Capitolo 29. Non mi possiedi

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Quel che proviamo quando siamo innamorati

è forse la nostra condizione normale.

L'amore mostra quale dovrebbe essere l'uomo.

Anton Čechov

LIAM

Mi ha portato nel suo rifugio segreto, una stanza dove può accedere solo lui.

È buia, rispecchia il suo stile: alcuni mobili sono di un marrone sul rosso tanto da sembrare i suoi capelli, è un'unica grande stanza con la cucina, il letto con le lenzuola rossastre e una televisione gigantesca. La particolarità è che non ci sono finestre ma con lui vicino sento di riuscire a respirare come non facevo da tempo. Non va bene, non va affatto bene.

Benjamin si dirige verso la cucina, come se nulla fosse prende una bottiglia di vino dal frigo e due calici. Inizia a sorseggiare dal suo guardando i fornelli davanti a sé immobile.

"Puoi servirti".

Questa voce. Da quanto non la sento?

È decisamente cambiata, più profonda, ma riesco a rintracciare la somiglianza con quella che aveva al Liceo. Lui è sicuramente cambiato: è alto come me, anche lui palestrato e.... immerso in un giro criminale quanto me. Anzi, io e lui siamo avversari.

Io però non ho paura, mi fido di lui. Ci eravamo promessi di rivederci qualche anno fa quando la nostra vita era leggermente più normale. Anche se per noi la normalità non è mai esistita sul serio. Anche Benji ha dei genitori simili ai nostri, ma non capisco perché ha scelto di lavorare con William. Non me lo spiego, io ho bisogno di sapere. Quasi non ci speravo più di rivederlo, eppure io ho sempre pensato a lui e ai suoi capelli rossastri e ribelli.

"Non voglio il tuo vino, voglio sapere che cosa ci fai qui".

Si gira verso di me, mentre ruota il liquido scuro nel bicchiere. "Potrei farti la stessa domanda. Sei tu l'intruso qui, ringrazia che ti ho salvato".

"Stavo scappando con la mia squadra, non avevo bisogno di te". Mi difendo.

"E allora perché sei qui, Liam? Perché mi hai seguito? Ti mancavo? Ammettilo".

Esuberante come qualche anno prima, ma adesso so difendermi.

"Tu perché hai lasciato che io ti seguissi?"

Non risponde, si è solo alzato gli occhiali da sole scuri sulla testa.

"Sei ancora in fissa con le ragazze?" Mi chiede. "Credevo avessi superato quella fase".

"E tu che cosa ne sai?"

"Forse perché ti ho seguito".

Sono sbalordito. "Che? Quando?"

Sorride. "Sono un agente segreto. Non lo saprai mai dov'ero e cosa ho visto".

"Hai osato seguirmi?" Inizio ad avvicinarmi a lui. "Perché?"

Finisce di bere il vino, poggia il calice nel lavandino. "Perché volevo vedere sé stessi ancora ingannando te stesso sul fatto che ti piacciano le ragazze".

Mi blocco, il petto stringe troppo tanto che spontaneamente mi metto una mano sul petto. "Non è vero. Tu non sai niente di me".

Benjamin si avvicina. "Andiamo, Liam. Fai sul serio? Ho visto la tua faccia che cercava di sorridere davanti alle tette. Non ti piace".

Mi metto le mani sulle orecchie. "Smettila, Benjamin. Non sei cambiato, eh? Ti piace essere il mio malessere personale?"

Si inumidisce le labbra. "Già... mi piace. È bello tornare ai vecchi tempi".

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