Capitolo 5

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Nathan

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Nathan

«A me piacciono molto i tuoi capelli.» mi sussurra, mentre la sua mano si posa lentamente tra i miei capelli per poi accarezzarli, mi sento in estasi. Guardo con attenzione ogni suo movimento e mi avvicina lentamente a sè per poi incominciare a baciarmi il collo. Ogni bacio è lento e deciso, io non so ancora quanto potrò durare senza baciarla, la voglio adesso. Sento che piano piano si sposta sempre più giù tanto da farmi mugolare dal piacere, mentre sento un tocco alla spalla che cerco di ignorare per concentrarmi su chi ho davanti, ma i colpi diventano sempre più frequenti da farmi mugolare, infastidito questa volta.
«Ah!» urlo spaventato quando vedo Selene ai piedi del letto.
«Buongiorno dormiglione, facevi un sogno erotico?» mi domanda sorridendo alzando le sopracciglia.
«Selene adesso potresti spiegarmi perchè mi hai svegliato alle otto di mattina di un lunedì in cui non ho lezione.» le domando una volta aver sceso le scale per andare in cucina. Selene mi ha obbligato a lavarmi e vestirmi, ma ancora deve dirmi il perchè.
«Devi accompagnarmi all'aeroporto.» mi dice tranquilla mentre sorseggia il suo caffè.
«Perchè?» domando passandomi una mano in faccia, essendo ancora assonnato. Mi siedo su uno sgambello vicino a lei, aspettando una spiegazione e cominciando a mangiare il cornetto che mi ha messo davanti con tanto di tazza di caffè, che avrà preparato lei dato che non vedo Morinn in giro.
«Adesso non è importante il perchè.» mi risponde solo.
«Sele non ti accompagnerò all'areoporto per nessun tipo di fuga.» puntualizzo mangiando il cornetto.
«Nemmeno se volessi andare a Las Vegas per sposarmi con te, pasticcino?» mi domanda facendomi un occhiolino.
«Dimmi perchè e ti accompagno, ma tu dimmi cosa devi fare all'aeroporto.»
«Ti prometto che te lo dirò, solo non adesso. Si è fatto tardi, già dovremmo essere in strada.» dice alzandosi prendendo la borsa dal tavolo, «Perfetto, allora andiamo.» dico mangiando un ultimo pezzo del cornetto per poi alzarmi. Ci dirigiamo verso il garage per prendere la moto e dopo poco partiamo in direzione dell'aeroporto.
Selene cerca di non mettermi le mani in vita, ma data la velocità è quasi impossibile e ad ogni dosso la sento irrigidirsi e stringermi più forte. L'aria di questa mattina è molto fresca, nonostante sia una giornata soleggiata. Percorriamo le lunghe strade di Berkley beandoci del sole e penso a quanto sia liberatorio guidare la mia moto e quanto vorrei essere io quello a dover prendere un aereo questa mattina, per poter andarmene da questo posto. La presa di Selene mi riporta alla realtà, facendomi tormentare sul perchè dobbiamo andare in aeroporto. Questa ragazza non la capirò mai.
Dopo aver parcheggiato la moto ci dirigiamo all'interno dell'aereoporto di Oakland. Selene non mi da il tempo di entrare che si guarda intorno in cerca di qualcosa mentre io sono fermo dietro di lei sempre più confuso.
«Dobbiamo andare all'area check-in, forza!» mi incita correndo e io cerco di stare al passo. Quanta energia per essere quasi le nove di mattina.
«Morinn!» urla Selene quando la vede. Morinn? Siamo qui per lei?
«Ti avevo detto di aspettarmi all'ingresso.» la rimprovera Selene, mentre si avvicina al nastro che divide la fila per il check-in e io la seguo.
«Ha ragione Selene, ma sono un po' con la testa sulle nuvole sa...» le spiega Morinn con aria sognante. «Vedo che ha convinto il signorino Nathan.» osserva guardandomi.
