MiaNow
A volte detesto la mia compagnia.
Detesto la mia mente, la mia voce, i miei pensieri, e tutto ciò che mi riguarda.
A volte, mi odio a tal punto che non vorrei essere più io, e sento di essere in grado di fare di tutto pur di non stare più con me.A volte si è trasformato in spesso da quando sono uscita dall'ospedale.
È passato esattamente un anno, da tutto quello.Un anno in cui non ho messo piedi fuori da casa Perkins nemmeno per prendere una boccata d'aria, nemmeno per fare un viaggio in auto.
Ho passato un anno a tentare di conoscermi: mi sono stretta la mano, mi sono presentata, mi sono fatta svariate domande, molte delle quali ancora non hanno una risposta, e ho finito col capire che mi disprezzo.Sono pesante, penso troppo a cose brutte, amo i film noiosi e mangio solamente gelato alla nocciola.
Non ho niente di speciale, nel tempo libero risolvo equazioni e guardo il pattinaggio artistico in televisione. Non ho nessun gusto in particolare per i ragazzi, non so nemmeno se mi interessa il sesso maschile, mi piacciono i tatuaggi ma non sulla mia pelle, le mie unghie hanno il terrore dei miei denti e, infine, sono allergica ai farmaci.Però so stare in silenzio, apro bocca se necessario e credo di dire solo cose giuste.
Molte di queste cose in realtà già le sapevo, ma in clinica non hanno fatto altro che ripetermi che perdere la memoria può causare gravi traumi psicologici ed è necessario prendersi il proprio tempo per capire cosa sappiamo e cosa non sappiamo su di noi.
Se c'erano cose che non sapevo, significa che le ho scoperte durante l'anno della mia vita che la mia mente ha deciso di eliminare dai miei ricordi.
È come se mi fossi addormentata una sera dei miei quindici anni, e mi fossi risvegliata in una clinica a già sedici anni.Favoloso, quasi teatrale.
I medici avevano detto di evitare i trasferimenti.
Mi avevano consigliato di stare nelle mura di casa, di non apprendere troppe informazioni in poco tempo, di dedicare del tempo a me stessa, ma mio padre ha pensato bene di stravolgere la mia vita, più di quanto già non lo fosse."È già passato un anno, Mia" mi aveva detto, quando mi aveva proposto di trasferirmi nel suo istituto, l'Hideout.
Dice che è pieno zeppo di adolescenti come me, che tentano di trovare se stessi, di migliorare, e che chiusa in casa non avrei fatto alcuna amicizia.Un po' gli do ragione, se tengo conto del fatto che stare da sola con me stessa iniziava a darmi il voltastomaco.
Sono una compagnia pessima.
Ma l'idea di trovarmi al centro dell'attenzione, in quanto figlia del preside, non mi entusiasma più di tanto.L'Hideout non è solo una scuola.
È una casa, un rifugio, una specie di carcere in cui vari ragazzi particolari sono stato richiusi dalle loro famiglie, per evitare che combinassero ulteriori guai.Nessuno all'Hideout ha più di diciannove anni e meno di sedici, tranne le persone che vi lavorano al loro interno.
Sento le mani di mio padre scricchiolare contro il volante.
«Non è un carcere» arriccia le labbra, come se io gli avessi fatto una domanda scomoda.
«Tu puoi uscire quando vuoi, avrai una stanza tutta tua e le migliori lezioni di matematica della provincia» aggiunge, sistemandosi gli occhiali sul naso.
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𝐎𝐔𝐓𝐒𝐈𝐃𝐄𝐑𝐒
RomanceOutsiders. Fuori posto. La vita della sedicenne Mia viene stravolta quando in seguito a un incidente perde la memoria dell'ultimo anno della sua vita. Suo padre è il proprietario dell'Hideout, un istituto per adolescenti fuori controllo che ben pres...