1 - Prologo

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Attraverso il tagelmust, Arianna vedeva gli Hsiung-Nu stagliare al suolo le loro ombre deformi, granitiche sotto il sole del deserto. Gli occhi le bruciavano, tratteneva il respiro per non far scivolare via quel velo di sabbia che la nascondeva alla loro vista. Con schiocchi e fischi, gli Hsiung-Nu caracollavano fra i gemiti e i cadaveri di quella che era stata la sua carovana.

I primi ad essere inghiottiti dalla tempesta erano stati Antenore e Apollonio. Non ha avuto importanza l'aver abbandonato carico e animali. Fra le urla del vento si ritrovarono presto senza più il mondo sotto i piedi. Arianna aveva urlato a sua volta, mentre li vedeva sparire nell'aria densa. Poco dopo, anche il resto della carovana venne travolta, inghiottita dal deserto.

"Chissà se qualcun altro è vivo, magari nascosto sotto la sabbia! Oh Allah, Grande e Misericordioso! Abbi pietà di noi!" sussurrò ardentemente.

Maledisse sé stessa per la caparbietà con cui aveva sfidato suo padre, prendendo la testa della grande carovana verso la Città d'Oro. Fin da quando era bambina, il suo sogno più grande era stato quello di lasciarsi abbagliare dagli splendori di quella dorata capitale, il Faro d'Occidente, la cui magnificenza si diceva compiacesse gli occhi di Allah stesso.

"Padre, padre, perdona la mia arroganza! Allah, Grande e Onnipotente! Perdona la mia caparbietà!" sussurrava la povera Arianna.

Vide le ombre degli Hsiung-Nu dissotterrare i suoi compagni. Alcuni ancora gemevano, respirando a fatica, tossendo per togliersi la sabbia dalla bocca. Qualcuno, con gli occhi accecati, si trascinò in ginocchio per chiedere aiuto, per chiedere pietà.

"Alsayida! Sayidati! Dove siete?"

Una lacrima le scivolò sulla guancia, sentendo Antenore che la chiamava. Antenore, la sua guardia del corpo e precettore, uomo saggio e valoroso, giaceva inerme chiamando il suo nome. Si maledisse nuovamente Arianna, ora per il proprio silenzio.

"Non merito di aver vissuto fra uomini così nobili e coraggiosi!" si rimproverò, trattenendo a stento quei tremori che l'avrebbero tradita.

Non ricevendo risposta, Antenore chinò il capo e la schiena, mentre gli Hsiung-Nu si facevano lentamente attorno. Il vento soffiava raffiche forti e regolari, come un dromedario affaticato, e come un dromedario si diceva che gli Hsiung-Nu lo cavalcassero. Quindi una voce piena di autorità si levò sugli schiocchi e i fischi delle sinistre creature. Il vento le obbedì, scalciando, mentre il suolo tremava prima di lasciar posto al silenzio del deserto, accarezzato solo dai singhiozzi leggeri di una donna velata di sabbia.

"Tirateli su!"

Sputacchiando e bestemmiando, il Berto, il Cosimo e i cospiratori vennero ritirati a bordo della galeazza, grondanti di acqua.

"Pare che finalmente gliela abbiamo tolta di dosso, quella puzza" commentò uno dei Fanti da Mar.

"Non vorrei avessimo indispettito il fiume, a forza di buttargli dentro questo schifo" gli rispose un altro ridendo.

"Prima o poi ve la faccio pagare" ringhiò il Berto, raccogliendo il silenzioso assenso dei suoi compagni.

Le grandi galeazze della Serenissima scivolavano lungo le nervose anse del Serpente Azzurro, un vento gentile sulle vele, le bestemmie irate dei rematori nello scafo. Sui pennoni, sventolavano le bandiere del Principe Marinaio: un leone alato su sfondo rosso, con un libro aperto e una spada inguainata. Poco sotto, il gonfalone blu dei Maledetti di Cuorsepolcro agitava la sua spada contro una luna d'argento. Le colline si facevano lontane, cedendo la vista all'orizzonte, abbracciato a nord e a sud dai Monti Cerchianti.

"Voglio proprio vedere!" disse bonario l'Alfiere Ambrogio, "Sior nochièr, posso prendere in prestito qualcuno dei vostri tosi? Le mie reclute potrebbero beneficiare di qualche lezione, se non vogliamo che alla prima occasione finiscano a picco".

"Fate come vi pare" rispose brusco il nochièr, facendo cenno a un manipolo dei suoi.

"Bene! Forza butei, rendetemi fiero!" sorrise l'Alfiere.

"Oh oh" commentò solo il Cosimo.

I nostri bellicosi compagni covavano sì vendetta nei confronti di quei molesti fanti da mar, ma a freddo. I numerosi bagni a fiume avevano sbollentato i loro sanguigni spiriti. Per quanto si fossero dati da fare, non erano mai riusciti ad avere la meglio su di loro.

"Il pavimento non sta al suo posto!" aveva protestato con gran chiasso il Berto, mentre veniva regolarmente mandato a gambe all'aria.

"Tu, vieni avanti. Adesso che ti sei cavato di dosso quell'odore di merda posso rivolgerti la parola come si fa fra uomini" gli disse uno dei fanti con fare minaccioso.

Il Berto strinse i pugni, mettendosi in piedi con un'espressione che avrebbe voluto essere ostile, se solo fosse riuscito a tenersi saldo in piedi, senza ciondolare da tutte le parti.

"E voaltri mona stasì atenti!" intimò al Cosimo e ai suoi compagni.

"A terra, la terra è bene o male sempre dove vi aspettate. Giusto? I vostri piedi vi dicono chiaramente dove state, giusto? Bene, per mare non è così. Speravamo ci sareste già arrivati ma si vede che il vostro Capitan preferisce i cazzi duri al cervello fino."

"Hai in mente di tirarla per le lunghe, barcaro?" gli intimò il Berto.

"Per voi sono il caporale Fernando Tiozo, marmaglia" disse arricciandosi i maestosi baffi.

Prese due manganelli e ne lanciò uno al Berto.

"Fatti avanti" gli intimò, mettendosi in guardia.

Il Berto, che fumava per gli insulti ricevuti, non se lo fece ripetere. Caricò come un beco, portando un affondo a dirla tutta piuttosto convincente, pur nella sua irruenza. Il Caporale Tiozo non si mosse neppure. La nave ondeggiò vistosamente, e il manganello del Berto si piantò nell'aria. In compenso, lui si ritrovò con un livido sulla fronte.

"Ah!" urlò il Berto, mentre finiva rovinosamente a terra.

"Per mare, non potete credere ai vostri piedi" sentenziò il Caporale Tiozo, "dovete usare la testa, per muovervi".

I Maledetti notarono, in effetti, che una volta sulla nave, il passo dei fanti era perfetto. Elegante, sicuro e deciso. Contrastava terribilmente con le andature da ubriachi con cui li avevano visti andare in giro per la Torre della Ragione.

"Auguri, con queste teste."

L'Ercole calò dall'albero, per posarsi tronfio sulla zucca del povero Berto, che non si era ancora rialzato. Il Caporale Tiozo gettò il manganello e li lasciò alle loro riflessioni.

"Come si dice dei montanari? Scarpe grosse, cervello fino. Molto fino. Stupidi bacani".


Tagelmust: Lunga fascia di cotone, tinta di indaco ed avvolta sul capo e sul viso (es. Tuareg) in modo da formare al contempo un turbante ed un velo che copre il volto lasciando libera solo una fessura per gli occhi.

Alsayida! Sayidati!: "Signora, mia signora!"

"Signor nocchiero, posso prendere in prestito qualcuno dei vostri ragazzi?"

"E voaltri mona stasì atenti!": "E voi deficienti state attenti!"

Beco: "Montone"

Affondo: Nella scherma, colpo di punta.

Bacani: "Contadini, montanari, persone di bassa educazione o umile estrazione sociale"


Guerra d'essereWhere stories live. Discover now