«Più che convinto, l'ha posta come una minaccia direi.» puntualizzo fingendomi infastidito.
«Volevo augurarti buona fortuna e darti questo.» dice Selene a Morinn prendendo dalla tasca posteriore dei jeans un braccialetto. «Lo presi da una bancarella a Barcellona. L'estate scorsa io e Sole decidemmo di passare un mese lì e mentre tornavo a casa un giorno mi fermai a questa bancarella che faceva gioielli con le pietre, per me scelse lo smeraldo, tipico colombiano e segno di speranza, di forza e il quarzo rosa, per aiutarmi a trovare una quiete con Lucas che all'epoca ci facevamo impazzire a vicenda...» spiega piano alzando gli occhi al cielo nel ricordare Lucas. «...mi disse che una volta trovate quiete con Lucas, avrei dovuto cederlo a qualcun altro per dargli una nuova speranza con un nuovo amore in arrivo. Spero possa portarti fortuna come ne porto a me un anno fa.» continua sempre tenendo le mani di Morinn, io osservo la scena in silenzio con un tenero sorriso sulle labbra, non è da tutti un gesto del genere, anche se sono sempre più confuso.
«Cara Selene, tu hai un cuore grande. Conserverò il tuo braccialetto con cura.» le risponde Morinn con gli occhi lucidi, «Buon viaggio Morinn, spero tu possa provare l'amore che hai provato quasi dieci anni fa.» le augura con un sorriso sincero.
«Spero possa succedere anche a lei, a volte l'amore è in chi meno te lo aspetti.» dice Morinn prendendo la sua valigia, facendo scattare il suo sguardo tra noi due, cosa vorrebbe dire con questo?
«Bueno signorini, io devo andare.» esclama guardando l'orario.
«Hágale (va bene), ti lasciamo andare. Buen vuelo.» le risponde Selene, per poi darmi una gomitata leggera, «Ehm...Buen vuelo Morinn.» la saluto, facendo sorridere quest'ultima, per poi allontanarsi tra la folla.
«Mi vorresti spiegare adesso?» domando a Selene, mentre ci dirigiamo verso l'esterno dell'aereoporto.
«Oh, ma certo che sei proprio insistente.» costata lamentandosi, girandomi verso di me con un sorriso, «Lo avevi promesso!» la rimprovero.
«È vero, ti va un caffè? Ti giuro che una volta seduti ti racconterò tutto.» mi promette mettendosi una mano sul cuore, «Tu hai da fare?» le domando affiancandomi a lei, «No, nulla.», «Conosco un posto qui vicino. Possiamo prendere la colazione e andare lì.» propongo.
«Per me va bene.» mi risponde. Ci dirigiamo da Starbucks che è l'unico bar all'interno dell'aereoporto e prendiamo due crossaint e due caffè. Ho insistito per pagare, ma Selene non mi ha lasciato fare perchè a detta sua doveva sdebitarsi.
«Non avresti dovuto pagare, potevo farlo io.»le dico e lei mi guarda male, «Non fare l'idiota è solo una colazione.» mi risponde come se nulla fosse.
«Qualche volta mi farai un complimento?» lo domando ridendo, poso ciò che abbiamo comprato nel bauletto della moto ed essere stato insultato almeno dieci volte, perchè citando Selene: sono irrequieto e non sono in grado di aspettare.
«Si, a me piacciono molto i tuoi capelli.» mi risponde Selene mentre getta le nostre sigarette nell'apposito cestino e il sorriso mi si spegne in volto. Il suo tono, il modo in cui l'ha detto, la scelta di farmi proprio questo complimento, non avrò mica sognato Selene?
«Va bene? è un complimento no? Devo ammettere che sono proprio belli, poi proprio di un bel colore, i miei sono semplicemente castano scuro. Tutto bene Nate?» mi domanda dopo aver finito di commentare i miei capelli, vedendo probabilmente lo sguardo scioccato che ho in volto.
«Sisi, ci sei per partire?» domando mettendomi il casco, «Si.» dice mettendolo a sua volta.
Salgo velocemente sulla moto e appena sale Selene procedo velocemente, non posso credere di averla sognata stanotte. Non so come sentirmi a riguardo, sarà che tutti mi hanno detto di starle lontano e quindi mi piace solo per questo motivo? Oppure mi piace perchè è semplicemnte Selene, una ragazza fantastica in grado di scombussolarti, farti piangere e farti ridere in soli trenta secondi? O semplicemente un sogno è solo un sogno? Non lo so, forse è meglio non pensarci.
«Come conosci questo posto?» mi domanda Selene poggiando le mani sul prato posando lo sguardo verso il sole, quando arriviamo al Lago Meritt ad Oakland. Ci siamo posizionati sul prato, dopo aver attraversato il piccolo "Bonsai Garden", che sembra essere un posto quasi fuori dal mondo, si trova alle spalle del giardino principale del lago, il giardinetto possiede degli alberi simili alle sequoie della California e gli aceri del Giappone, rispettivamente conosciuti come California redwoods e Japanes maples, è uno dei posti più antichi della cittadina e sembra un'oasi a pochi passi dalla città in cui stare in contatto con la natura.
«L'ho scoperto quando avevo sedici anni. Potevo finalmente prendere l'aereo da solo, io e mia madre eravamo in vacanza a New Port Beach dai nonni, un giorno le dissi che sarei andato a fare una gita con un mio amico, ovviamente non era vero, era una copertura. Così programmai tutto: aereo alle sette e mezza del mattino, sarei arrivato qui verso le dieci e mezza e sarei stato a Berkley per le undici...» comincio voltandomi verso Selene, incrociando il suo sguardo, con un sorriso rassicurante e come se sapesse cosa sto cercando di dire. «Sapevo che si erano trasferiti a Barkley, che mio padre aveva da poco ricevuto l'incarico, così decisi che volevo vederli con i miei occhi e lo feci. Arrivai fuori al grande cancello e li vidi mentre chiacchieravano amorevolmente e raggiungevano la macchina. Io ero lì inerme, paralizzato, arrabbiato. Avevo davanti due decisioni: o urlargli tutta la mia rabbia e liberarmi del fardello che mi portavo da anni o andarmene, che è quello che feci. Purtroppo o per fortuna non c'erano arei prima delle sei di pomeriggio, così decisi di girovagare per Oakland e trovai questo posto alle spalle del giardino principale del lago. Spesso venivo anche da Stanford è davvero un posto fantastico.» concludo.
«È veramente un bel posto sai, lontano dal chiasso cittadino. I tuoi nonni sono di New Port?» mi domanda.
«No, di Stanford, ma hanno una casa lì dove trascorrono l'estati e spesso ci facciamo un salto anche io e mia madre. Adesso però si sono trasferiti lì.» le spiego.
«Chissà, magari qualche volta avrai incontrato me e Sole.» dice voltandosi di nuovo verso il sole, mentre io apro il sacchetto di Starbucks.
«Già, chissà.» le rispondo. «Allora signorina? Io non mi sono di certo dimenticato.» le domando facendola ridere, probabilmente per essere così petulante, ma sono solo curioso e confuso, tutto qui. Selene porta la testa all'indietro, facendomi sorridere, quasi ammaliato dalla sua naturalezza.
«Hai ragione, te lo devo.» mi risponde per poi sistemarsi meglio incrociando le gambe, «Il primo giorno di università, prima delle lezioni, ero sola in casa con Morinn. Ci metemmo a chiacchierare e scoprimmo che eravamo entrambe di Santa Marta, in Colmbia, e poi incominciammo a parlare di Lucas, della nostra storia, dell'amore...» comincia e nel sentire il nome di Lucas, provo quasi un fastidio.
«... e lei mi parlò di come conobbe questo ragazzo quando aveva venticinque anni, di come ogni amore in confronto sembrò superfluo, di come fu intenso... e sai Nathan ne parlò con una tale intensità che chiedere il suo nome mi sembrava quasi come se stessi spezzando la magia di un'amore così puro. Mi spiegò che se ne dovette andare perchè purtroppo non riusciva a trovare lavoro in Colombia, era stata da poco licenziata e non sapeva cosa fare, un giorno una sua amica che lavorava a Berkley le disse che il rettore cercava una domestica, così lei andò, si gettò d'impulso senza pensare a cosa stesse lasciando, ma lei aveva bisogno di un lavoro e quella sembrava essere l'unica opportunità, anche perchè pensava che lui, il famoso lui, l'avrebbe lasciata comunque per una ragazza con una situazione economica più favorevole in un'epoca di grande crisi. Mi ha raccontato di com'è cambiata, di com'è cresciuta in questi anni lontano da casa e di come questo suo viaggio l'avrebbe aiutata ad affrontare la relazione precedente con più serenità. Ieri mentre parlava con me e Sole ci ha svelato il nome, Carlos Sanchez, che è proprio mio zio.» Non posso crederci, sono scioccato e il mio stupore si coglie dalla mia espressione facciale.
«Già...è stata la mia stessa reazione. Sono stata tutta la serata a pensarci, così ho deciso di chiamare mio zio, che ne era ovviamente entusiasta e voleva prendere un aereo per venire subito qui, ma io gli ho detto di non farlo.»
«Perchè?» le domando facendole uno sguardo interrogativo.
«Perchè io e Morinn abbiamo parlato anche di quanto le mancasse casa e di come se nè andò così, quasi come se non gliene importasse nulla della loro storia. Doveva andare lei lì. Così ho regalato a Morinn due biglietti aerei, andata e ritorno, ovviamente con la sua approvazione. Starà lì circa una settimana. E nulla, eccoci qui, questa è la storia.», «Tutto mi aspettavo tranne che questo.» ammetto ancora scioccato.
«Eh già, è piccolo il mondo.» mi dice quasi tranquilla.
«Piccolo? Selene è una storia quasi surreale.» è tutto così strano, non mi sarei aspettato una cosa del genere.
«E sentiamo Nathan, tu ti sei mai innamorato?» mi domanda Selene facendomi un sorrisetto che ricambio.
«Ah Martinez, Martinez. Vuoi sapere troppe cose.» dico distogliendo lo sguardo.
«Ti ho chiesto se è mai successo, non come e con chi.», «Si, sono stato innamorato.» affermo guardandola negli occhi.
«Pensi che troverai di meglio rispetto a lei, dando per scontato che sia una lei.»
«Si, è una lei.» le rispondo abbozzando una risata, «Penso sia stata solo il primo amore, ma non l'ultimo. Penso che la ricorderò per sempre, ma che non era quella del per sempre. E tu? Sei mai stata innamorata? Oltre che di Lucas.» domando guardandola, lei ci riflette un po' su per poi rispondermi.
«Si, lo sono stata.» dice con un filo di malinconia e posso scorgere dolore nei suoi occhi nel dirmelo.
Restiamo per una mezz'oretta a parlare del più e del meno. Dell'università, delle nostre città natali, di Berkley. Fin quando a Selene non squilla il telefono.
«Sole.» dice Selene rispondendo a telefono all'amica.
«Oddio, mi ero completamente dimenticata. Si, sono con Nathan. Adesso arriviamo subito.» dice stupita di essersene dimenticata, per poi riagganciare.
«Mi ha chiamato Sole, a mezzogiorno abbiamo appuntamento per vedere delle case.» appena dice questa frase è come se mi si fosse accesa una lampadina.
«Cazzo.» esclamo alzandomi e Selene fa lo stesso.
«Forza, andiamo. Sono le undici e mezza, riusciremo ad arrivare in orario.»

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