Le gocce di pioggia corrono giù lungo il vetro della piccola finestra presente nella stanza dalle pareti umide. Apro gli occhi lentamente, la testa mi duole, non so dove mi trovo faccio fatica ad abituare gli occhi a questo posto.
Massaggio la nuca indolenzita per la posizione scomoda in cui ho dormito, mi guardo intorno cercando di capire dove sono finita, ma oltre a delle pareti spoglie e lugubre, una sedia nell'angolo sotto la finestra e questo materasso sporco non ho idea di dove Ezio mi ha portata.
Lui è l'ultima cosa che ricordo prima di aver chiuso gli occhi, ha premuto qualcosa sopra la mia bocca per farmi perdere i sensi e svenire.
Alla fine è riuscito nel suo scopo, rapirmi.
Mi alzo in piedi avvicinandomi alla porta, premo sopra la maniglia e questa sorprendendomi si apre, vi è un corridoio e delle scale.
Forse dovrei procurarmi un arma prima di lasciare questa stanza, nel caso dovessi incontrare qualcuno armato.
Cerco ancora nella stanza ma non sembra esserci niente che possa fare al caso mio, poi qualcosa attira la mia attenzione, da sotto il materasso spunta un bastone rigido, posso usarlo per difendermi nel caso ne avessi bisogno.
Percorro il corridoio stretto e salgo le scale, non sento rumori ne ci sono persone in giro, non mi rilasso, potrebbero sbucare da un momento all'altro.
Giro l'angolo e mi ritrovo in un altro corridoio, ma differentemente da dove mi trovavo questo sembra meno desolato. Ci sono due porte una delle due si apre mentre l'altra è chiusa.
Entro nella prima, quella che si apre e posso notare che è simile a dove mi sono svegliata io, eccetto per il materasso che non è sul pavimento ma su una rete, mi avvicino e noto che tra le lenzuola stropicciate vi è una foto.
Appena la prendo tra le mani sussulto, il mio cuore inizia a palpitare nella foto ci siamo io e Momi, ci troviamo in ospedale è del giorno in cui è nato.
Lui era quì, si trovava in questa stanza e adesso...
Devo continuare a cercare, dentro di me sento che è vicino.
Qualcosa però punta alla mia testa, la riconosco subito, è una pistola stringo con forza il palo e girandomi colpisco la persona che è dietro di me, questo mugugna e si accascia al suolo, non ha perso i sensi è ancora sveglio ma la pistola non è più tra le sue mani.
E lo colpisco una, due, tre volte...fino a farlo svenire.
Un rivolo di sangue scorre dalla sua fronte e sporca il pavimento bianco. Prima di uscire dalla stanza prendo la sua pistola, ci sono diversi colpi al suo interno, almeno potrò proteggermi se dovessi incontrare altri uomini di Ezio, oppure lui stesso.
Ciro mi ha fatto vedere come impugnare un arma, come caricarla, togliere la sicura...inizialmente non voleva.
Diceva che era troppo pericoloso per me, e che se avessi iniziato ad usarla sarei diventata come nostro padre e come lui.
La vita che conduce Ciro in Germania è molto diversa da quella che faceva quì a Napoli, non voglio nemmeno immaginare quante volte rischi la vita, so che prima o poi piangerò per lui, e non posso fare niente per fargli cambiare idea.
Varco un altra porta ritrovandomi all'ingresso di un salone molto grande, come pensavo Ezio non mi ha portata in quella fabbrica abbandonata, ma forse sono dove lui si è nascosto fino a poco fa per questo non riuscivamo a trovarlo.
Vi è una scala possente che porta al piano superiore e un altra porta di fronte a me, non so cosa fare se salire oppure andare dritto, il portone alle mie spalle è la mia via d'uscita.
Ma se è vero che Momi si trova qui non posso andare via senza di lui, sono quì per un motivo.
Ad un certo punto sento dei passi frettolosi avvicinarsi, mi nascondo dietro una tenda seppur un nascondiglio stupido ed è facilmente sgamabile, è l'unico che posso usare in questo momento.
Tre uomini, uno di loro è Ezio riconosco la sua voce.
Parlano di cose che non capisco, lui ordina ai due uomini di andare in città e fare una consegna, dopo poco ne arriva un quarto e io sono nei guai.
Dice che è stato nei sotterranei e che la mia stanza è vuota, e quella in cui penso ci sia stato Momi, ha trovato invece uno degli uomini disarmato.
Ezio allora manda i due uomini fuori, mentre dice all'altro di radunare gli altri e guardare in giro, sa che non mi sono allontanata molto.
E quando rimane solo lui, esco da dietro la tenda e lo colpisco alle spalle, non troppo forte da farlo svenire, nel momento in cui gira la testa si ritrova con una pistola puntata in faccia.
-Che vuliss fa cu chell?- Indica la pistola coprendosi la testa con una mano, non sembra per niente avere paura che io gli possa sparare, anzi sa benissimo che non lo farei perchè la mia priorità è trovare mio figlio e lui è il solo che può portarmici.
-O' sai che voglj. Addo sta mio figlio?-
-E Carmine comm sta?- Lui sghignazza, si rimette in piedi, non sembra avere armi o altro, io non abbasso la pistola.
-P' tua sfortuna sta buon, ma ij nun tagg chiest e iss-
-Nun er intenzion mij ro accire'r, l'er sul spaventà-
-Puortm addu iss...- Insisto con mio figlio.
-Pienz ca quand o' truov ve ne putit ij ra ca?- Lui incrocia le braccia al petto. -Chistu post o può lassà sul e na maner, rind a nu fuoss-
Inclino la testa e sorrido, gli dico che il primo a farlo sarà lui.
Ezio smette di sogghignare, indurisce la mascella e scatta verso di me, cerco di colpirlo con il palo, lui lo scansa e mi disarma.
Allora punto la pistola e parte un colpo, ma indietreggiando sbatto le spalle contro una colonna e perde l'equilibrio, lui mi colpisce allo stomaco. Mi piego su me stessa, cerco di individuare la pistola lui però mi stringe il maglione tirandomi su avvicina il suo viso al mio.
Mi minaccia dicendo che se ci proverò ancora, non esisterà a premere il grilletto contro di me e togliermi la vita.
Dopo spedirà un pezzo di me a Carmine per fargli vedere che cosa ha perso, ma le sue minacce non mi fanno paura, per anni le ho sentite uscire dalla bocca di mio padre contro i suoi nemici, ma anche ai suoi uomini.
Per questo il mio sguardo è divertito, non c'è ombra di paura nei miei occhi, lui sgrana lo sguardo e mi lascia andare.
-E venì cu mmè-
Infila la pistola nella cinta dei pantaloni, aspetta che io lo segua, con la mano sopra la pancia lo faccio. Non ho più la pistola per difendermi, non mi resta altro da fare che assecondarlo, mi importa solo di mio figlio, solo di lui.
STAI LEGGENDO
Nisciun è comme te p' me [Piecurosa]
FanfictionSequel di The Piecuro's family: Massimo e Futura Di Salvo - Un tempo credevo alle favole che mi raccontava mio fratello, la famiglia per me è sempre stata tutto. Poi ho aperto gli occhi e mi sono accorta che le cose belle si leggono solo nei libri...