52 (Romolo's POV)

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"Quello lì, è il Tartaro, - continuò a spiegarci Virgilio - luogo dove le anime dei malvagi vengono punite e dove mostri arcani si rigenerano..."
Guardai spaventato il grande varco che attraeva dentro di sé chiunque gli si avvicinasse troppo. Fui preso da una forte vertigine e temetti di venire risucchiato da quella voragine maligna.

Il poeta mi mise una mano sulla spalla per confortarmi, per quanto una mano pressoché incorporea possa fare. Sulle labbra c'era ancora il suo sorriso cordiale.
"Bene, avanziamo! La città di Dite-Ade-Plutone è qui vicina!" Esclamò, facendomi distogliere gli occhi da quell'abisso senza fine. Gli regalai uno sguardo pieno di gratitudine.

Una volta arrivati davanti alla porta della dimora di Dite, Virgilio mi fece purificare con l'acqua corrente e poi affissi sulla soglia il ramo d'oro come dono per Persefone-Proserpina, mormorando una preghiera: "Proserpina, domina inferorum et dea veris, dulcis mors florentis, hoc donum meum, quod omnem gratiam meam ostendit, accipis"

Finito il rito, mi voltai verso Virgilio, cercando sostegno nel suo sguardo e lui mi rispose scuotendo la testa in segno di assenso, come se fosse stato orgoglioso di me. Sorrisi, rassicurato dalla sua serena fiducia. Mi sentii tranquillo, speranzoso, dopo tanto travagliare. Poi seguii Virgilio che si allontanava dalla città di Dite.

Un brivido elettrizzato e impaziente accarezzò le mie membra tese. Sapevo cosa sarebbe accaduto: avrei visitato i Campi Elisi, li avrei rivisti, avrei rivisto i miei genitori!
Quasi non riuscivo a trattenere la gioia, avevo tanto sognato di rivederli, riabbracciare il loro profumo di casa e di ricordi...

"Ecco, a breve arriveremo ai Campi Elisi..." Fece infatti Virgilio.
"Ci saranno anche i miei genitori?" Domandai timidamente.
Lui mi sorrise e fece per rispondere, ma fu interrotto da Odoacre, della cui presenza mi ero dimenticato.
"Ma la spada? - ringhiò, irritato per le inutili perdite di tempo - Dov'è? Dove sta in tutto ciò!?"

"La spada? - mormorò Virgilio confuso, poi esclamò - Ohhh, la Spada! Ma quella ce l'ho avuta io tutto il tempo!"
Odoacre era livido di rabbia, gli occhi infuocati di furore erano spaventosi, ma il poeta parve non esserne minimamente intimorito, a differenza di me, che stavo tremando come una foglia, con il cuore prima speranzoso ora infranto in mille pezzi.

No. No... Non era possibile! Era così poca la distanza che separava me dai miei genitori...
"Basta perdere tempo: dammi la Spada e andiamo via!" Esclamò Odoacre, alzando la voce. Era tremendo quando la alzava, come se ti volesse schiacciare anche con quella.
Curvai le spalle, impaurito, mi sentivo così piccolo davanti a quel gigante.

"Non posso dare la Spada a te." S'impose fermo il poeta, frapponendosi fra me e il barbaro. "Ne lo voglio" rimarcò con gli occhi freddi come il ghiaccio. L'aria attorno a noi si fece tesa. "Solo i Cesari possono ottenerla con il giuramento" spiegò e, dopo essersi voltato verso di me, mi rivolse un sorriso cordiale. "Spero non debba ripeterlo" disse Virgilio e in quel "ripeterlo" c'erano molti sottintesi rivolti al barbaro.

Mi sentii un codardo, non ero abbastanza forte da difendermi da solo, ma ero degno di ottenere la Spada dei Cesari, quale ironia della sorte...
"Ho sorretto Dante quando sveniva... Adesso sorreggerò voi, con le vostre paure e i vostri timori e farò capire anche a voi che si può sempre uscire a riveder le stelle..." Mi sussurrò all'orecchio per farmi coraggio.

Mi fece inginocchiare e io obbedii con il cuore in gola, sotto gli occhi crudeli di Odoacre.
"Ora ripetete dopo di me: Ego..."
Sia io che Odoacre ripetemmo la prima parola, ma Virgilio non andò avanti, anzi si bloccò e guardò il barbaro con occhi fermi e un lontano accenno del suo sorriso cordiale sul volto.

"Non l'ho detto a te. Ho dato all'Imperatore del voi com'è giusto che sia" spiegò lentamente.
Poi tornò al suo sorriso amichevole e si rivolse a me: "Dov'ero rimasto? Ah, sì: Ego, Romae gloriosae, aeternae Urbis, Imperatoris,  promitto semper fidelem esse Imperio Romano Occidentali eiusque populo, ac officia mea ad solum bonum Patriae diligenter adimplere."
Ripetei lentamente, temendo di sbagliare qualche parola, e la mia voce risuonò tremante e puerile.

L'Imperatore delle CeneriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora