Capitolo 14/ Edie

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Esco di casa di prima mattina per affrontare un altro interminabile giorno di scuola. Inspiro l'aria fresca che mi aiuta a riprendermi da una notte quasi insonne e a farmi sconfiggere il sonno che mi fa chiudere le palpebre ogni due secondi. Di mala voglia mi avvio verso la fermata dell'autobus sperando che si sbrighi ad arrivare perchè, anche se l'aria mi aiuta a restare cosciente rimane sempre gelida e ciò non mi invoglia affatto ad andare a scuola, anzi, non fa che spingermi un minuto dopo l'altro verso il desiderio di tornarmene di corsa sotto le coperte.

Fortunatamente, il vecchio veicolo arancione arriva in perfetto orario nonostante gli anni che gli gravano sulle spalle, o meglio, sulle ruote. Appena si ferma, salgo, addocchio un sedile libero in fondo alla vettura e mi ci siedo godendomi il tepore che esce dalla bocchetta dell'aria calda. Durante il viaggio non faccio che guardare fuori dal finestrino ammirando le luci delle città avvolte dalla notte che si susseguono e cado in una specie di trance mentre i ricordi di poche ore prima mi rivestono lentamente come una coperta. Non posso fare a meno di ricordare il volto di Mya, la pelle diafana, gli occhi di ghiaccio e i lineamenti perfetti che, alla luce della luna, la facevano sembrare una bambola di porcellana. Mi assalgono, poi, anche le sue parole: Sai, a volte mi capita di sentirmi fuori posto dovunque io sia e stare da sola mi fa sentire ancora peggio, mentre le poche volte in cui sono stata assieme a te è stato come se quella sensazione sparisse, come se la vecchia Mya se ne andasse e lasciasse il posto ad una nuova me. Ecco perchè ora, ecco perchè te. Chissà se intendeva veramente dire ciò che ha detto. Mi sembra così strano che io, Edie, una ragazza come tante altre, riesca a farla stare meglio, mi pare davvero incredibile poterla aiutare a superare tutto ciò che ha passato. Infine, arriva inevitabilmente il ricordo di quella strana sensazione provata nel stare a contatto diretto con lei. I nostri corpi separati solamente da due strati di vestiti, le farfalle nella pancia e la testa che gira mentre, contrariamente a quello che la ragione mi suggerisce, rimango stesa accanto a lei ad ammirare le stelle che brillano in contrasto con il buio del cielo notturno.

Devo essere rimasta immersa nei miei pensieri molto a lungo perchè, appena riesco a tornare alla realtà, è arrivato il momento di scendere. Così faccio, quasi cadendo a causa dello scalino troppo alto, e mi affretto a raggiungere la scuola, non tanto per la fretta di assistere alle lezioni quanto per poter godermi, il più presto possibile, il tepore emanato dai termosifoni.

Entrata in classe, mi dirigo verso il mio banco in ultima fila dove Lucy mi aspetta con uno strano sorriso stampato sul volto. Mi guardo le gambe per essere sicura di non essere uscita in pigiama ed aver scatenato, così, l'ilarità della mia cara amica. Ma, per fortuna, indosso il mio paio preferito di jeans quindi non mi devo preoccupare. Ma allora, perchè sorride? Mi siedo accando a lei appoggiando il pesantissimo zaino portato sulle spalle fino a pochi secondi prima e mi accorgo che trema come un cagnolino prima di far le feste al suo padrone.

- Come mai sei così felice stamattina?- chiedo ancora con la lingua impastata.

- Come? F-felice? No, il mio umore è lo stesso di tutte le mattine.- dice schermendosi.

- Davvero? E allori mi spieghi perchè hai un sorriso che va da un oreccho all'altro?- dico ridendo.

- Emh, non è niente d'importante, una sciocchezza, tranquilla.

Grugnisco infastidita dalla sua reazione e mi volto verso la lavagna. Ultimamente è così misteriosa! Sospiro profondamente e tiro fuori dallo zaino il libro e il quaderno della materia della prima ora. Il professore dovrebbe arrivare a momenti.

Lupus in fabula , eccolo entrare di corsa in classe con la solita vecchia valigetta marrone stracolma di libri, verifiche e compiti già corretti. In meno di due minuti inizia a spiegare un nuovo argomento che, purtroppo, non riesce ad attirare la mia attenzione ed infatti, ben presto mi trovo a guardare fuori dalla finestra che dà sull'uscita della scuola.

In un primo momento non vedo niente di particolare, il solito cancello imponente, le solite mura di pietra e i soliti ritardatari che si affrettano ad entrare. Ma dopo un pezzo che sto ad osservare il solito paesaggio, noto che appoggiato ad un lampione, vicino all'inferriata, c'è un ragazzo. E' alto, molto alto, longilineo, indossa dei jeans, un giubbotto nero e, da quel che riesco a vedere, delle vans ormai distrutte. Credo abbia all'incirca la mia età, al massimo di qualche anno più grande, ma è difficile dirlo senza vederlo in viso. Così, curiosa di scoprire qualè il volto del ragazzo, rimango a fissarlo ancora per un po' e, quando tira una boccata dalla sigaretta che tiene in mano, riesco ad intravedere il suo viso. E' davvero bello. Ha gli occhi azzurro cielo, la pelle chiare e i capelli castano chiaro. Certo che, se il professore assomigliasse a questo tizio, presterei molta più attenzione agli argomenti trattati, penso tara me e me. All'improvviso, però i miei pensieri vengono interrotti quando il ragazzo misterioso alza gli occhi verso di me ed io mi sento trafitta dal suo sguardo. Abbasso di scatto la testa e mi metto a fissare il quaderno con il viso in fiamme per l'imbarazzo. Spero non mi abbia vista.

Così, i vari docenti si susseguono un dopo l'altro facendo il loro discorso per riuscire a riempire le nostre menti con argomenti nuovi, a volte con successo, a volte fallendo miseramente. Io, passo il tempo ad ascoltarli cercando di seguire i loro discorsi al massimo delle mie capacità ma a volte, colta dalla stanchezza o dalla noia, non resisto e mi metto a disegnare sul bordo del quaderno di turno. Alla fine delle lezioni, metto lo zaino in spalla e mi preparo ad uscire dall'aula assieme a Lucy come faccio ogni giorno. Oggi, però, la mia cara compagna di banco, appena la campanella suona, si fionda fuori dalla classe senza nemmeno salutarmi. Questo suo cambiamento di compostamento non può non preoccuparmi, ma, dato che ha dimostrato di non voler condividere il suo tormento o la sua gioia con me, cerco di non farci caso e mi sforzo di pensare che prima o poi le passerà.

Esco dalla piccola aula sovraffollata, attraverso il corridoio anch'esso stracolmo di gente, ed infine, riesco a raggiungere l'uscita. Prendo una gran boccata d'aria assaporando la libertà che mi aspetta fino a che domani non dovrò ritonare in questo edificio. Il sole splende e la temperatura, rispetto a questa mattina, si è alzata di alcuni gradi. Inizio a camminare per raggiungere la fermata e tornare a casa, quando, tra la folla scorgo Lucy in compagnia di un ragazzo. E' il ragazzo che ho visto stamattina dalla finestra.

La notte non fa più pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora