Il cielo è limpido, non c'è nessuna nuvola ad oscurare il sole i cui raggi mi accarezzano il viso e rallegrano questo pomeriggio. L'inverno sta finendo e la primavera dà i primi segnali di vita. Le rare zone verdi del mio quartiere sono popolate da una miriade di margheritine che le bambine si divertono a cogliere per farne delle coroncine. Proprio in questo momento una bambina sui sei anni d'età si sta piegando per strappare un fiorellino. La guardo mentre fumo una sigaretta appoggiata con la schiena al muro del palazzo in cui vivo. E' carina, ha dei bei caapelli biondi e lunghi che le arrivano fino alla vita e, da quel che riesco a vedere, degli occhi celesti. Purtroppo, però, come tanti dei bambini che vivono in questa parte della città, è molto magra e indossa dei vestiti di seconda ( o anche terza) mano scoloriti per i troppi lavaggi in lavatrice.
All'improvvisso mi ricordo del profumo di gelsomino di cui era impregnata la maglietta di Edie che non era niente in confronto al profumo della sua pelle. Quella pelle morbida che ho sentito sotto le mie dita l'altro ieri notte e il cui ricordo continua a tornarmi in mente come l'impulso che ho provato in quella radura isolata. L'impulso irrefrenabile di prendere Edie e di farla mia, di gridare al mondo che lei mi appartiene perchè io e lei siamo una cosa sola e che se lei non ci fosse morirei come una persona muore privata del proprio cuore. Si dice che una persona riesca a vivere per tre secondi senza cuore, ma sono sicura che senza Edie morirei all'istante.
Scuoto il capo e mi separo dall'umido muro mettendomi in piedi. Spengo la sigaretta e decido che la cosa migliore da fare, essendo stata fuori casa per quasi due giorni, è tornare nell'appartamento che mi aspetta.
Salgo le scale piuttosto velocemente per scaldarmi e in poco tempo sono davanti alla mia porta. Faccio per infilare la chiave nella serratura come faccio di solito ma mi ricordo che ora non vivo più da sola e che probabilmente mia madre è in cucina ad aspettarmi.
Apro la porta e varco la soglia. Eccola là, una donna piccola con i capelli neri corti che si dà da fare in cucina.
- Ciao mamma, sono a casa. - dico ad alta voce per farmi sentire e mi siedo sulla sedia vicino al tavolino nella zona cucina.
- Mya, ma mi dici dove sei stata? Sono due giorni che non ti fai vedere. Ero in pensiero per te. - esclama lei vedendomi.
- Pensavo che la fase "preoccupazione ossessiva" fosse finita quando me ne sono andata. - dico guardando fuori dalla finestra accanto al tavolo.
- Sei sempre mia figlia e spero non crederai che io abbia smesso di pensare a te quando hai deciso di andartene. Anzi, Ho iniziato a pensarti tutti i giorni, a tutte le ore. A volte pensavo perfino "chissà cosa sta facendo la mia bambina adesso". - dice fissandomi.
Non sopporto quando mi guarda in questo modo. Mi sembra che possa leggermi l'anima e non sono affatto contenta che qualcuno curiosi tra il mio marciume.
Cerco di sottrarmi al suo sguardo inquisitore e borbotto: - Lo so, scusa.
A questo punto lei si volta e continua ad armeggiare con pentole e aggeggi del genere.
Si è impegnata così tanto da quando è venuta a stare qui. Dal primo giorno ha cercato di dare una sistemata alla confusione che occupava l'intero appartamento. Ha iniziato a pulire i pavimenti, le finestre, a fare la spesa e a spremersi le meningi per rendere questa topaia più ospitabile. Non è stata ferma un secondo e ,anche se le chiedevo di riposarsi un attimo e di lasciare fare a me, rifiutava di lasciare il manico della scopa che stava utilizzando e mi diceva di stare tranquilla. Credo che questo sia il suo modo di affrontare il mio ritorno nella sua vita. Sempre meglio di drogarsi e diventare una pazza come me.
Mi ricordo ancora ciò che mi ha detto quando me la sono trovata davanti qualche settimana fa.
Ha detto che ha girato tutti i palazzi della zona povera della città per sapere dove mi fossi cacciata. Ha chiesto a tutti i proprietari se avessero visto una ragazza pelle ossa dai capelli blu e gli occhi azzuri chiedere di affittare un appartamento. E' andata avanti così per settimane, ma dato che in questo quartiere la privacy non è una priortà, non ha faticato molto a trovarmi.
Ha detto che aveva deciso di stare con me perchè era riuscita ad ottenere un posto di lavoro come commessa e quindi potevadarmi una mano economicamente. Una sola paga non è il massimo ma è sempre meglio di niente. E poi, ha aggiunto di non poter più vivere senza sapere dove fossi e come stassi. Voleva assicurarsi che stessi bene e che non mi cacciassi di nuovo nei casini.
Dio, non me la merito una madre così. Non dopo tutto ciò che ho combinato.
Mamma finisce di sistemare per l'ennesima volta l'angolo cucina e poi si siede sulla poltrona di fronte a me. Io, invece, continuo ad avere una repulsione per le poltrone.
Prende in mano un libro che si è portata da dove viveva precedentemente e si mette a leggere. Rimango ad osservarla. Anche se è qui da poco tempo sembra ci sia sempre stata. Non sembra molto presa dalla letturaquindi ne approfitto per darle un veloce abbraccio e salutarla. Quando la stringo tra le braccia, sul suo viso intravedo stupore. Non credo si aspettasse un gesto tanto affettuoso da parte mia. Proprio no.
- Torna per cena, mi raccomando. - dice con aria severa.
- Certo. - le rispondo con un sorriso.
Non riesco davvero a stare chiusa in appartamento, mi sento in trappola. Decido, quindi, di andare a fare un giro per la città. Un po' d'aria mi farà bene.
Attraverso il quartiere pieno zeppo di palazzi identici a quello da cui sono appena uscita e mi dirigo verso il cuore della città. L'aria è fresca e nell'aria c'è un profumo di erba bagnata che mi rasserena anche se non ho idea da dove possa venire, forse da un parco nascosto da alcune abitazioni. Cammino spensierata cercando di dimenticarmi dei problemi e di rivivere le sensazioni evocate dall'ultimo incontro con Edie.
Non riesco a scordarmi i suoi occhi dolci e marroni, così profondi, così caldi. Tutto di lei trasmette un'idea di accoglienza e serenità. Vorrei assorbirla tutta ma i suoi baci non mi bastano mai. Neanche l'altra notte sono riuscita a soddisfare del tutto il mio desidero. I suoi fianchi rotondi e morbidi diversissimi dai miei spigolosi e quasi inesistenti, il suo seno delicato, la sua pelle, tutto di lei mi attraeva e mi chiamava, tanto che quando mi ha chiesto di smettere ho dovuto impiegare una forza incridibile per staccarmi da lei. ma non mi è dispiaciuto molto perchè non voglio forzarla a fare cose di cui non è pienamente sicura.
Mi ritrovo a seguire il percorso che porta alla scuola che frequenta Edie, quindi decido di andare ad aspettarla fuori da scuola così da poterla vedere al più presto.
Mentre mi trovo a una decina di metri dall'edificio vedo un ragazzo spuntare da un vicolo alla mia sinistra edirigersi verso di me. Sta guardando per terra, quindi non si accorge che mi sono fermata impietrita dalla sua vista, almeno non fino a quando non alza gli occhi e i nostri sguardi si incrociano. Sono faccia a faccia con Kaleb.
Cazzo.
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La notte non fa più paura
Romance- Calmati Edie, vedrai che è la cosa migliore. Se stai con me finirai per rovinarti la vita. Diventerai incasinata e non voglio che ti succeda niente di brutto, meriti solo il meglio dalla vita. - dice con le lacrime agli occhi mentre mi accarezza u...