CAPITOLO 1

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«Sei sicura che per te vada bene così?»

«Non devi preoccuparti», la guardai con dolcezza:«E poi non amo gli addii» mi sforzai di sorridere.

Beth fece lo stesso e lo sapevo bene, la conoscevo, la curva dura delle sue labbra era un movimento che richiamava uno sforzo che cercava di rendere naturale.

«E chi ti dice che lo sia? Al massimo sarà un arrivederci».

E non ci furono altre parole che potessero spiegare meglio quanto quel forte abbraccio mi avesse ricostruita da zero, come quando da terra mi aveva presa e mi aveva alzata verso il suo viso, per darmi la forza di crescere nonostante i traumi che stavo ancora cercando di dimenticare.

Erano trascorsi quindici anni da quella sera ed io non ero mai stata in grado di ringraziare Beth e la sua famiglia come più meritavano, ma sapevo che a loro non sarebbe importato.

«Leah», un grido si frappose fra me e le braccia forti di Beth:«Non stavi forse pensando di andare via senza salutare anche me?»

Era Jessie, la figlia di Beth.

Aveva da pochi giorni compiuto venticinque anni, quando io li avrei raggiunti il mese prossimo. Con lei avevo stretto un rapporto indicibile a parole, due sorelle senza legame di sangue sembrare essere nate dalla stessa madre. Si stava sbracciando per venirmi incontro, forse non avrei voluto vederla e non perché non avrei voluto salutarla ma perché lasciarla mi avrebbe fatto più male di quanto avrei pensato.

«Lo sai che non lo avrei mai fatto, ma sapevo stessi lavorando e non volevo disturbarti», mi giustificai abbracciandola.

Lei mi sorrise, non sembrava essersi arrabbiata:«Il lavoro può aspettare, non potevo di certo lasciarti partire senza prima salutarti». Separandoci, mi consegnò una piccola busta rigida:«E ho pensato di portarti questo, così quando sarai a New York e avrai nostalgia di casa, potrai sempre ricordarti di noi».

Aprendo il regalo, l'interno rivelò un piccolo portachiavi d'argento con sopra incisi i nomi della famiglia di Beth, più il mio. La cosa che mi commosse, senza nasconderlo ai loro occhi, fu che accanto al mio nome c'era il loro cognome.

«È davvero bellissimo Jess», una lacrima cadde rapida sulla mia guancia e che affrettai ad asciugare.

«Non fare così altrimenti fai piangere anche me».

"Il volo diretto per New York, partirà tra dieci minuti. Si prega di avvicinarsi alla corsia mantenendo il giusto ordine".

Era arrivato il momento e a comunicarlo ci fu la voce di una donna al microfono, era chiara e forte tanto che tutti coloro che dovevano imbarcarsi insieme a me, iniziarono ad avviarsi verso le corsie dell'aereoporto.

Un ultimo sguardo a Beth e Jessie per lasciarle ad aspettare che il mio aereo decollasse e si nascondesse tra le nuvole di New Orleans.

Dall'alto stavo salutando la mia casa, ciò che mi apparteneva, la mia terra. La stavo lasciando disperazione, dolore, distruzione e tutto quello che ancora oggi vedevo così chiaro da sembrare reale e concreto. Ma non lo era più da tempo, eppure sulla pelle sentivo ancora il male che avevo sofferto e che non avevo mai raccontato a nessuno, se non alla donna che mi aveva accolta con pazienza e consapevole che non sarebbe stato per niente facile.

Adesso la stavo lasciando insieme ai ricordo ma non così pochi, perché quando il signore seduto al mio fianco mi sfiorò il braccio con il gomito, una scarica elettrica mi ricordò quanto fosse ancora difficile farmi toccare da qualcuno che non fossero Beth e Jessie.

LeahDove le storie prendono vita. Scoprilo ora