VIII.ANNABETH

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Ad Annabeth sembrava così strano non avere nulla da fare. Dopo settimane a correre dietro il marchio di Atena, e quelle che sembravano altre settimane a correre nel Tartaro, era come se si fosse abituata al ritmo incessante. E adesso che non c'erano più obiettivi immediati, pesi che gravavano direttamente su di lei, si sentiva inutile.

Quindi cercava di riempire il posto di Leo, mentre lui era là fuori a ballare con Nike, Percy, Hazel e Frank. Vagava per la nave come un fantasma, seguita solo dal Bufford-diventato-mini-Hedge. Piper e Jason erano in infermeria, la figlia di Afrodite si stava dando da fare per il romano e riempiva il turno diurno. Mentre invece Daphne, che adesso era nella propria stanza probabilmente a dormire, occupava il turno notturno con Jason.

La stanza di Annabeth era vicina all'infermeria, e li aveva sentiti sussurrare e ridacchiare come ragazzini per tutta la notte. Era un suono bellissimo, soprattutto dopo giorni di inferno e urla dentro al Tartaro. In più, sapere che quelle risate adolescenziali venivano da dei semidei romani, da Jason e Daphne per giunta, la rincuorava. Le piaceva sapere che non fossero così seri tutto il tempo, che vivessero comunque i rapporti e le piccole gioie nelle vite di un semidio. Gli amici. Lei stessa era stata un guscio vuoto per molto tempo, concentrata sul difendere una torre vuota. Era l'unica cosa che non le piaceva del Campo Giove, l'eccessiva serietà, e ironicamente l'unica cosa che non le piaceva del Campo Mezzosangue, la mancanza di essa.

Daphne e Jason erano riusciti a cullarla per addormentarsi senza nemmeno saperlo, scacciando gli incubi che la infestavano da fin troppo. Anche se Annabeth doveva ammettere che sospettava un tocco di Somnus, o dei poteri di Daphne, nella sua vita notturna. Non aveva chiesto a Percy se anche i suoi incubi fossero spariti, non erano ancora pronti a parlarne, ma sperava davvero tanto che fosse così. Che quella ragazza, che cercava così tanto di essere stoica e negare di essersi affezionata a loro, avesse riservato un posto nella sua giornata per assicurarsi che lei e Percy riuscissero a dormire tranquilli.

<<Leo ha già riparato qualsiasi armadietto sulla nave>> Annabeth sussultò, facendo cadere la chiave inglese che aveva preso dalla sala motori. Stava stringendo lo stesso bullone sullo scaffale della cucina da dieci minuti interi, forse era la cosa più sicura su quella nave.

La figlia di Atena si girò, incontrando Daphne che stava puntando al cesto di mele nel centro del tavolo. C'era poca luce nella mensa ormai, Piper le aveva spiegato che l'attacco di alcuni gnomi avevano messo fuori uso le immagini del campo greco. Un pò ne era felice, la nostalgia era più sopportabile, un pò ne era triste, perché la nostalgia rimaneva comunque lì.

<<E forse ci ha nascosto bombe e coltelli>>

<<Cercavi quelli?>> la romana le chiese, mentre Annabeth la seguiva scivolare verso il tavolo. Aveva un sacchetto in mano, o forse era una maglietta stretta intorno a qualcosa. Se Annabeth strizzava gli occhi, il logo dell'acquario di Forco era più visibile.

VICI | leo valdez Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora