I'll make my way home

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🗣️Mick POV

Parcheggio la macchina sotto casa di Crystal.
Un tempo per me questo significava avere un momento di pace, un tempo adoravo venire qui.
È stata la mia prima ragazza, la prima di cui mi sono innamorato...era molto importante per me, fino a che non ho scoperto chi era veramente, fino a che non ho saputo di mio fratello. Fino a che poi non ho trovato Isabelle e ho capito che in confronto il mio sentimento per Crystal non era niente. 

Rimango impuntato davanti al citofono, poi mi allontano un po', alla fine mi avvicino di nuovo.
Stavolta premo sul campanello e aspetto che la sua voce arrivi dal piccolo schermo.
Non ci mette molto.

"Si? Chi è?"
"Sono Mikael, posso entrare?"
Passano attimi di silenzio in cui credo che lei abbia chiuso la comunicazione, invece dopo poco mi risponde.
"Si. Entra pure" sento lo scatto secco che apre il portone, poi la raggiungo.
Attico.
Il suo appartamento è un attico in centro, un regalo di suo padre.

Mi apre la porta poco dopo essere sceso dall'ascensore.
"Ciao, non ti aspettavo"
"Nemmeno io pensavo sarei mai tornato, ma...possiamo parlare?"
Lei mi sorride "Si, certo" mi fa passare.
Noto subito che casa non è cambiata per nulla, se non per alcune cose che mi indicano la presenza di un neonato in casa.
Seggiolone con sicurezze al tavolo della cucina, giochi in salotto, libri da neonato, alcune tutine lasciate in giro, un ciuccio sul tavolo.
Cazzo.

Mi volto verso di lei "Allora è vero"
"Non ti direi mai una cazzata così grande, lo sai. Mi conosci"
"No, non ti conosco. Non ti conosco più ed in quanto a cazzate...anche lì devo dirti che ti sbagli"
Lei sorvola, come ogni volta che le dici qualcosa che non le piace. "Lo vuoi vedere?"
Vederlo lo renderebbe più reale ed io...se fosse veramente mio figlio, Isabelle non tornerà mai da me.
Ma allo stesso tempo se fosse mio figlio vorrei vederlo. Vorrei conoscerlo. 
Mi pizzico il ponte del naso perché non so che fare.
"Avanti. Dovrai vedere tuo figlio prima o poi"
"Non è mio figlio." Lei sbuffa una risata.
"Dovresti accettarlo."
La guardo "Dov'è?"
"Nella sua stanza, sta dormendo"
Ecco avuta la mia risposta. "Lascialo dormire allora. Non posso svegliarlo."
"Non inventarti scuse. Hai appena suonato al campanello e non ha fatto nemmeno un verso."
Dio santo.
Con un cenno del capo mi porta fino alla stanza del bambino.
Ha calato le tapparelle, in modo da rendere tutto buio, le uniche luci che si vedono sono proiettate da un animaletto che suona una ninna nanna per lui, mentre proietta mille luci al soffitto.

Senza nemmeno accorgermi di averlo fatto sono accanto alla culla e lo guardo. Le mie gambe hanno deciso per me.
Ha una tutina blu, dorme tranquillo nella sua culla abbracciando un peluche.
Mentre lo osservo il suo viso si scioglie in un sorriso.
È bellissimo.

Mi allontano subito, facendo in pratica un balzo all'indietro.
Crystal mi segue incuriosita.
"Che succede?"
"Che non è mio figlio" Sentenzio freddo.
"Si che lo è. Il fatto di non volerlo accettare non cambia il fatto che il suo DNA ti appartiene"
"Sta zitta"
"No. Ora mi ascolti. Ho fatto una stronzata a lasciarti, e prima ancora ad iniziare una relazione con tuo fratello; ma ora non puoi negare che quello è tuo figlio solo perché ti va, perché sei arrabbiato con me.
Sono pronta a crescerlo insieme a te, ne abbiamo bisogno, non credi? Soprattutto, ne ha bisogno lui. Ha bisogno di suo padre."
"Che abbia bisogno di un padre posso capirlo ed accettarlo, ma come fai ad essere certa che sia io?"
"Perché tu eri il mio ragazzo!"
"Guardami negli occhi e dimmi che nel periodo in cui lo hai concepito, venivi a letto solo con me"
Lei tentenna, mi guarda negli occhi ma non risponde immediatamente.
"Lo sapevo. Non lo dico nemmeno amaramente. Lo sapevo davvero. Sapevo che era così, per questo ti dico che quello non è mio figlio"
"Ne sei così sicuro?"
Il nostro parlare in modo accesso davanti alla cameretta del bambino deve disturbare il suo sonno, poiché lo sentiamo lamentarsi per poi piangere pochi istanti dopo.
Crystal si avvicina alla sua culla per prenderlo tra le braccia e cullarlo. "Vuoi tenerlo un po' te?"
"No grazie. Ti aspetto in cucina"
La sento sbuffare, ma non insiste ed io mi ricavo il mio posto in cucina, su una sedia accanto all'isola.

A T E L O P H O B I ADove le storie prendono vita. Scoprilo ora