VI.DAPHNE

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Daphne occupava il bagno da un'ora forse, o più.

Tornato sulla Argo II, Jason aveva riaperto gli occhi e lei aveva continuato a piangere, muovendosi freneticamente nell'infermeria per gestire la ferita insieme a Piper. Annabeth aveva spiegato agli altri cosa fosse successo, mentre lei si sporcava di sangue e sembrava volerlo lavare via con le lacrime.

Nonostante le guance bagnate però, era riuscita a mantenersi composta. Non era più delirante, isterica al pensiero di abbandonare il corpo di Jason tra le rovine dei proci. Erano sulla nave, con medicine e risorse che potevano salvarlo, e anche mentre piangeva riusciva a dare ordini e leggere le etichette delle medicine. Poi, una volta ricucito e bendato davvero, Daphne mise Jason a dormire.

Lei e Piper si erano date il cambio, la figlia di Afrodite era andata per prima a levarsi il sangue di dosso mentre Daphne rimaneva al capezzale del biondo, tenendo sotto controllo il suo sonno e assicurandosi che il corpo non si lasciasse scivolare via. Aveva lasciato andare Timeo, concentrandosi solo sul suono del respiro regolare di Jason e sulla sensazione del sangue incrostato sulle sue dita mentre ci giocherellava, ansiosa. Nessuno aveva osato entrare, nemmeno Leo aveva provato a distrarla, o infastidirla. Non era grata quanto si aspettasse.

Poi Piper tornò, e Daphne si staccò a forza dalla sedia per andare a cambiarsi. Puntò prima al bagno per lavarsi le mani, tastando sui muri. Aveva paura di evocare Timeo, vedere il profondo rosso che le aveva appicciato le vestigia da greca all'addome, i graffi che avevano ricominciato a bruciare sulla spalla. Mentre aiutava Jason, Timeo aveva puntato lo sguardo solo su di lui, ma aveva intravisto le proprie condizioni nel retroscena della battaglia.

Leo l'aveva intercettata in corridoio, aprendole la porta del bagno senza dire una parola. Daphne entrò e si appoggiò al lavandino, ancora scossa. Quando sentì la porta chiudersi, e i pesanti stivali di Leo allontanarsi oltre la porta, aprì l'acqua del rubinetto e si lasciò andare.

Stoica, avrebbe voluto essere stoica, controllarsi, ma la sensazione del sangue sulle mani la stava facendo impazzire. Il sangue di Jason, che si stava sgretolando con ogni minuto che passava, asciugandosi e macchiandole la pelle bianca.

Infilò i palmi sotto al getto tiepido, cercando di non soccombere ai singhiozzi. Si sfregò le mani per così tanto tempo che ad una certa la pelle non si sentiva più come pelle, solo una superficie scricchiolante e liscia. Si passò dell'acqua in faccia, cercando di eliminare le tracce delle lacrime e il rossore che era sicura di avere. Si passò le mani bagnate tra i capelli, togliendosi le ciocche sudate dalla fronte e tirandoli indietro. Nel retro della sua testa, continuava a tenere d'occhio il sonno di Jason. Lo teneva vicino, in una stretta dalle nocche bianche, terrorizzata dall'avere una parte nella sua morte. Quel ragazzo non sarebbe morto, non quando lei era nei paraggi e ancora meno quando non lo era, impossibilitata di tenergli la mano e confortarlo negli ultimi istanti. Avevano passato molte notti insieme da piccoli, rannicchiati in un letto e con le mani strette l'una nell'altra quando Daphne non riusciva a controllare le creature che cercavano di contattarla.

VICI | leo valdez Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora