Capitolo 58. Perdonami

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Gli occhi non davan lacrime, 

ma portavan segno d'averne sparse tante.

Alessandro Manzoni

SIMON

"Due settimane, Simon, due settimane che la mia migliore amica è svanita nel nulla. O meglio, so dove si trova, ma non risponde ai miei messaggi, telefonate. Vado a casa della sua famiglia e guarda caso non c'è mai. Ma che diamine ho fatto di male?"

"Vale anche per noi, piccola. Onestamente non ne ho idea. Si sta prendendo il suo tempo di riconciliamento con la famiglia".

"Jack so che ogni tanto lo vede" si mette a braccia conserte sul divano e una bella vaschetta di gelato. "Questa sua mancanza rischia di farmi ingrassare".

Sorrido. "Saresti pur sempre bellissima".

Ha un cucchiaio in bocca. "Sicuro? Poi mi vengono i brufoli in faccia".

Scrollo le spalle. "Non è un problema, sul serio. Ma non voglio che tu stia male, Madi si sa prendere cura di lei".

Sbuffa. "Da quando è arrivata la sua famiglia è strana, chissà che cosa le prende. Vorrei parlarci, davvero. Ho chiesto ad Alex e anche con lei è distaccato. Ma che assurdità!" Urla. 

"Piccola, calmati".

"Scusa, ho anche le mie cose".

"le tue cose?"

"Uffa! Menomale che sei intelligente! Quella cosa che una volta al mese viene alle ragazze!"

Mi imbarazzo. "Ma certo e lo rispetto, siete davvero delle guerriere".

Esita, scoppia a ridere e si sdraia totalmente sul divano.

"Sei davvero simpatico, cucciolone".

"Sono contento di averti fatto ridere, piccola".

Si rialza, mi abbraccia. "Se Madi non vuole fare una vacanza con noi allora partiamo solo io e te".

Rido. "Andata".

JACK

L'unico motivo del come io non abbia eccessiva carenza di sonno è perché ho recuperato le ore notturne durante il pomeriggio, dal momento che è venuta nella mia reggia per tenermi compagnia.

L'ho portata in uno dei ristoranti italiani più conosciuti al centro di New York, è seduta davanti a me mentre mangia la sua pizza e senza che se ne accorgesse le ho scattato una foto. Mi manca da morire, eppure è davanti a me. Ma penso a quella sera nel mio ufficio costantemente, perché lei piangeva mentre diceva che non le stesse succedendo niente, mentre io mi sentivo per la prima volta impotente non capendo cosa la affliggesse.

Eppure, sembra serena al momento. O è quello che vuole farmi credere.

"Quando tornerai, amore?"

Cerca di afferrare la mozzarella filante con la lingua ed è adorabile. "Uhm... il prima possibile. Grazie per aver rinunciato alla tua riunione per venire".

La guardo, per ripensare a questa immagine durante tutta la notte mentre aspetto di rivederla il pomeriggio. Non sono mai stato tanto tempo durante la giornata senza di lei ed è distruttivo.

"Stai bene?" Le chiedo.

Beve un sorso d'acqua. "Con te sempre. Tu? Stai bene?"

"Con te, sempre" sorrido.

Sospira. "Scusa per la mia reazione quella notte, non volevo ferirti".

"Sei tu che devi perdonarmi" avvicino il mio viso al suo, con le mani incrociate. "Per non capire cosa ti affligge tanto".

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