IX. L'ISOLA

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Con l'arrivo di Lotte, Herman poté venire a trovarmi meno.

-Non la sopporto- sussurrò un giorno. Ci eravamo nascosti in soffitta, tra i mobili polverosi e i pavimenti scricchiolanti. Sotto le travi rigonfie per la pioggia entrata durante l'ultimo temporale potevo fingermi un'altra. Una ragazza innamorata e non una moglie infedele. -Io voglio solo stare qua con te-

-Non possiamo- abbandonai la testa contro la sua spalla. Perché era così difficile staccarmi? Perché faceva tanto male?

-Se tu volessi potremmo andarcene-

-Non che non possiamo-

Lui non replicò. Mi strinse con più forza. Come a dire senza parlare che lui per me ci sarebbe sempre stato. E sapevo che sarebbe stato così. Lui non mi avrebbe lasciata. Per quanto tempo ancora potevamo andare avanti così? Per quanto potevamo vivere due vite? Era tutto sbagliato. Forse ero sbagliata anch'io. Doveva essere così. Non ero una ragazzina. Ero una donna. Una moglie. Una madre. Come potevo essere così immatura? Eppure ogni volta che vedevo Herman tutto scompariva. C'era solo lui. Non riuscivo a descrivere ciò che provavo a parole. Era qualcosa di viscerale. La folle sensazione che lui fosse un pezzo di me.

-Non hai mai dubbi?- gli chiesi un giorno. Ce ne stavamo nascosti sotto i rami pendenti di una quercia. Un altro rifugio. Un'altra bugia.

-Su cosa?-

-Su di noi-

-Come potrei avere dei dubbi?- sorrise -Sei l'unica certezza che ho nella vita-

-Albert, i bambini, tua moglie, tuo figlio... non credi che... non credi che faremo loro del male?-

-E la nostra infelicità li renderebbe più felici?-

Era un modo di vedere che avrebbe potuto avere solo Herman. Solo lui poteva ignorare così le convenzioni, i sentimenti, i desideri altrui. Se ci avessero scoperti sarebbe stata la fine. A lui non importava. A me importava, ma non potevo evitare di andare da lui. Lacrime, singhiozzi, suppliche non sarebbero servite a nulla. Il mare mi travolgeva. Onde che mi spingevano sott'acqua. E io stavo affogando. Forse mi aggrappavo a Hermann perché speravo di salvarmi. Di non affogare completamente.

La notizia che saremmo dovuti andare su un'isola della Cornovaglia ruppe questo circolo di fughe, nascondigli, baci. Albert me lo comunicò in privato, in camera da letto.

-A quanto pare la famiglia di mia madre possedeva anche un'isola... incredibile, no? Tra un po' scoprirò di essere re di un piccolo regno e che non l'ho mai saputo-

Mi sforzai di ridere, sapendo che gli avrebbe fatto piacere. -Quindi partiamo per il tuo piccolo regno?-

-Sì, direi proprio di sì- disse allegramente -ci saranno molte cose da fare, ho chiesto a Herman di aiutarmi con la burocrazia, è più pratico di me-

-Herman?- sussurrai quel nome. No, non poteva venire Herman, perché questo avrebbe voluto dire che...

-Ci saranno anche Margaret e sua figlia Gwen-

Sentii un groppo in gola, ma mi sforzai di annuire, di dissimulare la mia ansia. Non doveva sapere.

-Ottimo- dissi.

-Sei certa che la presenza di Margaret non t'infastidisca?- domandò con dolcezza, accarezzandomi il viso. Le sue dita erano gelide e ruvide. Mi diedero fastidio. Razionalmente non erano poi così diverse da quelle di Herman. La ragione però non poteva nulla contro quello che sentivo.

-No, non m'infastidisce- mentii.

Albert sorrise. Piccole rughe gli corsero intorno agli occhi. Sembrava realmente sollevato. -Bene... immagino che tu e Margaret non diventerete mai amiche, ma mi fa piacere che andiate d'accordo... a proposito, ho saputo che Margaret è diventata amica di Lotte-

-Verissimo-

Lui annuì. -Quelle due insieme... non mi piace... Lotte potrebbe farlo per portarle via Herman-

Stavo per mettermi a ridere e dirgli che Herman semplicemente non era interessato a mia cugina, poi mi ricordai che Albert credeva che la lettera d'amore fosse di Herman per Lotte. Restai quindi in silenzio.

-Credi che debba parlarne con lui?-

-Non penso che sia il caso- mormorai. Sarebbe stato davvero un problema se fosse venuto fuori che la lettera era per me.

-Allora dovrò vegliare in silenzio-

-Bravo, come un cavaliere- lo punzecchiai.

-Sì, sono un vero cavaliere- e mi strinse a sé. Persi il conto dei suoi baci. Sorrisi, risi, lo abbracciai. La mia mente era altrove. Il senso di colpa mi soffocò. Lo ignorai o perlomeno mi sforzai.

Una settimana dopo prendemmo la nave per arrivare all'isola. Fu un viaggio breve, ma il mare era agitato e dovetti lottare contro la nausea. Lotte invece sembrava completamente a suo agio. Giocava con i bambini, in particolare con Adam, che saltava sulle sue ginocchia.

-Inspira ed espira- mi diceva Albert, sostenendomi con un braccio intorno alla vita. Io me ne stavo appoggiata con entrambe le mani alla larga balaustra della nave, le unghie che si conficcavano nel legno.

-Mi sento male- gemetti, il sudore freddo che m'imperlava il viso e il corpo.

-Cerca di respirare a fondo-

L'aria, carica di salsedine, insieme al tremore della nave, mi faceva solo aumentare la nausea. Chiusi gli occhi. Puntini neri invasero le mie retini. Mi sentivo mancare. Gocce d'acqua di mare mi finivano sul viso.

-Non manca ancora molto- mi rassicurò Albert. La sua stretta si fece più forte.

-Sempre troppo per me-

-Mamma- la voce timida e preoccupata di Julien mi fece voltare. Era in piedi a qualche metro da noi, lo sguardo brillante di agitazione. -Stai bene?-

-Sì, non è nulla- mentii. Mi sarei addirittura buttata in mare per far finire quell'agonia.

-Torna pure di là- disse Albert, con tono pacato.

-Voglio stare qua- replicò Julien.

-Puoi stare- gli dissi, dolcemente.

Julien mi sorrise e corse ad abbracciarmi. Lo strinsi forte.

Quando finalmente la nave si fermò stetti un po' meglio. Mi sentivo più leggera. Barcollai comunque e fui costretta ad appendermi al braccio di Albert, come una malata.

-Sei bellissima perfino così- mi sussurrò, prima di stamparmi un bacio sulla punta del naso. Avvampai, poi sorrisi. Erano belli quei gesti di puro affetto. Mi sentii una sciocca. Perché non riuscivo ad accontentarmi di questo? Avevo davvero bisogno di Herman? Spostai lo sguardo e vidi che Lotte mi fissava con due occhi capaci di farmi a pezzi. Gelosia, sempre la solita e vecchia gelosia. Guardai altrove.

La casa di Albert si trovava su un'altra scogliera. Dovetti ammettere che era bella, seppur semplice.

-Adam... a chi arriva prima alla porta- urlò Lotte, prima di mettersi a correre. Mio figlio la seguì nonostante le urla del padre.

-Potrebbe farsi male- sussurrò, scuotendo la testa.

-Nulla ferma Adam- replicai -sembra suo padre-

-Forse un po'- mormorò cupo. Sembrava che gli desse fastidio che Adam rincorresse Lotte. Come un tempo aveva fatto lui. Scacciai questo pensiero. Era successo solo una volta, in fondo. Albert non si era più intrattenuto con Lotte... non che io ne fossi a conoscenza, perlomeno. Era meglio non pensarci.

La principessa e la cocotte III: per amore e per vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora