Capitolo 9

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Il mercoledì dopo Minho si trovò fermo davanti al cancello di una palazzina con gli occhi spalancati. Era un complesso di tanti appartamenti piuttosto nuovi e lussuosi. Aveva sbagliato? Né Jisung né la madre sembravano persone adatte a vivere in un complesso così costoso, una di quelle case doveva costare come tutto il quartiere dove viveva lui. Ricontrollò di nuovo l'indirizzo, ma sembrava proprio quello. Una persona normale avrebbe cercato il nome sui citofoni, ma Minho che non amava l'idea di dover parlare con le persone sbagliate per caso aprì le chat. Scattò una foto alla palazzina e cercò di mandarla a Jeongin per chiedergli conferma, ma sbagliò e la mandò nella chat di gruppo con i suoi quattro amici. Fu troppo lento a inoltrare a Jeongin e cancellare.

Seo Changbin:
Stai andando a casa sua?
Questo è il momento, la mia
ship sta diventando reale.

Lee Felix:
Che bello hyung, finalmente
hai capito che cosa provi :)

Hwang Hyunjin:
Mi raccomando non fare
cazzate Min. Qualsiasi cosa
pensi sia giusto fare, fai
il contrario. Non sei bravo
in queste cose.

Seo Changbin:
È un grande passo questo.
Vai e rendici fieri ♡

Bang Christopher:
Perché immaginavo già che
foste voi a farmi impazzire
il telefono? Che succede?

Lee Felix:
Minho hyung sta andando a
casa di Jisung :)

Seo Changbin:
Se ti dichiari voglio essere il
primo a saperlo, sono stato
il vostro primo fan.

You:
NON STO ANDANDO A
DICHIARARMI. Sono solo
venuto a trovarlo, mi ha invitato
lui, dateci un taglio, impiccioni.
Che poi dopo il racconto sulle
vostre dichiarazioni, voi due siete
proprio gli ultimi che possono darmi
consigli su queste cose.

Hwang Hyunjin:
LIXIE! GLIELO HAI RACCONTATO?

You:
Dici a me e dopo il bacio d Felix
non sei riuscito a formulare un
pensiero coerente per minuti interi.
E ha dovuto chiederti se stessi bene.

Lee Felix:
Ma amore c'eri anche tu quando
gliel'ho raccontato...

You:
E mister "vivrei
ovunque con te." che
fa l'uomo vissuto e si dichiara
come in un film per casalinghe
della domenica pomeriggio.

Seo Changbin:
Era una dichiarazione perfetta per
la situazione e davvero molto toccante,
io al posto suo mi sarei dato una possibilità.

Lee Felix:
Bin è sempre stato bravo in queste
cose.

Hwang Hyunjin:
Perché, io no?

Bang Christopher:
Dovreste studiare per gli esami
invece di pensare alla relazione di
Minho. Io vi silenzio, sto studiando.

