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Jungkook's Pov

Il concerto è stato un successo.

Entro nel backstage senza fiato, mi sfilo la maglietta sudata e mi butto sulla prima sedia che incontro. Le gambe non mi reggono più, e penso che potrei collassare da un momento all'altro.

"Dio, sono stanchissimo!" esclama Namjoon, venendosi a sedere affianco a me.

Io mi allontano impercettibilmente e faccio una smorfia. Durante il concerto sono riuscito a nascondere il mio disgusto nei suoi confronti, per non fare insospettire i fan e scatenare un gossip mondiale potenzialmente dannoso per il nostro gruppo. Adesso però non ci riesco più a causa della mia stanchezza, e penso che se dovesse rivolgermi la parola più del dovuto sarei in grado di mandarlo a quel paese seduta stante.

"Ragazzi, avete sete? Vi ho portato un po' d'acqua" ci chiede una delle assistenti, porgendoli delle bottigliette d'acqua.

Tutti ci fiondiamo su di lei come se fosse un'oasi e noi dei poveracci assetati che non vedono un goccio d'acqua da mesi. Beh, io almeno mi sento così.

Bevo più di metà bottiglia tutta d'un fiato e prendo un asciugamano per asciugarmi quantomeno il viso, il petto e la schiena. Ho un urgente bisogno di una doccia. Mi sento un tutt'uno con il mio sudore, e la sensazione non è molto piacevole.

Prendo il telefono e controllo l'ora. È quasi mezzanotte. Noto che ho quattro chiamate perse da Crystal, e tre messaggi non letti da parte sua. Capisco all'istante che dev'essere successo qualcosa. Qualcosa di grave.

"Jungkook, potresti passarmi..."

Sorpasso Jin senza neanche ascoltare quello che voleva dirmi, e mi fiondo nel mio camerino. Chiudo la porta dietro di me e subito richiamo Crystal, con il cuore in gola.

"Oddio, oppa, finalmente!" risponde Crystal al primo squillo. Il sollievo è evidente nella sua voca, ma sembra comunque terrorizzata.

"Scusa Crys, ho finito ora il concerto e ti ho richiamato appena ho potuto. È successo qualcosa?"

Ti prego, ti prego, dimmi no.

"Non lo so, oppa. Sono andata a cena fuori con Hana, e ho scritto a Victoria di andare a casa senza aspettarmi. Sono tornata quasi un'ora fa e di lei non c'è traccia. Credo che non sia neanche tornata qui. L'ho chiamata un sacco di volte e non mi ha risposto, il telefono non squilla neppure."

Mi passo una mano sulla faccia e cerco di pensare lucidamente, senza farmi prendere dal panico. Più facile a dirsi che a farsi.

"Sei passata da casa sua? Magari è andata lì."

So che Victoria ora come ora non tornerebbe a casa sua neanche morta, soprattutto visto che io non sono a Seul. E anche se lo facesse, non spegnerebbe il telefono, scomparendo per ore.

"No, io...perdonami, oppa, è tutta colpa mia! Non avrei mai dovuto lasciarla da sola, ma oggi è l'anniversario mio e di Hana e lei ci teneva tanto ad andare a cena fuori, io non sapevo come..."

"Non è colpa tua, Crys. Hai qualche idea di dove possa essere Victoria? Ti ha detto che andava da qualche parte?"

Glielo chiedo anche se so già che la risposta è no. Se fosse stato così, Victoria l'avrebbe detto prima a me e poi a Crystal, ma potrebbe essersi dimenticata.

"No, mi aveva detto che dopo lavoro se ne tornava a casa...ho paura, oppa. Pensi che le possa essere successo qualcosa?"

Deglutisco e mi guardo allo specchio di fronte a me. Sono bianco come un lenzuolo. Sento che potrei svenire da un momento all'altro. Sapevo che sarei dovuto rimanere a Seul. Maledetto tour del cazzo.

Prima che io possa dire qualcos'altro, il telefono inizia a squillarmi in mano, segnalando una nuova chiamata in arrivo. Il numero non è sconosciuto, ma non ce l'ho salvato in rubrica.

Rispondo alla chiamata senza dire nulla a Crystal, sentendomi come in trance.

"Pronto?" balbetto, appoggiandomi alla sedia di fronte a me.

"Salve, parlo con il signor Jeon Jungkook? La sto chiamando dal Seul National University Hospital."

È come se un secchio di acqua gelato mi cadesse addosso. Vengo sopraffatto da una nausea improvvisa e sono costretto a mettermi una mano davanti alla bocca per trattenerla, anche se mi sento soffocare.

"Sono io" rispondo schiarendomi la voca a fatica, con la testa che gira sempre più velocemente.

Mi sembra di essere in un sogno. Anzi, in un incubo. Mi sembra di vedermi da fuori, come se il mio corpo non mi appartenesse più. Sono destabilizzato, frastornato, come se mi avessero appena dato una botta fortissima in testa.

Sto per morire.

"La sto chiamando perché qui è stato indicato come il parente più stretto della signorina Victoria Meier. Mi spiace informarla che la signorina Meier è stata vittima di un grave incidente stradale, e ora si trova in condizioni gravi in sala operatoria."

L'unica cosa che riesco a pensare è: quel bastardo di Doyun. È colpa sua. Giuro che lo ammazzo.

"Cosa le è successo?" domando per sapere i particolari, sebbene non mi vada affatto di sentirli. Ma ho bisogno di sapere in che condizioni si trova Victoria.

"Purtroppo ha subito una commozione cerebrale, ha un'emorragia interna e varie costole rotte. Per il momento è tutto quello che posso dirle."

Le parole della donna mi rimbombano all'interno della testa. Provo a dar loro un significato, ma non ci riesco. Non mi sembra reale.

Commozione cerebrale. Emorragia interna. Costole rotte.

Non ho bisogno di una laurea in medicina per capire che Victoria si trova praticamente in fin di vita. E io sono a migliaia di chilometri di distanza da lei.

Il senso di colpa è così forte che mi toglie il fiato. Sarei dovuto rimanere a Seul. Avrei dovuto stare con lei, proteggerla. Avrei dovuto infischiarmene del tour. Sicuramente avrei potuto trovare una soluzione, se avessi spiegato a Bang PD la situazione. Avremmo potuto posticiparlo, anche solo di qualche settimana.

Sì, sarebbe stato un casino e tutti mi avrebbero odiato, ma in qualche modo ce l'avremmo fatta.

Invece non ho fatto un bel niente, non ho detto niente a nessuno e sono venuto a New York come se nulla fosse, a ballare e cantare, mentre intanto a Seul la donna che amo veniva perseguitata da un uomo ossessionato da lei e potenzialmente pericoloso.

È passato solo un giorno dalla mia partenza, e Doyun non ha perso tempo.

Non lo perdonerò mai. Mai.

"Pronto? Signor Jeon?"

Chiudo la telefonata senza salutare la donna dell'ospedale, mi infilo una maglia al volo e corro fuori dal mio camerino. Nel backstage trovo il mio autista personale, che mi sta aspettando per riportami in albergo. Lo afferrò per un braccio e lo trascino fuori, senza curarmi di salutare nessuno.

"Portami all'aeroporto. Adesso" gli ordino, in un tono che non accetta repliche.

Lui mi guarda sbalordito e confuso, ma non si oppone. Dell'espressione truce sulla mia faccia deve aver intuito che faccio sul serio.

Ho lasciato da sola Victoria già una volta. Non ho nessuna intenzione di farlo di nuovo.

Now or NeverDove le storie prendono vita. Scoprilo ora