VII.LEO

66 6 2
                                    

𓊝

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

𓊝

Leo non voleva uscire dal muro.

Aveva ancora tre puntelli da fissare, e nessun altro era così magro da riuscire a entrare in quello spazio angusto. (Uno dei molti vantaggi dell'essere smilzi.)

Lì, infilato nell'intercapedine dello scafo, in mezzo a cavi elettrici e tubi idraulici, poteva restare solo con i suoi pensieri. Quando si sentiva frustrato, ovvero più o meno ogni cinque secondi, colpiva qualcosa con la mazza, e gli altri membri dell'equipaggio pensavano che stesse lavorando, e non dando di matto.

L'unico problema del suo rifugio: riusciva a entrarci soltanto fino alla vita. Sedere e gambe restavano sotto gli occhi di tutti, il che rendeva impossibile nascondersi.

<<Leo!>> La voce di Piper proveniva da qualche parte alle sue spalle. <<Abbiamo bisogno di te>>
La guarnizione di bronzo celeste gli sfuggi dalle pinze e scivolò nelle profondità dell' intercapedine. Leo sospirò. <<Parla con i miei pantaloni, Piper! Ho le mani occupate!>>

<<Te lo scordi! Ti aspettiamo in mensa. Siamo quasi a Olimpia>>

<<E va bene. Arrivo fra un secondo>>

<<Che stai facendo, a proposito? Sono giorni che armeggi dentro lo scafo>> Leo fece scorrere la torcia sulle placche e i pistoni di bronzo celeste che aveva installato un pò alla volta, pian piano, ma con grande perizia. Sinceramente, non sapeva più se avesse iniziato quel progetto per migliorare la nave o per nascondersi da Daphne, e adesso anche Hazel.

<<Manutenzione di routine>> Silenzio. Piper era troppo brava ad accorgersi quando mentiva. <<Leo...>>

<<Ehi, già che sei lì, fammi un favore. Ho prurito proprio sotto al...>>

<<E va bene, vado!>> Leo si prese ancora qualche minuto per fissare meglio il puntello di rinforzo. Il lavoro non era ancora finito. Era ancora ben lontano dall'esserlo. Ma stava facendo progressi.

Naturalmente, aveva posto le basi del suo progetto segreto fin da quando aveva costruito l'Argo Il, ma non ne aveva parlato con nessuno, aveva semplicemente aspettato per usarlo come nascondiglio al momento giusto, come se sapesse dove sarebbe finito mesi dopo.

Strano, lo aveva ammesso a stento con se stesso adesso, gli sembrava difficile che il suo subconscio fosse più incline ad ammettere i suoi sentimenti per una ragazza che non aveva nemmeno ancora conosciuto.

«Niente dura per sempre» gli aveva detto una volta suo padre. «Nemmeno le macchine migliori.» Già, okay, forse era vero. Però Efesto aveva anche detto: «Tutto si può riutilizzare». E Leo voleva mettere alla prova questa teoria.

Era un rischio molto grosso. Se avesse fallito, sarebbe rimasto schiacciato. Non solo emotivamente, ma fisicamente. Si sentì mancare l'aria solo all'idea.

VICI | leo valdez Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora