola media alle spalle, Nico non sopportava più quei discorsi, quella mano invisibile e opprimente con cui sua madre lo teneva incollato all'infanzia. Non era più un bambino dall'estate scorsa, quando aveva preso a guardar il proprio corpo in modo diverso, a scoprire i piccoli cambiamenti, la crescita, e poi quel modo in cui poteva donare a se stesso un piacere che non avrebbe mai immaginato. Eppure, sua madre continuava a trattarlo allo stesso modo. Sgridate, rimproveri, punizioni, dal sequestro del telefonino al time-out, che in vacanza consisteva soprattutto nel farlo uscire dall'acqua, al mare o in piscina, e costringerlo a restare per diverso tempo seduto, sotto l'ombrellone, senza poter fare nulla. E poi, purtroppo, le sculacciate.

Da quando sua madre aveva scoperto quel vecchio metodo educativo, non l'aveva più mollato. Anche se Nico le urlava che ormai era grande. Anche se a volte interveniva, in suo favore, il papà. Per la mamma, Nico era ancora un bambino, e il fatto avesse iniziato la pubertà, facendosi poi beccare a guardar porno dal telefonino o dal computer di papà, non era un argomento a favore, anzi, era solo un ulteriore problema, che richiedeva l'intervento materno. E così, non solo le sculacciate, alla vecchia maniera, restavano un'opzione valida, la preferita dalla mamma, seconda solo al sequestro del telefonino, ma le prendeva pure ogni volta che la mamma lo beccasse a toccarsi, a guardare "cose proibite e non adatte alla sua età". Come a dire, mentre Nico procedeva spedito verso l'adolescenza, sua madre lo riportava indietro, a forza.

Simili dinamiche si ripetevano pure in quel contesto diverso, la vacanza di famiglia a pochi passi da casa. Sperava di poter andare più lontano quell'anno, la mamma continuava a desiderare un viaggio all'estero, ma papà frenava i loro entusiasmi. Era assurdo. Lavorava sempre, non riusciva a trovare sufficiente tempo per una vacanza all'estero, e però, non guadagnava mai abbastanza. Fino a poco tempo prima, un paio d'anni, la fine della scuola si rivelava un problema per i genitori. E anche per lui. Nonostante avesse i suoi amici ai giardinetti, e i compagni che, a volte, lo invitavano, di fatto si ritrovava costretto in casa con la mamma. Combinazione esplosiva. A volte, la mamma lasciava che gli zii se lo portassero in campeggio coi cugini più grandi. Buona parte dell'estate, tuttavia, la trascorreva tra centri estivi, il grest, e, dai dieci anni in su, quando sua madre era pronta ormai a lasciarlo andare, a piccoli viaggetti con altri bambini, in colonia. Tutti servizi che avevano un certo costo, così che poi, quando papà si prendeva le ferie, riuscivano ad andare giusto una settimana da qualche parte in regione, evitando costosi voli. Per il resto, da bambino aveva spesso seguito la mamma in spiaggia, mentre papà lavorava, sperando nella compagnia dei cugini o di altri bambini, figli di amiche, conoscenti. Solo nel finesettimana si univa anche papà.

Quell'estate le cose stavano cominciando a cambiare. Anzi, era già dall'estate precedente che cambiavano. Papà faceva più soldi, ma lavorava di più. Andare al mare, alla spiaggia di Antiqua, con la mamma, era una scocciatura, ma almeno riusciva a staccarsi, unendosi a bande di ragazzini. Di centri estivi e simili non aveva più voluto sapere, troppo da bambini e Nico, frequentando i ragazzi del quartiere, i suoi amici ai giardinetti, si sentiva ormai grande. Compiere tredici anni, poi, aveva sancito il passaggio ormai definitivo. Aveva preso a reclamare la sera, ottenendo, già l'estate precedente, di stare a zonzo nel quartiere, incontrarsi ai giardinetti con gli altri ragazzi, benché, poi, sua madre, al ritorno, lo sottoponesse al micidiale e infallibile scanner. E se fiutava puzza di sigarette, finiva per andare a letto con il sedere in fiamme.

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