E con un "silenzia gruppo" Minho concluse la conversazione, consapevole che aveva fatto il suo lavoro e sarebbero andati avanti, ma non sarebbe più stato lui il topic principale. Aveva messo quella giusta dose di zizzania tra loro. Nel frattempo Jeongin gli aveva risposto e aveva confermato che quella era la casa di Jisung, aggiungendo a quale citofono doveva suonare e che non sapeva che quel giorno si sarebbero visti e che era contento Jisung lo avesse invitato. Staccò la connessione internet prima che anche lui potesse chiedergli come mai fosse lì. Sui campanelli c'erano due Han, uno con solo Han Jiwoo e uno con tre nomi, tra cui quello di Jisung e della madre. Suonò a quello, ma gli rispose comunque la voce di Jiwoo.
*Sali pure, così io posso tornare di sopra a casa mia, lo lascio a te.*
Inutile dire che gli stava sul cazzo come sempre. Una volta arrivato sul pianerottolo, vide Jiwoo che lo attendeva per farlo entrare, vestito come al solito come un modello. Ecco l'esemplare della famiglia che rientrava perfettamente nell'aesthetic della casa, fu il primo pensiero di Minho. Il maggiore si fece da parte per farlo entrare, ma rimase fuori.
"I miei tornano tra due ore, io torno a casa mia visto che ci sei tu. La stanza di Jisung è in fondo a sinistra, c'è il nome sulla porta, accanto alla mia vecchia stanza. Se avete bisogno sono su, ma tanto lui non mi vorrà."
"Hai mai pensato che ci sia un motivo se non ti vuole?"
Non riuscì a trattenersi. Jiwoo spalancò gli occhi e poi li ridusse a due fessure.
"Come scusa?"
"Vai pure a casa tua, ci penso io a lui."
E come se fosse a casa sua entrò e gli sbatté la porta in faccia, ignorando le sue lamentele. Alle sue spalle sentì una risata e quando si voltò Jisung era in piedi in fondo al corridoio, che guardava nella sua direzione con un'espressione soddisfatta e divertita.
"Tu sei proprio fuori di testa. Insulti il padrone di casa e lo sbatti anche fuori."
"Ha una casa sua quindi tecnicamente ora il padrone di questa casa sei tu in assenza dei tuoi." Gli rispose Minho tranquillissimo.
Jisung rise di nuovo e gli andò incontro, Minho fece lo stesso e si trovarono a metà strada. Prima che potesse dire qualsiasi cosa, Jisung gli posò le mani sulle braccia, risalì alle spalle, poi al collo e al viso, fino ai capelli.
"Non sembri cambiato in queste settimane, stesso corpo, stesso profumo, stesso brutto carattere. Sei proprio tu."
Minho si sentì avvampare e indietreggiò, colto alla sprovvista. Da quando era così spigliato da mettergli le mani addosso con così tanta naturalezza? Era vero che lo aveva già fatto diverse volte, ma mai così tranquillamente.
"Ti sono mancato così tanto?"
Jisung ritirò le mani e si voltò di scatto.
"Idiota." Commentò avviandosi. Era così carino. "Mi sei mancato."
"Anche tu." Non sai quanto.
Era chiaro che Jisung avesse passato davvero tantissimo tempo chiuso in casa perché si muoveva alla perfezione nello spazio. Mai una volta sbagliò strada o andò verso un ostacolo, conosceva alla perfezione la posizione di ogni cosa. Non gli ci volle nulla a condurlo alla sua stanza. Una volta che ci mise piede dentro, Minho capì che cosa aveva voluto dire Jisung nei suoi messaggi. La stanza del ragazzo doveva essere rimasta esattamente come prima che perdesse la vista. Minho aveva una casa molto essenziale, da sempre non era uno che amava i fronzoli, ma preferiva la praticità. Le cose giuste al posto giusto, era Hyunjin quello che amava abbellire e decorare, ma la casa di Minho era piuttosto minimal. La stanza di Jisung invece era estremamente personale, parlava di lui in ogni angolo. Alle pareti erano appesi poster di artisti internazionali, assieme a quelli di qualche anime o disegni fatti a mano e su una libreria c'erano una marea di dischi. Allo stesso modo su un'altra c'erano moltissimi libri, manga e film. In un angolo era appoggiata una chitarra e sulla scrivania c'erano moltissimi gadget a tema League of Legends e un pc da gamer con accessori di puro lusso. Tutto in quella stanza raccontava che cosa Jisung amasse e tutto ciò che aveva perso, o almeno la maggior parte delle cose. Non aveva mai provato pena per il minore, eppure in quel momento, vedendo quella stanza, sentì un peso nello stomaco. Jisung si mosse fino al centro della camera e poi allargò le braccia.
"Benvenuto. Sei la prima persona nuova a cui faccio vedere questo posto. Il mio posto sicuro."
Andò a sedersi sul letto, incrociando le gambe, e batté le mani sul materasso per invitarlo a fare lo stesso. Minho non perse tempo e lo raggiunse. Notò che sul comodino c'erano dei libri in Braille e sorrise, chissà se aveva ancora intenzione di leggere per lui in futuro.
"Mi dispiace di averti evitato in queste settimane, ma avevo bisogno di pensare un po' da solo." Iniziò. "Non volevo tenerti all'oscuro, ma mi serviva pensare solo a loro."
"Potevi dirmelo che cosa ti frullava in testa almeno."
Jisung evitò il suo sguardo, come se ci fosse qualcosa che non poteva dire. Aveva riflettuto solo su Seungmin e Jeongin o anche su altro?
"Scusa."
"Non importa, loro sono davvero felici e quindi va bene così. Ti mancavano."
"Sì mi mancavano. Hai sempre avuto ragione tu, non posso sostituirli con nessun'altro."
Minho sentì la stessa fitta che aveva avvertito al bar, come se fosse di troppo.
"Ma sai ho capito anche quanto tu sia diventato importante. Tutto ha ricominciato a girare da quando ci sei tu, io ho ricominciato a vivere e sono felice di farlo. Loro sono i miei migliori amici, ma tu sei..."
Fece una pausa, cercando le parole, mentre Minho tratteneva il fiato. "...comunque importante."
Minho seppe che c'era qualcosa di non detto rimasto sospeso tra loro e avrebbe tanto voluto sapere che cosa fosse, ma una parte di lui temeva quel qualcosa che aleggiava nell'aria e nessuno dei due voleva chiamare per nome.
"Non serve dirlo, so che cosa intendi, è così anche per me."
Ma il che cosa intendessero entrambi era proprio quella cosa non detta che da settimane aleggiava tra loro e che nessuno dei due osava chiamare per nome, perché dargli una forma avrebbe significato doverla affrontare. Gli infilò una mano nei capelli per spettinarlo e fece ciò che gli veniva meglio, cambiò discorso.
"Ti piace davvero tanto la musica, ci sono dischi e poster ovunque."
Jisung mosse la testa come se si guardasse intorno, ma Minho dedusse che stesse andando a memoria.
"Mh. Volevo fare il cantante, avevo iniziando facendo cover, poi modificando pezzi di canzoni e infine scrivendone da zero. Quando due anni fa sono andato via di casa per vivere con Seungmin e Jeongin è stato il periodo più fruttuoso. Ho scritto un sacco di canzoni."
Gli indicò il primo cassetto del comodino e gli disse di guardarci dentro. C'erano dei quaderni all'interno e quando Minho li aprì si trovò davanti una marea di quelli che gli sembravano scarabocchi, ma sapeva fossero musica, note, accordi, appunti per creare le sue canzoni. Ce n'erano tre completamente pieni, alcune avevano il titolo, come Run o Happy o Volcano, altre erano senza nome o forse nemmeno concluse. Minho notò che aprendo il primo cassetto, il secondo gli era venuto dietro e un quaderno spuntava anche da quello. Lo prese e lo aprì mentre Jisung aspettava una sua parola. Quello era pieno di testi, ogni pagina era piena di scarabocchi e correzioni che formavano intere canzoni. Alcune avevano lo stesso titolo di quelle dell'altro quaderno e dovevamo essere i testi associati a quelle melodie, altre erano ancora incompiute. Jisung era un tremendo romantico. Quei testi erano quasi tutti canzoni d'amore, ma per lo più erano canzoni malinconiche, tristi. Minho pensò che per non avere mai avuto una relazione quei suoi testi fossero tremendamente reali. Come faceva ad avere provato così bene tutte quelle sensazioni dell'amore senza mai aver amato nessuno?
"Riesci ancora a suonare?" Gli chiese.
Jisung assunse un'aria pensierosa.
"Non lo so, non ci ho più provato. Non mi va di sentire quanto sono diventato incapace."
"Perché non ci provi? Jeongin mi ha detto che hai una così bella voce, fammela sentire."
Jisung scosse la testa.
"Eddai, sono curioso. Non farti pregare, io sono riuscito a ballare di nuovo, tu puoi provare a suonare. Vuoi rimanere indietro?"
"Sei così testardo quando ti metti in testa qualcosa."
Minho sbuffò.
"Ma da che pulpito, se ci dessimo una testata me la romperesti di sicuro."
Jisung roteò gli occhi e gli diede un leggero calcio con la gamba, ma Minho non aveva intenzione di arrendersi e si alzò, prese la chitarra e gliele mise in braccio.
"Tu non sai proprio cosa significhi no vero?"
"Bravo, sei sveglio Han Jisung."
Jisung sospirò, rassegnato. Minho si sentiva sempre un clown perché non riusciva mai a dirgli di no, ma la verità era che nemmeno Jisung sapeva davvero dirgli di no e glielo aveva anche confessato più volte. Gongolava al pensiero di non essere l'unico pagliaccio dei due. Con un'espressione poco convinta, Jisung imbracciò la chitarra e cominciò ad accordarla, prestando l'orecchio e cercando di muovere le chiavette delicatamente. All'inizio non sembrava per nulla a suo agio ed era anche molto impacciato, ma mano a mano che passavano i minuti fu come se il suo corpo ricordasse gesti che aveva compiuto milioni di volte. Non poteva vedere, ma le sue mani toccava e le sue orecchie sentivano e questo bastava, non gli serviva altro. Gli aveva detto che il suo medico gli aveva consigliato di ricominciare a suonare perché la chitarra è uno strumento tattile diretto e ora capiva cosa intendesse. Ci mise diverso tempo, ma alla fine provò qualche nota. Poi di nuovo. E ancora e ancora. Minho vide un sorriso allargarsi sul suo viso mentre riprendeva sicurezza, sbagliava e si correggeva, adattava i suoi gesti a quello che poteva sentire. Pensò che avrebbe potuto guardarlo così per ore. Poi, dopo un tempo che Minho non sapeva definire, ma che aveva cambiato la luce nella stanza, Jisung cominciò a suonare in modo più o meno sicuro una canzone. Provò più volte la prima parte e poi ci aggiunse la voce. Minho capì che cosa intendeva Jeongin, il più piccolo aveva una voce assurda. Quando cantava la sua voce roca diventava più acuta, saliva e scendeva con una estensione impressionante, anche se era fuori allenamento. La canzone era una malinconica dichiarazione d'amore che Minho riconobbe, l'aveva letta sul suo quaderno, riconosceva pezzi del testo. Jisung aveva un talento per la scrittura, era come aveva detto Jeongin, si esprimeva tramite la musica e quella sua voce bellissima, tutto ciò che non diceva a parole era lì nei testi di mille canzoni scritte, corrette, abbandonate. Quando concluse spostò la chitarra da una parte e sollevò la testa.
"Bè... Ecco qua." Lo disse un po' a disagio, adorabilmente imbarazzato.
"Ji tu hai davvero un talento, non puoi abbandonarlo. Riesci a suonare, puoi farlo ancora, non devi lasciarlo andare. Devi... Devi conoscere Chris e Bin, voi tre insieme potreste fare grandi cose!"
"I tuoi amici?"
"Proprio loro, te ne ho parlato mille volte, compongono e cantano musica che pubblicano sul loro canale YouTube. Sono bravi, ma gli manca un qualcosa, in due sono incompleti, ma tu saresti perfetto."
Jisung apparve estremamente titubante mentre posava la chitarra a terra.
"Non credo sia il caso."
"Perché no? Faresti un favore anche a loro, dammi retta. Prova a conoscerli, per favore."
Ci pensò su, sembrava combattuto, leggeva l'indecisione nel suo sguardo, ma con una mano teneva ancora il manico della chitarra e non sembrava intenzionato a lasciarla.
"Sono a casa oggi?"
"Sì, stavano giusto lavorando a qualcosa."
"D'accordo allora, andiamo, avviso i miei che esco."
[...]
Quando Felix aprì la porta e li vide si illuminò. Guardò Jisung che si nascondeva dietro di lui con gli occhi che brillavano, come fosse un bambino a natale.
"Benvenuto!!"
Jisung voltò la testa verso Minho, con una domanda non detta stampata sul viso.
"È Felix."
"Con questa voce bassa?" Chiese sorpreso, probabilmente dalla descrizione che aveva fatto di tutti in macchina non trovava riscontro in quella voce, ma Minho lo capiva. Felix aveva l'aspetto di un angelo e la voce di un demonio.
"Ti stupirà, ma sì."
L'australiano non li aveva sentiti perché si era precipitato da Hyunjin e lo aveva tirato con sé, emozionato.
"Lui è Jisung!" Gli presentò tutto contento.
"Oh finalmente! Benvenuto, entra entra!"
Jisung si voltò di nuovo verso Minho.
"Questo è Hyunjin."
Jisung sembrò registrare tutte quelle informazioni e apparve pensieroso, forse perché stava cercando di associare nella sua mente le voci alle descrizioni estetiche che Minho gli aveva fornito prima. Continuava a tenersi nascosto dietro Minho, mantenendo una certa distanza dai due ragazzi. Felix e Hyunjin apparivano fin troppo emozionati di vederlo e Minho si chiese perché diavolo fossero lì quando lui aveva avvisato solo Chris e Changbin e teoricamente loro due dovevano essere fuori. Purtroppo avrebbe dovuto immaginarlo che avrebbero fatto la spia. Jisung mosse qualche passo incerto verso l'interno seguendo Minho, abbastanza titubante, appariva un po' spaesato nel nuovo ambiente. Felix e Hyunjin cercavano di capire che cosa dovessero fare per non metterlo a disagio ed erano alquanto ridicoli nel chiedergli aiuto con lo sguardo. Minho decise di risolvere la cosa accompagnando il minore davanti alla porta di Chris e bussando. Il più grande di loro aprì la porta e si illuminò a sua volta.
"Ehi benvenuto, io sono Chris, prego entra."
Jisung titubò, poi lasciò il braccio di Minho e prese quello di Christopher, sembrando subito a suo agio con lui. Era incredibile come quel ragazzo riuscisse a farsi amare da tutti e far stare tutti bene, ci era riuscito con Minho e ora ci era riuscito anche con Jisung. Lo invitò a sedersi, si presentò e gli descrisse la stanza, o meglio ci provò perché Changbin si mise in mezzo tempestando Jisung di parole e facendolo sobbalzare.
"Bin calmati, così lo stordisci."
"Ma era così tanto che ti volevo conoscere, non hai idea. Sei proprio come ti immaginavo."
"Anche tu." Gli rispose Jisung sarcastico e Minho rise nella sua testa perché sapeva che non era un complimento, considerando quello che si erano detti in macchina.
"D'accordo, allora vi lascio soli."
Fece per andarsene, ma Jisung lo prese per la felpa.
"Rimani. Per favore."
I suoi due amici si scambiarono uno sguardo eloquente, più Changbin che Chris, ma non dissero nulla e Minho si sedette accanto al minore lanciandogli occhiate malevole.
"Quindi Minho mi diceva che sai cantare e suonare e che hai una voce davvero bella." Cominciò Chris sedendosi davanti a lui e dandogli un colpetto, per fargli capire dove fosse. Minho era stupito, era tremendamente bravo a trattarlo e gli veniva naturale, un po' come era successo a lui, ma avrebbe dovuto immaginarlo. Christopher Bang era dotato della più raffinata capacità di prendersi cura di chiunque avesse davanti senza rendersene conto.
"Ha detto anche che scrivi, sembri proprio quelli di cui abbiamo bisogno."
"Io e Chris hyung componiamo e scriviamo, io sono un rapper e lui un vocalist. Pubblichiamo su YouTube, ma ci dicono sempre che ci manca qualcosa, una terza voce che unisca le nostre tonalità."
"Potresti essere tu quella cosa che ci manca, ti andrebbe di farci sentire?"
Jisung rimase un attimo avvolto nei pensieri, poi annuì.
"Però non voglio suonare, non mi sento ancora... a mio agio. E preferirei cantare una cover, le mie canzoni sono un po'... Grezze."
Nessuno ebbe obiezioni. Chiese a Chris di cercargli una specifica base, una canzone che era stata di gran successo l'anno prima. Ci mise tre tentativi per attaccarsi al momento giusto e non fermarsi subito, preso dal disagio. Minho gli appoggiò una mano sulla gamba e gli diede un colpetto, prima di ritirarla. Jisung fece un bel respiro e prese a cantare, mentre i suoi amici si illuminavano. Possedeva davvero una gran bella voce, era evidente anche dopo mesi che probabilmente non cantava più. Chris e Bin erano euforici, continuavano a guardarsi sorridendo. Quando Jisung smise di cantare posando il microfono che Chris gli aveva dato, sollevò la testa e alzò le spalle, come aveva fatto con Minho, con lo stesso ecco qua che aveva detto a lui. Changbin si sollevò dalla sedie e gli volò addosso, lasciandolo sconvolto.
"Ecco qua? Ma tu sei un miracolo, sei esattamente quello di cui abbiamo bisogno. Sei un segnale divino, questo sarà il nostro anno, me lo sento."
Chris intervenne subito per fare sì che il più piccolo di loro venisse liberato e potesse riprendersi dallo shock.
"Vacci piano, lo fai scappare così, ci serve."
"Vi servo?"
"Sei esattamente ciò che ci serve." Risposero gli altri due in coro.
A quel punto Minho si sentì di troppo quando i tre iniziarono a parlare tra loro, vedendo che Jisung acquistava sempre più sicurezza man mano che parlavano di qualcosa che amava e che finalmente poteva tirare di nuovo fuori, forse era la prima volta che ne parlava con qualcuno che lo capiva in quel modo. Gli chiesero se potesse provare a suonare qualcosa anche se era fuori allenamento, vide Chris che si sedeva accanto a lui mettendogli la sua chitarra in mano e lo guidava nei gesti e a quel punto uscì dalla stanza. Sì appoggiò al muro e sorrise. Non lo aveva mai visto così felice. In fondo, ma proprio in fondo, si chiedeva se anche con lui avrebbe mai potuto sorridere così, ma andava bene, perché gli sembrava di vedere finalmente uscire qualcosa che troppo a lungo era rimasto imprigionato. Il Jisung nella luce, nel mondo reale, fuori dalla stanza buia, tornato a vivere davvero. Sarebbe riuscito anche lui a fare lo stesso? Fu distratto dall'arrivo di Felix e Hyunjin che lo riempirono di domande, Felix era entusiasta di averlo finalmente visto e Hyunjin commentava quanto fosse effettivamente carino. Passò il resto del pomeriggio a cercare di tenerli buoni, finché gli altri tre uscirono e decisero di mangiarsi tutti insieme una pizza.
"Vuoi invitare anche Seungmin e Jeongin?" Chiese Chris a Jisung.
Lui scosse la testa.
"Ci ho già provato, ma sono impegnati, erano molto stupiti che fossi venuto qui. Minie ha detto di trattarmi bene o vi viene a cercare a casa."
Li aveva chiamati mentre venivano a casa dei due coinquilini in macchina e Minho aveva sentito la conversazione. Seungmin non sarebbe stato molto felice di quella serata. Con le pizze arrivarono anche una grande quantità di birre che Changbin aveva aggiunto all'ordine e dopo un po' di insistenza cominciarono tutti a bere. I suoi amici erano piuttosto bravi a trattare con Jisung dopo l'imbarazzo iniziale, doveva ammetterlo, forse perché avevano parlato con Seungmin, Jeongin e lui e avevano interpretato come Jisung volesse essere trattato. Erano molto più delicati del solito e ignoravano dove possibile la sua cecità. Ad un certo punto Minho uscì sul balcone mentre gli altri avevano circondato Jisung per chiacchierare, dimentichi della sua presenza. Dopo l'imbarazzo iniziale era scattata una scintilla tra Jisung e i suoi amici, sembrava trovarsi molto a suo agio con loro. Chris lo raggiunse dopo un po'.
"È un ragazzo fantastico. Ha un gran talento ed è molto simpatico se si sente a suo agio."
"Già. Lo è vero? Non l'avevo mai visto così. È più tranquillo quando è con me."
Il maggiore lo guardò negli occhi e dovette notare l'ombra che li attraversò.
"Con te è a suo agio, non gli serve fare il simpatico per affascinarti, te ne rendi conto vero? Hai pensato a quello che provi almeno un pochino?"
"Mh."
Chris sospirò, esasperato, e Minho ne approfittò per tornare dentro in fretta ed evitare altre domande.
Peccato che dentro la situazione in sua assenza fosse degenerata.
"Changbin! Ma quanta birra gli hai fatto bere?"
Jisung non aveva un bell'aspetto, continuava a ridere ed era tutto rosso. Felix non era messo meglio, Hyunjin manteneva una sua dignità ancora, mentre Changbin era l'unico rimasto sobrio, mannaggia a lui e alla sua ottima resistenza.
"Lasciagli godere un po' la vita, non è mica un bambino e mi fa morire dal ridere."
Felix annuì energicamente, appoggiando la guancia sulla spalla di Jisung.
"Ti adoro, perché ha aspettato così tanto a portarti da noi?"
E risero di nuovo tutti insieme, barcollando. Minho roteò gli occhi e scavalcò tutti per raggiungere Jisung e metterlo in piedi, lui gli si appoggiò addosso con tutto il peso e rise. Felix, che aveva spostato brutalmente, si gettò tra le braccia di Hyunjin che lo avvolse e gli baciò la fronte, ottenendo una risata e un bacio a stampo dell'australiano. Changbin si distrasse afferrando Jisung per la mano.
"Lasciacelo un altro po', antipatico."
"Mi sto divertendo un sacco con loro."
"Vieni con me, prendiamo una boccata d'aria principessa ubriachella, visto che qualcuno ti ha fatto bere un po' troppo."
Jisung non oppose nessuna resistenza e lo seguì sul balcone, appoggiandosi al davanzale. Minho si appoggiò accanto a lui e gli sorrise scuotendo la testa.
"Sono pessimi, mi dispiace."
"Ma che, era un sacco di tempo che non mi divertivo così."
Minho incassò il colpo, quella domanda che aveva pensato prima tornò prepotente.
"Neanche quando sei con me ti diverti così?"
Pose la domanda con finta noncuranza, ma sotto sotto aveva messo il broncio. Jisung si voltò verso di lui e rimase a fissarlo, come se lo stesse effettivamente guardando. Rimase così a lungo e poi si sollevò e cercò di nuovo il suo viso, come aveva fatto a casa sua.
"Con te è diverso, non mi serve ridere per stare bene. Mi piace anche solo il silenzio."
Era quello che gli aveva detto Chris. Mosse le mani sul suo viso, ma non in modo sgraziato come al solito, ma molto delicatamente, disegnando ogni riga del suo viso, ogni forma, tastando la pelle, cercandone le differenze. Minho sentiva il cuore pulsargli nelle orecchie, ma non si mosse. Sapeva che quella audacia era dovuta solo a tutta la birra che aveva in corpo, ma non desiderava altro che continuasse. Voleva che capisse come fosse fatto. Voleva che gli dicesse cosa pensava di lui, se pensava fosse bello, affascinante. Ormai era chiaro, provava qualcosa per lui. E questo era un casino, un grandissimo casino.
"Vorrei tanto che tu potessi vedermi."
Le mani del minore ebbero un fremito e vennero ritirate di botto, Minho si morse il labbro. Idiota. Che tasto aveva toccato, il peggiore che potesse toccare a Jisung. Si era lasciato trasportare e ora Jisung lo fissava con un'espressione indecifrabile, seria, e lo metteva a disagio. Minho abbassò la testa e si sentì un completo cretino. Poi alzò lo sguardo, pronto a scusarsi, ma spalancò gli occhi. Sul viso di Jisung stavano scendendo delle lacrime, teneva gli occhi fissi davanti a sé, su di lui, e lasciava che cadessero silenziose.
"Jisung?"
Il minore sollevò le mani e si passò i dorsi sulle guance. Le avvertì umide e se le portò davanti agli occhi, come se potesse vederle. Le sue spalle cominciarono a tremare, una smorfia deformò il suo viso e un singhiozzo ruppe il silenzio. Poi Jisung si nascose il viso tra le mani e iniziò a piangere. Era un pianto leggerissimo, appena percettibile, ma il suo corpo tremava e sembrava così piccolo. Minho ebbe il panico e gli appoggiò le mani sulle spalle.
"Che succede? Dio Ji scusami, sono un fottuto idiota."
Gli passò le mani tra i capelli, ma Jisung non lo stava ascoltando, perciò se lo tirò addosso e lo avvolse tra le braccia. Infilò una mano nei suoi capelli e gli accarezzò la nuca con delicatezza, continuando a scusarsi. Sapeva che normalmente non lo avrebbe mai visto piangere, ma in quel momento era molto più emotivo e quella sua reazione era sì stimolata dalla birra, ma permessa anche da essa. Cercava sempre di mostrarsi forte e indifferente alla sua condizione, come se ne fosse rassegnato, ma più volte in condizioni estreme Minho lo aveva visto cedere e quella era una di queste occasioni. Lo faceva sentire male pensare che l'avesse scatenata lui.
"Non importa se non puoi vedermi, ho parlato senza riflettere."
"A me importa e anche a te se me lo hai detto. In questa condizione non sarò mai come una persona normale." Gli disse con la voce rotta.
"Non è questo, tu mi vedi molto meglio di chiunque altro, è che... Vorrei sapere cosa pensi di me."
Jisung sollevò la testa lentamente e si staccò, asciugandosi il viso.
"Cosa penso io di te?"
"Sì. Scusami, non volevo farti stare male."
Sì passò il dorso delle mani sulle guance e si ricompose.
"Perché ti importa di cosa pensi di te?"
Minho ricordò di avergli fatto una domanda simile quella notte nel cortile della clinica e ricordava quanto evasivo fosse stato, purtroppo non fu da meno perché ammettere il perché sarebbe stato complicato.
"Non... C'è un motivo in particolare."
Jisung rimase a lungo in silenzio, poi rabbrividì e propose di tornare in casa, come se nulla fosse successo. Tuttavia lo evitò per tutto il resto del tempo fino a quando decisero di tornare. Quando arrivarono davanti a casa di Jisung in macchina, il minore si ostinava ancora a dargli le spalle, rannicchiato sul sedile. Minho lo scosse e si accorse che si era addormentato, tutta la birra che aveva bevuto con Changbin aveva fatto effetto, si strofinò gli occhi e lo guardò con lo sguardo arrossato dal sonno o forse ancora dalle lacrime di poco prima.
"Siamo arrivati."
Jisung si limitò a mugugnare e stiracchiarsi.
"Va meglio ora? Mi dispiace per prima."
Lui annuì e gli disse che era tutto okay. Scesero insieme dall'auto, Jisung con un passo un po' incerto, era chiaro non fosse abituato a bere, quell'andatura e il crollo emotivo di poco prima ne erano la prova. Minho lo accompagnò fino alla porta di casa, ma quando Jisung fu sulla soglia, con la porta mezza aperta, si fermò e si voltò di nuovo verso di lui. Nel suo viso leggeva qualcosa che non sapeva definire, come se avesse preso una decisione di qualche tipo. Forse era solo ubriaco e Minho sarebbe stato licenziato dalla madre per averlo fatto bere.
"Grazie per oggi. Non credevo di poter essere di nuovo così felice facendo musica. Mi hai ridato una cosa così grande che non so nemmeno come potrò ripagarti."
Il suo sorriso era così felice, nonostante fosse rosso come un pomodoro, che Minho seppe ne fosse valsa la pena.
"Hai fatto tutto da solo, io ti ho dato solo i mezzi per farlo. Grazie a te di avermi fatto entrare nel tuo posto sicuro oggi."
Jisung lo cercò con le mani e risalì lungo le braccia, fino a raggiungere il suo viso e avvolgere le sue guance. Lo fece in modo così spontaneo che Minho non se ne accorse nemmeno, perso a guardarlo negli occhi. Era così bello illuminato dalla luce fioca del pianerottolo. Era così bello.
"Non è più questo il mio posto sicuro."
Minho si sentì a disagio, era troppo vicino, gli teneva le mani sul viso, ma sentì anche che quella notte sarebbe stata unica e forse Jisung non sarebbe mai più stato così aperto e spontaneo verso ciò che provava per Minho.
"Oh. E ora quale sarebbe?"
"Sei tu."
E seppe che il suo cuore si era fermato e che il viso gli aveva preso fuoco. Una dichiarazione così diretta non se la sarebbe mai aspettata, sapeva che Jisung era un romantico, lo aveva capito dalle sue canzoni e da tante piccole cose, ma lui non era mai stato uno che apprezzava quel tipo di confessioni, anche se con Jun era stato decisamente molto sottone. Però qualsiasi cosa uscisse dalla bocca di Jisung era così sincera e diretta che Minho sapeva per certo non essere una moina, ma una verità. Una certezza. E la cosa lo fece sentire immensamente completo e spaventato al tempo stesso. Era ricambiato, per la prima volta nella sua vita, provava davvero qualcosa per qualcuno che ricambiava i suoi sentimenti, cosa doveva fare? Come si doveva comportare? Aveva ancora il diritto di essere ricambiato quando non aveva messo la parola fine ai sentimenti mai ricambiati di prima? E quei sentimenti come avevano fatto ad essere sostituiti così in fretta? Era sbagliato quello che stava succedendo? Si sentiva così impedito, aveva già avuto una relazione, eppure con lui era come fosse ancora un adolescente alla sua prima cotta. Jisung lo tirò delicatamente più vicino a sé e Minho gli andò dietro senza opporre resistenza.
"E tu sei il mio." Gli rispose senza pensare.
A quel punto Jisung si avvicinò del tutto al suo viso e gli appoggiò le labbra sulle sue. Un gesto velocissimo, goffissimo, così rapido che Minho pensò di averlo immaginato, poi lo lasciò andare come se avesse preso la scossa e Minho nello stesso momento lo spinse via, sconvolto da quello che era appena successo, in un gesto d'impeto che fece spalancare gli occhi del più piccolo. Intravide un espressione ferita sul suo viso.
"Perdonami, non avrei dovuto!"
Jisung si voltò di scatto e corse dentro, sbattendogli la porta in faccia e lasciandolo in piedi nel mezzo del pianerottolo come una statua, incapace di formulare un pensiero sensato e tornarsene a casa.
Che cosa era appena successo?

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One Step Closer || Minsung Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora