Quella notte non chiuse occhio. Le parole di Hyunjin gli rigiravano nella testa come un mantra, mentre un senso di disgusto verso sé stesso lo riempiva. Aveva perso anche la seconda persona più importante della sua vita ed era stata colpa sua anche in questo caso. Ma che diavolo di senso aveva la sua vita se tutto ciò che sapeva fare era distruggere chi aveva intorno? Si sentiva come una macchia di petrolio che si allargava e annegava tutto ciò che incontrava, come una malattia che dilaniava il corpo delle persone che amava. Cercò di prendere sonno per ore, ma senza nessun successo, la sua testa continuava a tornare a quel momento e ci rimuginava sopra. In tutti quei mesi aveva mai dimostrato a Jin quanto gli fosse riconoscente per ciò che faceva? In quelle ultime settimane aveva mai provato a cercarlo e chiedergli come stesse? Le risposte che si diede gli fecero male. Per mesi aveva pensato che fosse legittimo il suo comportamento, che fosse giusto che pensasse solo a quello che provava e a sé stesso, ma ora si rendeva conto che non era così. Per quanto il dolore potesse essere forte, niente giustificava il totale disinteresse che aveva avuto per Hyunjin dalla morte di Seongjun. Niente lo giustificava dopo che Jin lo aveva stretto per tutta la durata del funerale, trattenendo le lacrime per non crollare insieme a lui. Quanto difficile doveva essere stato? Quanta forza aveva dovuto tirare fuori per prendersi cura di lui? E mai una volta aveva parlato di come si sentisse lui, di quanto Jun gli mancasse, lo aveva sempre e solo ascoltato. Tutte quelle consapevolezze lo fecero sentire uno spreco di ossigeno. La mattina dopo e per tutti i due giorni successivi cercò di contattare Hyunjin senza successo. Cercò di andare a casa sua, ma non lo trovò. Il terzo giorno Felix lo contattò per chiedergli che fosse successo e Minho gli raccontò tutto, nella speranza che potesse dirgli qualcosa di come stava il suo amico. Felix gli disse che Hyunjin era da lui e Chris e che non voleva dire né cosa fosse successo né perché non volesse tornare a casa sua. In più non voleva che Minho venisse nominato e ora capiva perché.
Lee Felix:
Tu sai che mi piaci molto,
ma lui tiene a te davvero e
si sente ferito. Ha passato
settimane a dirmi che voleva
parlarti. Ad ogni tuo rifiuto
vedevo quanto ci restasse male
e quanto sta male ora, mi fa
soffrire vederlo così.You:
Mi dispiace Lixie,
mi dispiace davvero.
So che ho sbagliato, ma
devo riuscire a parlargli.Lee Felix:
Al momento non ne vuole
sapere, ma proverò a
parlargli. Devi fare qualcosa
hyung, non posso vederlo così.You:
Che cosa devo fare?
Come gli posso dimostrare
che ho sbagliato e che ho
capito il mio errore?
Se non ci sono riuscito fin'ora…
E se dovessi sbagliare di nuovo?Lee Felix:
Hyung solo tu sai che cosa provi.
Io non posso mettermi in mezzo
tra voi in questa faccenda.
Devi guardare dentro te stesso,
capire se e quanto Hyunjin è
importante per te e dirglielo.Dirglielo. Sembrava così facile. Felix aveva sicuramente le migliori intenzioni, ma non lo conosceva abbastanza. Minho non sapeva dire quello che provava. Non sapeva semplicemente esprimerlo. Come avrebbe potuto dimostrare a Hyunjin che teneva a lui se non sapeva dare voce a ciò che sentiva dentro? Per Lixie era facile, era la persona più limpida e trasparente che ci fosse. Se ti voleva bene te lo diceva, se ti amava ti baciava, se ti odiava ti teneva a distanza. Era cristallino e per quanto sempre gentile e pacato, sapeva essere chiaro su ciò che provava nel bene e nel male, mantenendo sempre la sua cordialità. A Minho era piaciuto da subito, sebbene non lo dimostrasse, nel silenzio in cui li osservava aveva trovato piccolo pregi in ognuno dei tre ragazzi che Hyunjin aveva introdotto a forza nella sua vita, ma non aveva permesso a nessuno di conoscerlo e capirlo. Perciò Felix non poteva dirgli ciò di cui aveva bisogno, perché l'unico che era mai stato in grado di farlo era Seongjun, l'unico a cui lo aveva permesso. In quei giorni decise di isolarsi dal mondo, declinò anche l'invito di Jisung con una scusa, nonostante prima non aspettasse altro, perché non sarebbe stato in grado di affrontarlo. Per giorni riportò a galla mesi e mesi di cose accadute per cercare di rimettere insieme ciò che provava, ciò che voleva dire a Hyunjin.
[...]
Il lunedì successivo ricevette un messaggio di Jeongin che voleva prendere il loro famoso caffè, ma declinò l'invito. Il martedì ci provò ancora e ricevette la stessa risposta. Il mercoledì lo pregò di accettare perché ci teneva davvero a quell'incontro e si propose anche di raggiungerlo a casa sua, se non voleva uscire. Minho non voleva assolutamente fare entrare nessuno in casa sua in quel momento per cui accettò di trovarsi al bar accanto al lavoro di Seungmin, il solito, pregando che nessuna commessa gli facesse domande. Non avrebbe potuto affrontare un'altra crisi in quel momento, aveva già troppi problemi. Non capiva perché Jeongin avesse insistito così tanto, non avrebbe voluto uscire di casa, tuttavia le domande ricorrenti del ragazzo l'avevano spinto alla fine ad accettare. Pensò che staccare la testa dai suoi pensieri avrebbe potuto aiutarlo a rimetterli in ordine. Il ragazzo lo aspettava nello stesso tavolo in cui era stato con Jisung e lo salutò allegramente quando lo vide arrivare. Minho si sedette al tavolo con il suo caffè.
“Non pensavo che saresti venuto davvero.” Gli confessò il più piccolo senza troppi giri di parole.
“Non lo pensavo nemmeno io.” Rispose lui cristallino, con un'alzata di spalle.
Jeongin rise di gusto.
“Capisco perché tu e Ji andate d'accordo, ha sempre amato le persone dirette e tu lo sei in maniera quasi fastidiosa.” Si lasciò andare a quel commento, ma poi sembrò pentirsene. “Scusami hyung, non volevo offenderti, era un commento di Seungmin.”
Minho fece una smorfia.
“Tranquillo, non avevo nessun dubbio che venisse da mister simpatia.”
E il suo sarcasmo fece ridere di nuovo Jeongin.
“Capisco anche perché non andate d'accordo, siete uguali.” Minho assunse un'espressione estremamente offesa a quel commento, lui e Seungmin uguali? Ma per carità! “Non fare quella faccia, Minie non è come sembra. Può apparire duro da fuori perché ha questa corazza spessa che hai anche tu, ma dentro è una delle persone più sensibili che conosca. Se tiene a qualcosa o a qualcuno ci mette tutto il suo cuore e soffre da morire quando la perde. Dice sempre che non vuole avere un animale domestico perché se gli succedesse qualcosa non ne sopporterebbe il dolore, nonostante la signora Han gli abbia sempre consigliato di prendere un cane perché li adora e ha un feeling speciale con i cuccioli.”
Per quanto trovasse antipatico quel ragazzo, non gli fu difficile immaginarlo giocare con dei cuccioli. Forse erano davvero più simili di quello che immaginava, incapaci di comprendere le persone, ma a perfetto agio con gli animali.
“Tra lui e Jisung hanno due bei caratterini, mi chiedo come abbiano fatto ad essere così legati.”
“Quello che conosci tu è un Jisung molto diverso. Ji è sempre stato una persona riservata, molto educata, piuttosto insicura. Ma era anche una persona super divertente che amava fare ridere gli altri, era un po’ una maschera che indossava per socializzare e farsi voler bene, per compensare la sua timidezza. Non si esprimeva bene a parole e non era così diretto. Quando ha perso la vista diceva sempre che non poter vedere come la gente lo guardava o se lo giudicava faceva sì che non avesse più paura di dire cosa pensava. È stata l'unica cosa buona della sua condizione. Ma è diventato anche molto più burbero e acido stando chiuso in casa.” Bevve un sorso di caffè. “Si è sempre espresso meglio con la musica, scriveva canzoni meravigliose. Sapessi che voce che ha, te l'hai mai detto?”
“Me lo ha accennato.”
“Eravamo coinquilini prima che iniziasse a stare male. Mi manca sentirlo strimpellare la chitarra.”
Lo disse con una tale dolcezza e nostalgia nella voce che Minho non poté trattenere un sorriso, immaginando quei tre seduti insieme, Jisung che suonava la chitarra e loro che lo ascoltavano. Anche se non riusciva a figurarlo mentre suonava, l'immagine sembrava molto dolce. Era curioso di quelle informazioni nuove che Jeongin gli stava formendo, ma lo era ancora di più di capire perché lo avesse chiamato lì.
“Perché mi stai dicendo queste cose?”
Jeongin ci pensò un attimo, muovendo distrattamente il suo caffè.
“In realtà speravo che mi avresti detto qualcosa anche tu di lui. Come sta. Come se la passa. Vorrei tranquillizzare un po’ Minie, anche se da fuori sembra arrabbiato non hai idea di quanto sia preoccupato. Sono mesi che si preoccupa, che ci rimugina, pensavo che forse parlare con te avrebbe aiutato.”
Minho incrociò le braccia e assunse un'espressione seccata. Lo infastidiva che lo avesse chiamato per cercare informazioni su Jisung, non era la loro spia.
“Non voglio sembrare uno stronzo, ma se sto cercando di riavvicinarlo a voi non significa che sarò la vostra spia.”
Forse avevano frainteso il suo desiderio di riavvicinarli, ma Minho considerava ormai Jisung un amico e non avrebbe mai tradito la sua fiducia.
“Non era quello che ti volevo chiedere. Vorrei solo… Lui sta bene? So che sei riuscito a farlo uscire, come hai fatto?”
Quelle domande colpirono molto Minho. Erano le stesse domande che si era fatto dopo ogni volta in cui si erano incontrati. Perché lui sì e loro no? Ma allo stesso modo si chiedeva perché Jisung sì e Hyunjin no? Che cosa era scattato tra loro? Che cosa si era messo in moto? Si rese conto che sentiva il bisogno di parlare con qualcuno e forse la cosa più facile era parlare con chi non sapeva niente di lui, chi era esterno a tutto questo, almeno dal suo punto di vista.
“Non lo so. Davvero. È come se ad un certo punto nel mezzo del nulla avessi trovato qualcuno che mi capisce ed è stato tutto una conseguenza. Vivevo nel buio e ho trovato lui e non so come, anche se sembra che sia io ad aiutare lui, lui sta salvando me. Però non capisco, perché lui sì e Hyunjin no…”
Abbassò lo sguardo. Il ragazzo davanti a lui sembrò pensarci lui, rigirandosi la tazza ormai vuota tra le mani, serio in viso.
“Me lo sono chiesto anche io e non penso che ci sia un motivo particolare. Siete semplicemente quello di cui ha bisogno l'altro in questo momento.” E lo disse senza risentimento nella voce. “Ma non è facile essere quelli che rimangono indietro sai? Forse lo ha fatto per noi, ma non ci ha mai chiesto se lo volessimo. Fa male vedere che qualcuno che non sei tu sta salvando la persona che volevi a tutti i costi salvare. Seungmin è emotivo e soffre per questa cosa, i suoi sentimenti lo rendono rabbioso e irrazionale, come un animale ferito. Io ho cercato di essere più razionale e capire perché lo ha fatto, ma non per questo mi ha fatto meno male. Mi sono sentito inutile quando ci ha cacciato e poi deluso da me stesso perché non sono come te. Siamo gelosi, in fondo, di quello che tu sei riuscito a fare. Vorrei solo che ad un certo punto ci riaprisse la porta.”
Abbassò lo sguardo e per la prima volta apparve triste, per un attimo Minho poté vedere in lui il ragazzino che era e si sentì morire dentro perché si rese conto che era esattamente quello che aveva provato Hyunjin. Dopo la morte di Seongjun lui lo aveva chiuso fuori e lasciato per mesi a bussare chiedendo di entrare e quel suono era l'unica cosa che gli aveva consentito di rimanere a galla. Tuttavia non gli aveva mai aperto, ma quando era arrivato Jisung non ci aveva pensato due volte ad aprirgli. Non era colpa di Hyunjin se non era in grado di capirlo, lui aveva fatto tutto quello che poteva e Minho non era mai stato capace di dirgli quanto gli fosse riconoscente. Voleva solo che ad un certo punto Minho gli riaprisse la porta o gli mandasse anche solo un messaggio ogni tanto da sotto di essa. Aveva cercato di salvarlo a modo suo e anche se era il metodo sbagliato forse, ci aveva provato. E così ci avevano provato Seungmin e Jeongin, mettendo da parte la loro vita, solo per salvare l'amico a cui tenevano di più. Guardò il più piccolo con grande dolcezza, una che di solito non gli apparteneva, e gli sorrise.
“Lo farà. Te lo prometto, lo farà.”
Jeongin sollevò lo sguardo e ricambiò il sorriso, pieno di fiducia. Forse aveva ragione Seungmin, era troppo buono e si fidava facilmente, ma Minho avrebbe fatto di tutto per mantenere quella promessa e ripagare la sua fiducia.
“E sta bene. Mi ha aiutato a salire di rango su LoL, ma è pessimo, non fa che criticarmi.” Jeongin apparve stupito, ma poi rise. “E alla fine l’ho sfanculato, Emerald di sto cazzo, se la tira in continuazione. Ha imparato a trovarmi seguendo la mia voce e riconosce se sono in una stanza dal mio profumo. Ed è testardo, Dio se lo è, ma ora si lascia aiutare.”
“Mi sembra incredibile quello che mi stai dicendo, ma sono anche… Felice? Vorrei vedere i suoi passi avanti. Ha ancora tutti quei lividi?”
“Li esibisce con orgoglio, quell’idiota.”
Jeongin rise ancora e guardò l'orologio.
“Minie tra poco stacca, devo andare, così torniamo insieme a casa. Sapevo che sarei stato felice di parlare con te, io non so come hai fatto, ma quello che mi hai descritto è un Jisung che pensavo di non rivedere più. Posso solo dirti… Grazie. Grazie hyung.”
E Minho sentì il viso accaldarsi a quel grazie e un senso di disagio, ma positivo, pervaderlo. Non era abitato alla parte dell'eroe in una storia. Non lo era davvero in realtà, non totalmente, era un dare e ricevere e quel grazie avrebbe dovuto dedicarlo ad entrambi. Jeongin si alzò.
“Parlerò un po’ io con Minie, capirà. Ma tu dovresti parlare con Hyunjin hyung, è chiaro quello che provi, ma forse lui non lo sa.”
E lo salutò lasciandolo lì con i suoi pensieri e con la consapevolezza che quella conversazione era servita tanto a Jeongin quanto a lui.
[...]
Raggiunse la casa di Chris e Felix dopo un'ora, prendendo diversi mezzi di trasporto. Rispetto a casa sua era scomodissima, ma non aveva avuto voglia di prendere la macchina, il viaggio serviva a prepararsi il discorso che doveva fare. Quando suonò il campanello era agitato e gli sudavano le mani, da fuori appariva tranquillo, dentro stava morendo lentamente di ansia. Ad aprirgli fu Felix che quando lo vide si illuminò.
“Era ora.” Gli disse con un sorriso, poi chiamò Hyunjin, ma non ottenne l'effetto sperato. Silenzio. Perplesso, Felix gli chiese di attendere e andò a bussare alla porta della sua stanza, che immaginava ora dividesse con Hyunjin dato che stavano insieme. L'idea ancora lo destabilizzava.
“Hyunie esci, c'è Minho per te.”
Silenzio. Felix gli sorrise imbarazzato mentre lo raggiungeva in casa.
“Hyunie dai, non fare così.”
Minho, che non aveva mai ricevuto il Nobel per la pazienza, non ci mise molto a spostare Felix e bussare con forza alla porta.
“Jin apri. Sono venuto per parlare. Non fare il moccioso, ho sbagliato, ma sono venuto a parlarti.”
“Va via. Non ti voglio vedere ora. Ho bisogno di stare un po' lontano da te.”
Un tic all'occhio gli annunciò che si stava incazzando. Era venuto con le migliori intenzioni ed il cuore in mano e il fatto che Jin avesse deciso di opporre resistenza come un ragazzino lo infastidiva. Fece per battere ancora, ma Felix lo fermò.
“Aspetta. Dagli tempo. Magari ora non è pronto…”
“Ma che diamine succede?”
Chris mise la testa fuori dalla stanza che usava come piccolo studio di composizione per la musica che pubblicava con Changbin su YouTube. Aveva le cuffie al collo e le occhiaie, doveva essere rinchiuso a comporre da un po’. Minho lo ignorò e prese a battere con forza contro la porta.
“Jin giuro su Dio, aprimi, voglio parlarti.”
“HO DETTO VA VIA.”
Stava per tirare un pugno alla porta quando avvertì le braccia di Christopher afferrarlo e tirarlo verso la porta. Provò a divincolarsi, ma l'altro lo aveva preso per bene. Lo portò sul pianerottolo e solo allora lo lasciò andare.
“Ma sei impazzito? Vuoi sfondarmi la porta? Ti ricordo che l'affitto è a mio nome e il proprietario può cacciarmi fuori per una cosa simile!”
Minho fumava, era livido di rabbia.
“Perché fa il moccioso? Perché cazzo non mi apre? Voglio davvero parlargli, ho pensato, ho capito, non era quello che voleva?”
Christopher, l'uomo che a differenza sua il Nobel della pazienza lo aveva ricevuto molteplici volte, scosse la testa.
“Sì che era quello che voleva, ma forse vuole farlo anche lui e non è ancora pronto. Ha bisogno di tempo.”
“Ma quanto tempo ci vuole?” Brontolò incrociando le braccia. Ricevette uno schiaffo sulla nuca da Chris.
“Chi è il moccioso ora?” Sospirò, probabilmente in cuor suo pensava che lo stessero facendo invecchiare precocemente. “Ascoltami. Per un attimo non pensare a te e pensa a lui. Cosa sarebbe giusto fare per lui?”
“Dargli una testata in bocca.”
Un altro schiaffo, più forte, sul braccio.
“Rispettare i suoi tempi!!”
Minho sbuffò e poi abbassò la testa. Rispettare i suoi tempi, certo. Ma come avrebbe messo a tacere quei pensieri e quel dolore sordo che provava? Come avrebbe messo fine a quel senso di colpa? Come avrebbe colmato la sua mancanza?
“Mi manca hyung…”
Lo sguardo di Chris si addolcì e, nonostante la resistenza, lo avvolse in un abbraccio. Era la prima volta che avevano una conversazione così intima e soprattutto che il maggiore si lasciava andare a quel comportamento che si solito usava con gli altri, ma Minho non gli aveva mai permesso.
“Anche tu a lui, ma ha bisogno di tempo come ne hai avuto tu. Io e Felix gli parleremo, si sistemerà tutto. Torna a casa e porta pazienza. Andrà tutto bene, felino brontolone.”
Suo malgrado Minho si sciolse nell'abbraccio di Christopher, anche se di solito non amava quel tipo di contatto, e capì che aveva ragione e non c'era niente da fare. Pensava che una volta raggiunta la soluzione sarebbe stato facile, invece tornare a vivere non era facile. E quando guardava fuori dalla stanza buia da solo faceva solo danni.
[...]
Si rese conto che stava ignorando Jisung da giorni, senza una spiegazione, quando il giorno dopo ricevette un suo messaggio.
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One Step Closer || Minsung
Romansa[COMPLETA] Lee Minho è uno studente di veterinaria la cui vita, mesi prima, è stata stravolta. Da allora per lui la sua esistenza ha smesso di avere un senso e ha semplicemente smesso di affrontarla, nonostante le insistenze del suo migliore amico H...