XIII. ALTRE BUGIE

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La mattina seguente mi svegliai con l'emicrania. Mi rigirai nel letto. Non volevo alzarmi. Non volevo affrontare ciò che sarebbe potuto succedere. Mi costrinsi a fare ciò che dovevo fare, il cuore mi batteva forte ogni volta che intravedevo un movimento. Temevo l'arrivo di Herman. Sussultai quando Julien mi abbracciò da dietro.

-Ti ho spaventata, mamma?- mi chiese.

-No, tesoro, sono solo... - cosa? Cos'ero? Un'adultera? Ma la si può essere anche senza essere andati a fondo? Senza aver mai fatto quello che serviva per essere davvero adultera? Un'ingrata, ecco cos'ero. Però Julien era l'esempio che Albert non era un bravo marito. Soffocai i miei pensieri e lo abbracciai. -Nulla, nulla- non potevo assillarlo con i miei pensieri.

-Herman? C'entra Herman, vero?-

La gola mi si strinse. -Non lo nominare- gli sussurrai. Se Albert o uno degli altri avesse sentito avrebbe fatto domande. Troppe domande. Avrei potuto non reggere. Avrei potuto cedere. Julien non diede segno di averlo sentito. Fuggì dal mio abbraccio e corse via. Io rimasi immobile, pensierosa.

-Vorrei poter tornare a quell'età-

Herman. Tremai. -Dici? La mia infanzia non mi è mai piaciuta- non era una bugia e neppure una verità.

-Ci credo, con una cugina come Charlotte, te l'avrà resa impossibile-

Come spiegargli che Lotte era male e bene per me? Che il nostro rapporto era tanto strano da confondere perfino me? Ci rinunciai. Lui comunque non me ne diede tempo. Lo sentii avvicinarsi.

-Quando ti ho vista con Albert, stavo impazzendo- le sue mani si aggrapparono alla mia vita. Mi tirò indietro. Contro di lui. -Sono infantile, lo so, ma non posso farci niente-

-Questo è sbagliato-

-Non esiste il giusto o sbagliato-

Mi abbandonai a lui. Herman mi afferrò i fianchi, mi fece voltare, mi spinse contro il muro. Gemetti. Le sue labbra soffocarono le proteste. Come potevano esserci spinti a tanto? Albert avrebbe potuto vederci. Forse l'argine era rotto da tempo. Non c'era più salvezza per due innamorati come noi. Mi aggrappai a lui, le mani che affondavano nel tessuto della sua camicia.

-È sbagliato- protestai.

-Non pensarci-

Cercai parole che non trovai. La testa mi girava.

Successe in un istante. Lotte si buttò tra me ed Herman in un turbinio d'abiti e mi spinse via. Barcollai e la fissai. Ma che cavolo stava facendo? E poi lui fece una cosa che non mi aspettavo. L'abbracciò. E fu un po' come morire. Li guardai, incredula, trovandomi ad assistere a una scena che avevo visto mille volte. Lotte che strappava qualcosa di mio. Aprii le labbra e poi le chiusi. Un fruscio. Mi voltai e vidi Albert, le iridi verdi incandescenti.

-Tu sei un pericolo ovunque vai, non riesci a tenere le mani a posto?-

Lotte si voltò, un braccio intorno al collo di Herman. -Per prima cosa non sto usando le mani, ma altro, e poi tu sei noioso, forse perfino geloso- fece spallucce -ti piacerebbe che stringessi così te, no?- e per sottolineare attirò di più a sé Herman. Provai un senso di disagio e guardai altrove.

-Io ho la mia Vivi, come potrei volere te?-

-Però una volta... - mia cugina s'interruppe, come se avesse compreso che non era il caso di rievocare quello spettro che aveva preso forma nel corpo di Julien. -Beh, io non voglio te!- mentì.

-Herman, mi meraviglio- mio marito guardò l'amico -hai una bellissima moglie- ghiaccio nel mio stomaco -e un figlio in arrivo- altro ghiaccio -e perdi tempo con lei-

Mia cugina alzò gli occhi. -Come sei noioso!-

Herman non replicò. Si limitava a starsene lì, immobile, attento, semplicemente perfetto. Ne ebbi paura. Quello che provavo per lui era folle. Non era controllabile. Cosa potevo farci? Non ebbi tempo per pensarci. Albert si prese per il braccio e mi portò fuori dalla stanza. -Devi parlare a Lotte- mi spinse contro il muro, non con il trasporto di Herman, ma con dolcezza.

-Lei non mi ascolta- improvvisai. Era diventato facile mentire. Troppo facile.

-Deve farlo, farà solo del male a Herman-

Se solo avesse saputo. Albert però non sapeva. Forse non voleva sapere. Forse guardava dall'altra parte. Era più semplice. Era mille volte meglio di credere che la propria moglie, una ragazza timida e dolce, quasi sottomessa, amasse un altro. -Lotte non ascolta mai, lei è uno spirito libero- e avrei desiderato essere come lei. Lotte non avrebbe esitato un istante a seguire il cuore. Lei non sarebbe mai stata ingabbiata dalla vita come me. Catene invisibili non l'avrebbero mai tenuta ferma.

Ma cosa stavo pensando? Ero dove avevo sempre voluto essere. Sposata a un uomo che avevo desiderato, con figli e una bella vita. Avrei dovuto dirgli tutto. Albert meritava la sincerità. Avremmo risolto quel problema insieme. Non ci riuscii. La lingua era pesante. La gola secca. Le tempie mi pulsavano.

-Ti prego, Vivi, io parlerò con Herman, tu parlerai con Lotte, questa follia si può fermare- mi prese le mani e le strinse. Cercai di ricordare come fosse stato bello un tempo lasciarsele stringere. Non era più così. Ora era solo normale. L'amore si trasforma in questo? In nulla? Però il mio cuore batteva ancora per Albert. Non poteva essere finita.

-Va bene- lo assecondai. Non potevo certo spiegargli la tempesta che avevo dentro. Non la capivo neppure io.

-Brava ragazza- strizzò l'occhio.

Gli sorrisi a mia volta, il cuore schizzato in gola. Mi sembrava di vedere la scena da fuori dal mio corpo. Uno spettro che fissa la vita di un'impostora. Ero una bugiarda della peggior specie. Ingannavo chi mi amava. Mi disgustavo da sola.

La principessa e la cocotte III: per amore e per vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora