Capitolo 18

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La temperatura si abbassa rapidamente mentre grandi nuvole nere, basse e gravide di pioggia, cominciano ad avanzare veloci verso il mare, preannunciando lo scoppio di un violento temporale. Il cielo e il mare perdono i loro meravigliosi colori per lasciare il posto al grigio, al blu e il sole è ormai sparito oltre l'orizzonte.
Mi stringo nel cappotto sentendo improvvisamente freddo, il vento attraversa la mia pelle insinuandosi sotto di essa fino alle ossa, le lacrime bagnano le mie guance mischiandosi al temporale. Piccole gocce d'acqua cadono dal cielo posandosi tra i miei capelli, sopra le mie spalle, bagnano le mie mani e la foto che ancora stringo tra di esse.
Vorrei che Carmine fosse quì con me, per stringerlo tra le braccia e sentire il suo calore, lui è l'unico di cui io possa fidarmi.
Mio fratello mi ha mentito, so che quando lo rivedrò ci sarà un accesa discussione tra di noi e non so se potrò perdonarlo per tutti questi anni di segreti e bugie.
Chissà da quanto lo aveva scoperto...
Rumori di passi frettolosi dall'interno della casa, voci ovattate, non capisco cosa dicono resto in disparte anche quando qualcuno esce in terrazza e mi dice che stanno arrivando. 
Non ho idea di chi siano, non me ne importa niente, forse è Ciro che ritenta un attacco contro il nostro nemico oppure magari questa volta è Donna Wanda, forse ha seguito le briciole che ho lasciato lungo il tragitto.
-Ce n'amma ij, nun e capit?-
E così vengo strattonata e tirata da qualche parte nelle grandi stanze della casa, gli uomini di Alina si preparano alla guerra, io sono così stanca di farne parte, sento un dolore dentro che non so spiegare.
Forse non è niente, ma mi fa male.
Mi giro verso la grande vetrata, appoggio la mano sopra il vetro sporco e guardo la tempesta fuori, forse devo solo stare ferma ed aspettare che tutto passi. Ma la tempesta è anche dentro di me, non posso fingere di non sentirla è troppo potente per calmarsi da sola.
Ho un vuoto dentro il petto, frantuma il mio cuore un pezzo alla volta da quando Alina mi ha rivelato dell'esistenza di mia madre.
Proprio lei che credevo morta da anni ormai, lei che ho sognato mentre ero in coma, ho creduto davvero di parlarle, ma forse ho immaginato anche quella scena come se fosse stata scritta per me, come se ne dovessi scoprire l'esistenza solo in quel momento.
È come se affondassi nell'oceano senza poi più riuscire a risalire, sapeva quanto tenessi a nostra madre, lui più di tutti avrebbe dovuto capire, non gli avrei mai nascosto niente e se l'avessi trovata, sarebbe stato il primo a cui lo avrei detto.
Sento una presenza alle mie spalle, non mi giro e lei prende parola.
-Adesso devo andare, tu puoi restare, ma ci rivedremo ancora non ho finito con voi-
-Qual'è o scop tuoj?- Le dico continuando a guardare fuori, la sento ridacchiare e poi uno dei suoi uomini la incita ad uscire dal retro.
-Vendicarmi di chi mi ha portato via mio padre-
Ed in quel momento mi giro, lei ha le mani unite, posso scorgere una pistola dentro la giacca lunga, non mi preoccupo se la prendesse, non potrei comunque fuggire la casa è circondata.
-Si vuò può accummincià a me-
Lei scuote la testa, guarda con stizza l'uomo che le dice ancora una volta di avere poco tempo, con un occhiata lo zittisce e lui torna sui suoi passi.
-No, Rosa è ancora presto per te, e di sicuro hai tante domande da chiedere a tuo fratello. Vi lascerò un pò di tempo prima di prendermi la mia vendetta-
-Si proprij patetica. Staj lottan p' n'omm ca nun cià pensat doj vot a lassà a te e mammet-
-So cosa stai cercando di fare, ma io sarò sempre un passo più avanti. Ci vediamo presto-
Indietreggia per poi sparire appena dietro l'angolo, torno fuori dove il cielo sta dando il meglio di se stesso, adesso ai nuvoloni grigi e scuri si sono aggiunti i lampi, non posso fare altro che osservare ciò che si presenta davanti ai miei occhi, ed ammirarlo.
La pioggia bagna la mia fronte, scorre lungo i capelli inumidendo le punte, scivola nella scollatura dei miei vestiti, il pantalone diventa una seconda pelle mentre i colpi di pistola si fanno più vicini. Il caos mi sta lentamente avvolgendo, mi manca l'aria, voci indistinte si avvicinano sono dentro la casa, girano nelle poche stanze alla ricerca di qualcosa e poi una mano si posa sopra la mia spalla.
-Pccrè comm' staj?-
Annuisco debolmente poi piano mi giro, Donna Wanda è dinanzi a me i suoi uomini perlustrano la zona, di sicuro alcuni sono caduti sotto i colpi di pistola.
Le mie labbra si muovono ma non ne esce alcun suono, Bruno il suo braccio destro l'uomo più fidato di Wanda si avvicina, mi prende in tempo prima che io crolli definitivamente.
-Puortl rind a machin, va fà ambress-
Le palpebre non vogliono restare aperte, mi stringo a queste spalle che non riconosco ma che nello stesso momento sono rassicuranti, per cui smetto di lottare, improvvisamente sento solo silenzio intorno a me. 

Nisciun è comme te p' me [Piecurosa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora