CAPITOLO 4

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Mi accomodai alla sedia stando ben attenta a non sfiorare alcuna parte del corpo di Scott e quando fui al suo fianco, lui non si evitò di rivolgermi uno sguardo lento e condito da un sorriso beffardo, come se il mio viso lo divertisse.

Avrei voluto chiedere cosa lo facesse ridere, ma l'indignazione provata davanti a quel suo modo spavaldo di mostrare gli occhi arrossati dall'erba, mi faceva ribollire lo stomaco.

«Ancora continui a fumare quella merda?» Gli chiese zio Joe con tono rabbioso.

Scott ridacchiò:«Era l'ultima che avevo, ne volevi un po'?»

Non lo sopportavo, lo conoscevo da due ore e già non  accettavo di dover dividere il mio ossigeno con lui.

«Non fare ironia povera con me, eravamo stati precisi con le regole di questa casa: niente fumo e niente droga».

Non lo avevo mai visto così teso e nervoso, zio Joe era da sempre stato un modello di uomo che avrei voluto avere come padre. Quando suo fratello venne arrestato, quel mostro che continuava ad intromettersi nei miei sogni e ricordarmi quanto facesse schifo, non ci furono parole per descrivere tutto il suo dispiacere.

Non aveva nulla per cui cercare il mio perdono, eppure non aveva fatto altro che implorarlo come se a commettere quelle atrocità fosse stato lui.

Ma adesso, seduto capotavola, aveva le fiamme negli occhi mentre si rivolgeva a Scott. Di sottecchi guardai il ragazzo: pareva godere della rabbia di mio zio, giocava pesante con la sua calma.

«Forza ragazzi, non mi sembra il caso di litigare». Zia Cinthia si avvicinò al tavolo con un largo piatto circolare sopra cui c'era della pasta fumante:«Almeno non questa sera», mi lanciò uno sguardo compassionevole.

«Finalmente si mangia», esclamò Scott servendosi prima di noi.

«Non le conosci le buone maniere?» Mi azzardai a chiedergli.

Non me ne sarei rimasta in silenzio troppo a lungo, mi ero già morsicata la lingua dinanzi lo scontro con zio Joe ma adesso non avrei evitato di espormi.

Scott mi guardò come se fossi inutile, e un po' era riuscito a farmi sentire tale:«Per caso sei uscita dall'alta borghesia, biondina?» Chiese a bocca piena.

Corrugai la fronte:«No, ma potevi riempire i piatti anche a noi invece di strafogarti come se non toccassi cibo da settimane».

Scott mandò giù il boccone:«Mai sentito parlare della fame chimica?»

Ciò che mi riuscì fare, fu dipingere il mio viso di espressione disgustata. Per quanto potesse essere un ragazzo di bell'aspetto, quella sua aria spavalda sapeva nascondere tutto ciò che di piacente si vedeva di lui e mostrare un lato vomitevole che gli copriva anche la più umana emozione.

«Vedo che vi siete già conosciuti». Osservò zia Cinthia mentre serviva il mio piatto.

«E avrei preferito non farlo», risposi di getto.

Ma non ci furono altre parole, non molte e non di certo sul dispiacere di aver avuto a che fare con il figlio che i miei zii avevano deciso di entrarsi in casa.

Quando avevamo quasi finito di cenare, fu Scott il primo a strisciare rumorosamente la sedia sul pavimento e ad alzarsi.

Si era schiarito la voce gettando senza troppo garbo il fazzoletto sul tavolo, stava guardando zia Cinthia che al suo gesto sgarbato non aveva battuto ciglio:«Comunque potevi mettere del sale in più», se ne uscì così:«Vado in camera mia, evitate di disturbarmi».

Lasciò la sala pranzo a grandi passi, come se la nostra presenza fosse di troppo per lui.

«Gli permettete di parlarvi in questo modo?» Guardai entrambi i miei zii con sguardo severo.

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