Capitolo 8

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Mi guardano tutti.
Sembra non esistere via di scampo, non da quando sono stata additata come la causa della moto distrutta.

Il rumore dei miei tacchi echeggia per tutto il corridoio vuoto, mentre le mie braccia stringono i fogli che ho riempito per tutta la notte di appunti per risolvere quel dannato problema.
Ma è come se mi mancasse un passaggio, come se mi stesse sfuggendo qualcosa.
Stamattina ho pensato che Prescott avrebbe potuto aiutarmi, d'altronde mi aveva mostrato disponibilità quando gliene avevo parlato, perciò mi è sembrata una buona idea.

In verità sono distratta, probabilmente è questo che mi manca: la concentrazione.
Gli outsiders non ci hanno messo troppo tempo a collegare quella moto distrutta a me, e adesso pensano che uno di loro è dalla mia parte e addirittura... mi protegge.
Forse lo penso anche io.

Casco nero è l'artefice, non c'è dubbio su questo.
È da un po' che mi esprime il suo ripudio verso Cameron, perciò probabilmente è stato solo uno scatto d'ira, ma non posso smettere di pensare al fatto che forse si è solo infuriato perché mi ha fatto cadere dalla moto.
Il biglietto che ha lasciato non dice tanto, si limita solo ad avvertirlo che il prossimo a fare la fine della moto, sarebbe stato lui.
Senza una spiegazione, senza un perché, senza una firma.
Tutto in anonimo.
L'anonimato è il suo marchio.

Spalanco la porta dell'aula di calcolo, ancora vuota dopo l'ora di ricreazione, e sbatto i fogli contro la cattedra in un tonfo.

«Posso farti una domanda, Perkins?»

Mi si accappona la pelle, come se adesso il ghiaccio mi circondasse. Il mio cuore inizia a correre forse cercando una via di fuga dalla cassa toracica.
Ma è in trappola.
Come me.

Mi volto verso Damien Reid con una lentezza tale da far scricchiolare le ossa del mio collo.
È seduto in modo scomposto all'ultimo banco, con i piedi su di esso, la schiena rilassata contro la sedia, il collo piegato all'insù e una nuvola di fumo che esce lenta dalle sue labbra.
Non mi sta guardando nemmeno, ma sorride in modo maliardo verso il soffitto.

Schiudo le labbra e per il silenzio, il suono che emetto risulta quasi assordante.

«Te la farò lo stesso» sospira, per poi aspirare un altro tiro dal tizzone della sigaretta e fissare in alto.
«Preferisci guardare oppure no?» un suono baritonale, serio, susseguito dal silenzio.
Cosa?

«Non sono dell'umore per stare dietro alle tue pazzie, Reid» sputo, attirando finalmente i suoi occhi su di me.
Mi pento immediatamente di averlo fatto.
Mi guarda come se davanti avesse una delle sue prede preferite, e stesse decidendo se sbranarla velocemente e senza dolore, o cibarsi di ogni singolo pezzettino lentamente, guardandola dilaniarsi per la sofferenza.

«Oh giusto» sembra ricordare, tiene la sigaretta fra l'indice e il pollice e prende un'altra boccata.
«La storia della moto, ti mette sotto pressione?Non ti piace il centro dell'attenzione?» sposta lentamente i piedi dal banco, sedendosi comodamente.
«Che cosa vuoi da me?» inclino la testa «Con queste effimere apparizioni cerchi di spillarmi qualche mia debolezza per usarla contro di me?» poso una mano sul fianco, punto nel quale cadono i suoi occhi neri.

Preme le labbra fra di loro, alzandosi con fin troppa
lentezza.
«Non ho bisogno che me le dici tu» nega ridendo «Sono già ben visibili»
Le viscere mi si contorcono facendo rumore.
«Ma tranquilla, non le userò contro di te» mette le mani avanti.
«Te ne farò conoscere di nuove» getta la sigaretta consumata in un angolo dell'aula, avanzando verso di me.

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