Capitolo 7

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Quella sera si era trovato con Hyunjin, Felix e Chris al solito locale. Incredibilmente era lui ad averli chiamati perché c'era qualcosa che era successo il giorno prima che doveva assolutamente raccontargli. Il fatto che fosse stato lui a chiedere quella uscita aveva sorpreso tutti e tre tantissimo, inutile negare che li aveva anche preoccupati, perciò erano accorsi ed ora stavano tutti e quattro seduti nel locale, in una sorta di circolo simile ad un ritrovo di alcolisti anonimi, con i tre che ascoltavano il racconto dettagliato di Minho.
[...]
“Vuoi venire da me questo sabato?”
Erano passate due settimane da quel pomeriggio con Hyunjin e ormai l'estate era inoltrata. Minho e Jisung continuavano a frequentarsi come sempre, anche se Minho aveva preso ad uscire più spesso con i ragazzi. Ormai nessuno dei due si stupiva più quando Minho faceva quegli inviti e la risposta era praticamente sempre affermativa. Allo stesso modo era diventato più frequente che proponesse di uscire e Jisung accettasse senza fare troppe storie, anche se ancora non era a suo agio all'esterno. Ancora sobbalzava ai rumori forti e si teneva stretto al suo braccio, ma era diventato più sicuro di sé e, siccome ad entrambi piaceva quel coraggio che stavano tirando fuori nell'affrontare di nuovo la quotidianità di una vita da ventenni, faceva molti sforzi. Quel giorno decisero di fare un passo in più e provare un nuovo locale un po’ più lontano. Capitava ancora che volesse tenerlo per mano invece che sottobraccio e Minho glielo permetteva, era diventata l'ennesima intimità instaurata tra loro che era passata inosservata ad entrambi. I tragitti diventavano sempre meno difficili e Jisung aveva meno imbarazzo nel mostrare la sua cecità, rendendo le persone più consapevoli di dover fare attenzione a non urtarlo. Quando entrarono nel locale, urla di bambini li accolsero e Jisung, spaventato da quel rumore improvviso, si aggrappò al suo braccio. Minho rise della sua reazione e il più piccolo gli diede uno schiaffo sul braccio, sbuffando offeso. Una bimba vestita da principessa si avvicinò a loro con in mano una corona di cartoncino. Non sembrava affatto timida e venne spedita verso di loro con un gran sorriso. Minho notò che diversi clienti indossavano corone di cartoncino e finti diademi mentre sedevano tranquilli ai loro tavolo e guardavano i bambini giocare divertiti. C'era uno striscione enorme di buon compleanno nella zona bambini e un marea di decorazioni a tema castelli, principesse e unicorni.
“Ciao!! È la mia festa di compleanno e siamo tutti principi e principesse, vuoi essere uno dei miei principi? Mettiti la corona!”
Tese la corona verso Jisung senza nessuna esitazione e rimase in attesa sorridendo. Era chiaro che non si fosse accorta della sua cecità. Jisung, non pensando che stesse parlando con lui, ignorò la bambina e si voltò a guardarlo, convinto che ce l'avesse con lui. La bimba quindi afferrò la sua felpa e la strinse, ripetendo la richiesta.
“Parli con me?” Chiese Jisung stupito.
“Aeri no! Lascia stare i ragazzi! Che ti ho detto? Non devi disturbare i clienti!”
La madre della bambina corse verso di loro e la prese per mano, inchinandosi e scusandosi.
“Non riesco a intercettarla quando entra qualcuno, si fionda da ogni nuovo cliente, sono mortificata.” E guardava il minore con molta pena, lei che si era accorta subito della sua condizione. Ma Minho si mosse prima che finisse la frase, prima che potesse provare pena per loro, e prese la corona dalle mani della bambina, mettendola sulla testa di Jisung che sobbalzò sorpreso.
“Ma che fai?”
“Certo che vuole, non trovi che sia un bellissimo principe Aeri? Il principe Jisung.”
La bambina annuì energicamente, completamente soddisfatta ed emozionata. I bambini erano un po’ come gli animali ed erano tra le poche creature umane con cui Minho riusciva facilmente a interagire. Jisung si tinse di un adorabile rossore mentre indietreggiava un po’ dalla bambina esagitata e cercava di nascondersi dietro Minho.
“Principe! Principe!”
Jisung gli mollò una gomitata con forza, facendogli uscire un gemito di dolore, e gli si avvicinò all'orecchio. Minho internamente stava morendo dal ridere per quanto risentita fosse la sua faccia.
“Questa me la paghi!”
Come al solito, per essere cieco Jisung era estremamente espressivo con gli occhi ed ora era palese che lo volesse morto.
“Principe Jisung, dobbiamo trovarti una principessa!” Esordì la bambina, battendo le mani e afferrando di nuovo la felpa di Jisung.
“Aeri basta, lasciali stare dai.”
Ma Jisung sembrava aver ritrovato il suo controllo dopo l'imbarazzo e la cosa non prometteva nulla di buono.
“No no va bene, non si preoccupi.” Il sorriso sul suo viso aveva del diabolico e non piacque per nulla a Minho.
Cercò la bambina con la mano e lei gliela prese subito, come se la sua condizione non la preoccupasse minimamente, troppo presa dalla sua festa di principi e principesse.
“Oh ma io ho già una principessa, è qui, la principessa Minho.” Le disse indicandolo, sapendo perfettamente dove fosse. La bambina si illuminò. “Non hai una corona anche per la mia principessa?”
Lei non perse tempo, lasciò la mano di Jisung, corse via e tornò con un finto diadema che mise in mano al ragazzo tutta eccitata. Jisung a tentoni cercò di infilargli il diadema, ma siccome gli faceva male, Minho sbuffò e glielo tolse di mano infilandolo da solo. Jisung gli controllò la testa con le mani per essere sicuro e poi scoppiò a ridere.
“Aeri non trovi che sia una bellissima principessa?”
“È più carino di una principessa femmina! Principe Jisung e principessa Minho.”
La madre continuò a scusarsi mentre la bambina correva via, pregandoli di non infastidirsi e giurando che l'avrebbe controllata meglio. Quando se ne andarono Minho sbuffò.
“Ti sei divertito vero?”
“Molto. Chi è la principessa ora tra noi? Non potevi sperare di farla franca, sei arrossito principessa Minho?”
“Non lo saprai mai stronzo!”
“Lo prendo per un sì.”
Jisung scoppiò a ridere di gusto e Minho ne approfittò per tirarlo vicino a sé e passargli un braccio intorno alle spalle.
“E-Ehi, ma che fai?”
“Sorridi principe Jisung, ci sto scattando una foto!”
Incredibilmente non fece obiezioni, gli chiese solo dove fosse la camera e dove dovesse guardare. Minho scattò la foto e la guardò soddisfatto, notando che Jisung sorrideva. Non seppe perché, ma fu molto contento, mise via il telefono e poi lo guidò al tavolo dove finalmente si misero seduti con i loro caffè. Jisung gli avvicinò il suo telefono e gli battè il braccio con la mano.
“Dimmi.”
“La foto… Me la metti come sfondo?”
A Minho andò di traverso il caffè.
“COME? Ma perché?”
“Perchè cambiare sfondo non posso farlo con l'assistente vocale.”
“Non quello, perché la vuoi? Non sai nemmeno come sia venuta.”
Jisung incassò quel commento con un'ombra negli occhi e un fremito del labbro che fece sentire Minho uno stronzo. Era sicuro che avrebbe tanto voluto poterla vedere. Voleva scusarsi, ma lui parlò per primo.
“Lo so, ma non importa. Penso che sia carina, è stato divertente. Mi piacerebbe pensare che sia lì quando prendo il telefono in mano… Dai principessa, non farti pregare.”
Minho non disse altro, si limitò a fare quello che gli aveva chiesto con il volto accaldato. Prima di dirgli che aveva fatto, sbloccò il suo telefono e fece lo stesso. La loro foto apparve sulla home del suo telefono, insieme a quella di lui, Jin e Jun che teneva come blocca schermo. Lo fece e pensò che non capiva le intenzioni con cui lo stava facendo. Era reale quello che pensava stesse succedendo o era la sua immaginazione? In fondo erano diventati grandi amici, teneva tantissimo anche a Jin e lo aveva messo come sfondo sul suo telefono, era la stessa cosa.
[...]
“Come fai a dire che sia la stessa cosa?” Esordì Felix sconvolto, interrompendo il suo racconto.
Hyunjin e Chris si voltarono e guardarlo sorpresi di quel suo improvviso intervento.
“Perché non dovrebbero esserlo? Chris hyung cosa tieni come sfondo?”
Chris sbloccò il telefono e lo mostrò. Era una foto di lui, Felix e Changbin quando erano andati insieme in vacanza in Australia a trovare le famiglie dei due stranieri.
“Visto? È la stessa cosa! Fammi andare avanti Lix, che poi perdo il filo.” commentò agitando la mano per zittirlo.
Felix sospirò e Hyunjin gli accarezzò i capelli con un sorriso, bisbigliandogli un “è fatto così”, mentre Chris rise di gusto commentando quanto fossero carini e che sembravano usciti da un drama, cosa che gli costò un calcio sullo stinco da Minho, ben assestato da sotto il tavolo.
[...]
Rimasero nel locale per circa un'ora. Il cielo fuori aveva iniziato ad annuvolarsi e un vento forte si era alzato, ma da dentro nessuno dei due si era accorto di nulla. Se ne accorsero quando misero piede fuori e la corona di Jisung volò via dalla sua testa, mentre si attaccava al suo braccio.
“Ma che diamine succede?”
Minho si strinse nella felpa. Per essere iniziata l'estate, faceva abbastanza freddo.
“Sta per piovere, sbrighiamoci.”
Ma prima che potessero fare un passo un tuono squarciò l'aria e Jisung sobbalzò violentemente, afferrando la sua mano con forza.
“Mi sa che è il classico temporale estivo, facciamo una corsa. E per favore lasciami la mano, me la stai stritolando.”
Ma Jisung non si mosse e lo tirò verso l'interno. Il suo viso appariva fortemente a disagio e i suoi occhi giravano intorno come quando era spaventato.
“Torniamo dentro…”
“Ma no dai ce la facciamo, poi si fa tardi e non riusciamo a leggere i capitoli che ci siamo detti ieri.”
Lo tirò a sé e gli strinse la mano, un altro tuono squarciò l'aria e il più piccolo tremò stretto al suo corpo.  Lo supplicò ancora di tornare dentro, ma Minho lo calmò dandogli un buffetto sulla guancia. Non pensava che avesse paura dei tuoni, ma sarebbero arrivati a casa in fretta e da lì tutto sarebbe stato più attutito. Lo tenne vicino a sé mentre cominciava a camminare, ma dopo il primo quarto di strada una goccia gli cadde sulla testa. Poi una seconda e una terza. In pochi minuti il classico temporale estivo preannunciato si riversò su di loro sottoforma di violento acquazzone e Minho tirò Jisung sotto una tettoia per ripararsi.
“Che facciamo?”
“Ci ripariamo e aspettiamo che passi, poi andiamo a casa.”
Jisung scosse con violenza la testa e lo tirò con forza. Ora era davvero terrorizzato.
“No! Portami a casa!”
“Sei matto? Diluvia!”
“PORTAMI A CASA MINHO! SUBITO!” gli strattonò la mano e continuò a tirarlo sotto la pioggia. “TI PREGO, PORTAMI A CASA!”
Gli leggeva il terrore nello sguardo. I suoi occhi correvano in giro spaesati e la sua mano lo stringeva con disperazione. Improvvisamente gli parve il Jisung di mesi prima che non sapeva nemmeno dove si trovasse, capì che qualcosa non andava. Sospirò e si tirò la felpa sulla testa, fece lo stesso con l'altro e poi gli prese la mano, iniziando a camminare a passo spedito sotto l'acquazzone. Non potevano correre perché Jisung rischiava di inciampare e farsi male, ma mantennero un ritmo serrato. Ovviamente dopo cinque minuti erano fradici e le felpe non erano servite a proteggerli. La strada fino a casa gli parve eterna, ancora di più perché Jisung gli si era stretto addosso e tremava a ogni tuono, continuando a supplicarlo di riportarlo a casa. Quando finalmente raggiunsero il pianerottolo del suo appartamento era zuppo e senza fiato, con Jisung ancora attaccato addosso. Appena aprì la porta il più piccolo si fiondò dentro e andò a rannicchiarsi sul tappeto, con la schiena posata contro il divano.
“Ji alzati, sei fradicio, ti ammalerai.”
Ma non lo ascoltava. Si era rannicchiato con le mani premute sulle orecchie e gli occhi chiusi. Sembrava minuscolo, zuppo e spaventato, come un animale selvatico. Minho corse in bagno, gettò via gli abiti fradici e infilò al volo la tuta da casa, prese due asciugamani e tornò indietro. Jisung non si era mosso. Minho gli si sedette vicino asciugandosi in fretta i capelli e lo avvolse in un grande asciugamano, ma quando l'ennesimo tuono ruppe il silenzio, il più piccolo lo tirò a sé e si rannicchiò contro di lui. Tremava, era spaventato come non lo aveva mai visto. Minho gli passò una mano nei capelli bagnati.
“È tutto okay, siamo in casa. Hai paura dei temporali? Non me lo avevi detto.”
“L'avevo un po’ superata, ma ora che sono cieco… Il rumore è così forte… Così forte, mi trema nelle orecchie, non lo sopporto. È come se sentissi esplodere qualcosa. Non ero mai stato fuori durante un temporale da quando sono così, uscivo molto poco prima. C'era un rumore così forte fuori... E il vento che fischiava, la pioggia, non capivo più nulla, c'era così tanta confusione... La sento ancora nelle orecchie. Tutto quel rumore...”
Ecco perché aveva voluto tornare a casa, fuori il rumore doveva essere anche peggio. Probabilmente i suoi sensi avevano iniziato a svilupparsi per compensare la vista e i suoni erano diventati più forti e netti. Minho lo avvolse tra le braccia, anche se era completamente zuppo, e rimase lì nei quindici minuti successivi, senza muoversi e parlare. Il più piccolo gli stava appiccicato e tremava ad ogni rimbombo. Restarono così finché fuori il temporale si allontanò e il rumore divenne solo un borbottio lontano. Solo allora Jisung alzò la testa e Minho ne approfittò per avvolgerla nell'asciugamano e iniziare ad asciugarli i capelli. Lui evitava il suo sguardo tenendo la testa bassa, sembrava tremendamente a disagio, aveva ancora le mani che tremavano.
“È tutto okay ora?”
Annuì senza rispondergli, ma Minho non aveva intenzione di lasciar perdere.
“Perché non me lo hai detto subito? Avremmo evitato tutto questo.”
Jisung abbassò ancora di più la testa, come se si stesse guardando i piedi che non poteva vedere.
“Non volevo rendermi ridicolo… Non volevo che lo sapessi...”
“Hai fatto cose ben più ridicole tranquillo.” Lo prese in giro.
Ma il più piccolo non rispose.
“Non sei ridicolo, tutti abbiamo paura di qualcosa. Io soffro di vertigini. Hyunjin ha paura dei ragni, strilla come una ragazzina di uno shojo manga. Lui sì che è ridicolo.”
Jisung sollevò la testa nella sua direzione e gli fece un mezzo sorriso, incorniciato dai capelli spettinati e l'asciugamano tra le sue mani. Per un secondo gli sembrò davvero bellissimo, avrebbe tanto voluto accarezzargli la chioma selvaggia, baciargli la sua ampia fonte, poi si riscosse. Ma a cosa stava pensando? Con un ultimo buffetto gli tolse l'asciugamano dalla testa e lo aiutò ad alzarsi.
“Devi toglierti questi vestiti fradici e farti una doccia.”
Lui scosse la testa.
“Vai a farla tu, io non… Conosco bene l'ambiente. Mi toglierò i vestiti bagnati e basta.”
Minho provò ad insistere, ma non ci fu verso, perciò lo aiutò ad indossare abiti asciutti e andò per primo a fare la doccia. Ovviamente non si era arreso, non aveva nessuna intenzione di farlo. Dopo la doccia si asciugò i capelli e ordinò tutto accuratamente e poi uscì, raggiunse il più piccolo e lo sollevò da terra senza troppi problemi. Lui annaspò, colto alla sprovvista, e gli tirò un calcio abbastanza doloroso, ma che non lo fece cedere. Lo lasciò solo una volta nel bagno. Non pesava poi così tanto, doveva essere dimagrito ancora rispetto a tempo prima, Minho pensava che avesse avuto una bella massa muscolare una volta, ma la stava perdendo tutta e lui era più forte, nonostante a sua volta avesse fatto il vegetale per mesi.
“MA SEI IMPAZZITO?”
“Ora tu ti farai una doccia o te la farò io. Ti ho disposto gli asciugamani alla destra del box, su un mobiletto alto più o meno come la tua vita. Shampoo e sapone sono a terra, lo shampoo è alto e sottile, il sapone basso e a forma di pino, lo senti tra le dita. L'acqua calda è a sinistra, quella fredda a destra. C'è un paio di boxer miei in cima agli asciugamani, usali, sono puliti. Poi me li riporterai lavati assieme ai vestiti. Non uscirai finché non avrai fatto.”
“È un sequestro di disabile, lo sai che rischi il linciaggio dalla società? Sei moralmente deplorevole.”
“Correrò il rischio, coraggio.”
Jisung era già stato nel suo bagno perciò gli bastò descrivergli in modo grossolano la stanza ed eventuali possibili cambiamenti. Uscì e si chiuse la porta alle spalle. All'inizio non sentì alcun rumore. Poi iniziò a sentire del trambusto e dovette resistere alla tentazione di entrare, poi il suono dell'acqua che scorre, altro trambusto, rumori indefiniti. Rimase in bagno una quantità di tempo immane, ma quando uscì era vestito, profumato e spettinato come al solito. Aveva i capelli umidi, ma per il resto era perfetto, anche se ci aveva messo una vita. Sì rifiutò di farsi asciugare i capelli e Minho sospirò, rassegnato alla sua tremenda testardaggine. Aveva notato con piacere in quell'ultimo periodo che la quantità di lividi sul suo corpo si era quasi azzerata, perciò decise che aveva ottenuto abbastanza risultati per ora, poteva lasciar correre. Mancavano ancora diverse ore al dopocena in cui Jiwoo sarebbe venuto a prendere il fratellino, perciò scelsero di continuare il libro che Minho stava leggendo a Jisung, come avevano programmato. Di solito il minore lo ascoltava con grandissima attenzione, ma quel pomeriggio dopo poche pagine si accasciò sul fianco profondamente addormentato. Minho ebbe il tempo di osservarlo, era la prima volta che lo vedeva dormire, sembrava così carino e tranquillo. Ogni giorno imparava di lui qualcosa di nuovo e dovette ammettere con sé stesso che anche lui, come Jisung, stava cercando di dargli una forma nella sua testa. Non fisica, come nel caso del minore, ma emotiva, un profilo, un'idea di come fosse davvero quel ragazzo dietro il muro che ormai avevano abbattuto tra loro. Si chiedeva come mai ultimamente si sentisse spesso in imbarazzo con lui o perché fosse sempre più curioso di immaginarlo. Si chiedeva anche come mai prima gli era sembrato così bello con i capelli umidi e gli occhi che lo fissavano anche se non lo vedevano. Scosse la testa e si alzò per mettersi a cucinare la cena per entrambi, mentre fuori aveva ripreso a piovere abbastanza forte. Jisung dormì un po’, quando si svegliò Minho stava servendo la cena e lo stava per chiamare, ma quando si alzò vide che vacillava perciò lo raggiunse in fretta.
“Ehi stai bene?”
“Mi gira un po’ la testa.”
Lo aiutò a sedersi di nuovo sul divano e gli appoggiò una mano sulla fronte. Scottava.
“Vedi che sei un cretino, ti avevo detto di toglierti subito quei vestiti bagnati e farti una doccia. Scotti.”
“Non importa, mi succede facilmente, chiamo Jiwoo e mi faccio venire a prendere.”
Cercò di alzarsi di nuovo, ma di nuovo sembrò che gli girasse tutto e tornò a sedersi con un brontolio.
“Oh no, tu così non esci. Dormirai qui stanotte.”
“Non esiste. Non voglio dormire qui.”
Prese il telefono dalla tasca prima che Minho potesse fermarlo e attivò la chiamata velocemente, visto che il fratello era registrato tra i contatti immediati. Quando dall'altra parte risposero, si schiarì la gola.
“Hyung vienimi a prendere… Come imbottigliato? E quando pensi di poter venire? No. No. Mi fai parlare?” Assunse un'espressione furente. “Ai miei comodi? Chi è che sarebbe ai miei comodi? Tu-”
Minho gli tolse il telefono di mano e sentì chiaramente Jiwoo brontolare e inviere contro il traffico, la pioggia e il fratello dall'area parte.
“Sono Minho. Non serve che vieni, stanotte può dormire qui tuo fratello.”
*Ti prego sì, grazie! Sono bloccato nel traffico e ho un appuntamento stasera, se vengo da te non ce la farò mai.*
Il suo totale egoismo lo disgustò, ma non disse nulla.
“Nessun problema. Avviserò la signora Han.”
*Ci penso io, grazie Minho, sei un amico. Diglielo a lui che è stata una tua idea o mia madre si arrabbierà con me.*
E gli chiuse la chiamata in faccia. Minho fece una smorfia, lui e Jiwoo NON erano amici.
“Mi stai davvero sequestrando, voglio andare a casa mia!”
“Jisung ti prego, non fare il moccioso. Ti lascio il mio letto, prendi un'aspirina e domani sarai come nuovo e tornerai a casa. È così tremendo rimanere qui?”
Jisung abbassò la testa e sembrò a disagio.
“No ma…”
“Ma?”
“Niente, lascia perdere.”
Che maledetto testardo. Nelle ultime ore gli sembrava di essere di nuovo in compagnia del Jisung che aveva conosciuto mesi prima alla clinica, perché era così ermetico? Dalla questione della foto sembrava aver messo distanza tra loro e non capiva come mai. Non mangiarono quasi nulla, Minho mise tutto nel frigorifero, ma costrinse Jisung a ingerire qualcosa, anche se non aveva fame, così che potesse mandare giù un'aspirina a stomaco pieno, poi lo accompagnò nella sua stanza.
“Dormirò sul divano, tu riposati.”
Fece per alzarsi, ma Jisung lo fermò. Sembrava star raccogliendo il coraggio di fare qualcosa.
“Non voglio che dormi sul divano in casa tua, non sarebbe giusto. C'è posto per entrambi qui, hai un letto enorme. Tu dalla tua parte, io dalla mia.”
Il cuore di Minho gli saltò in gola. Voleva che dormisse con lui? Lui e Minho nello stesso letto? Loro due insieme? Cioè, non c'era niente di male tra due amici, aveva dormito anche con Hyunjin in letti più piccoli, ma non sapeva perché l'idea lo agitava. L'idea di averlo così vicino, di sentire il suo calore e il suo respiro, come quella notte nel cortile, era strano. Era però anche stranamente piacevole. Perciò non obiettò. Lavò i piatti, pulì la cucina e tornò da Jisung. Il più piccolo sembrava essersi già addormentato, ma appena avvertì il suo peso sul letto aprì gli occhi e voltò il viso verso di lui. Minho gli appoggiò la mano sulla fronte e la sentì ancora calda.
“Come ti senti? Dovresti provare la febbre.”
“Non serve, so di averla. Purtroppo la sento. Ero uno che non si ammalava mai sai? Poi dopo che ho iniziato a stare male il mio corpo si è indebolito e tutti i medicinali che devo prendere non aiutano. L'ultima volta che ho avuto la febbre è durata cinque giorni e Seungmin è rimasto a casa mia con me per tutto il tempo, saltando le lezioni.”
Minho si stese al suo fianco, infilandosi sotto le coperte e appoggiando la testa a pochi centimetri da quella del minore. Si stavano guardando di nuovo e di nuovo Minho si scordò per un momento che Jisung fosse cieco. Vide qualcosa di tenero nei suoi occhi, come se quel ricordo lo rendesse felice, ma anche un'ombra, come se ne fosse triste.
“Tiene davvero tanto a te.”
Jisung mosse la testa e appoggiò la fronte sulla sua, per un secondo, poi la sollevò di nuovo.
“Lo so.” Fece una pausa, come se fosse titubante nel fare qualcosa, ci pensò un momento e poi parlò di nuovo. “Quando ho iniziato con le emicranie e le fitte e anche dopo aver perso la vista ho iniziato a frequentare l'ospedale. Per caso c'era questo ragazzo, Yujin, che spesso incontravo nella sala d’aspetto. Non so quale fosse il suo cognome o che aspetto avesse, ma ci eravamo presi in simpatia e parlavamo molto. Lui era la persona più vittimista e lamentosa che abbia mai conosciuto, parlava sempre come se fosse il più sfigato su questa terra. A me non dava fastidio, in effetti era messo peggio di me, aveva un tumore piuttosto espanso nel cervello, quindi lo lasciavo lamentarsi e mi piaceva la sua compagnia. Mi parlava sempre di questo gruppetto di amici che aveva e a cui teneva tantissimo, di quanto fossero stati carini a rimanere al suo fianco e così via. Un giorno si presenta in sala d'attesa arrabbiato e disperato, gli chiedo che succede e mi risponde che i suoi amici hanno tagliato i ponti con lui. Gli hanno detto che dopo mesi e mesi a stargli accanto e sentirlo sempre e solo lamentarsi e mai reagire non ce la facevano più. Che gli volevano bene, ma era troppo prendersi cura di lui, li stava distruggendo. Yujin era arrabbiato, diceva che non capivano la sua condizione, che erano degli stronzi.”
Si mosse finché la sua spalla toccò quella di Minho, come quella notte nel cortile.
“Ho avuto paura dopo quel racconto. Seungmin e Jeongin era settimane che non uscivano di casa per stare con me. Seungmin saltava sempre le lezioni pur di non lasciarmi solo e ormai non vedeva più nessuno che non fossimo io e Innie. Jeongin è sempre stato una persona socievole, ma non usciva più neanche lui, aveva persino smesso di frequentare il tuo amico Hyunjn. Stavano smettendo di vivere per me. Una settimana dopo ho scoperto che Innie aveva rinunciato ad una borsa di studio in America, li ho sentiti parlarne, perché era giusto così, non potevano lasciami da solo, e ho avuto paura davvero. Se un giorno si fossero resi conto di tutte le rinunce a cui li avevo costretti? Se avessero iniziato ad odiarmi? Non avrei potuto sopportarlo. Perciò li ho allontanati io. Era più facile così che vederli andare via quando fosse stato troppo tardi, non ce l'avrei fatta.”
Minho rimase a bocca aperta, completamente spiazzato. Dopo mesi e mesi Jisung aveva deciso di raccontare a lui quella storia e sapeva che doveva essere la prima persona a cui ne parlava. Sapeva che si era tenuto dentro tutto quello dal giorno stesso in cui li aveva allontanati. Poté capire esattamente cosa aveva provato perché era ciò che era successo tra lui e Hyunjin e ora si rendeva conto di tutto, poteva capire il suo comportamento, cosa avesse provato, la paura, i dubbi, tutto. Cercò la sua mano e la strinse.
“Ma anche se tu li hai liberati, loro sono rimasti comunque. Hai pensato che forse è quello che vogliono?”
“Sono settimane che ci penso, dopo quello che mi hai detto. Pensavo che con te fosse diverso perché per te non ero niente, invece non è così, non siamo più due estranei che si incontrano una sera a settimana. In questi mesi sei sempre rimasto. E sei ancora qui.”
Minho gli strinse più forte la mano.
“Appunto. Sono ancora qui.”
Cadde un silenzio piacevole tra loro, uno di quelli che serve per rimettere in ordine i pensieri, ma che dà anche conforto. Il passo che aveva fatto Jisung quella notte, raccontandogli il suo segreto, era stato enorme. Ormai le suole delle sue scarpe erano ad un passo dalla soglia della porta e Minho sentiva la loro stretta allentarsi. Aveva avuto un coraggio enorme e ora Minho si sentiva un passo indietro. Se avesse mantenuto il silenzio, se fosse rimasto ancora aggrappato al dolore, Jisung sarebbe avanzato senza di lui e non voleva accadesse. Forse, dopo tanti mesi in cui quell'immagine era stata la sua persecuzione, ma anche qualcosa a cui non voleva pensare, era il momento di riportare alla luce i ricordi di una notte che avrebbe voluto cancellare.
“Ti ricordi quando mi hai detto che ho un tono particolare quando parlo di Seongjun?”
“Sì.”
“In realtà lui per me non era solo uno hyung. È stata la prima cotta, che è diventata amore e che è durata per anni. Lo amavo, stravedevo per lui, ma per lui ero solo un fratellino. Mi sono portato avanti questa cosa fino alla sua morte, senza mai dirglielo, sono stato persino con un ragazzo per sei mesi perché lui si era fidanzato con una ragazza e non riuscivo a sopportarlo, ma non lo amavo davvero, era solo una cottarella, pensa che ci ho perso la verginità con quel ragazzo e non ho provato quasi niente. L’ho lasciato poco dopo con l'intenzione di dire a Jun quello che provavo, ma c'era sempre qualcosa che mi fermava. Una domenica lui e Jin volevano andare a tutti i costi a vedere un concerto per cui avevamo i biglietti da mesi, ma il giorno dopo avevo un esame perciò volevo paccare, ma loro ci tenevano tanto. Quei biglietti erano il nostro regalo di compleanno a Seongjun e voleva li usassimo per forza insieme, io non sapevo dirgli di no, ma gli feci promettere che saremmo tornati a casa dopo la fine. Quella notte pioveva un sacco e il concerto iniziò in ritardo, perciò finì più tardi del previsto. Eravamo piuttosto stanchi alla fine. Loro volevano fermarsi a dormire là, ma io mi opposi, dicendo che mi avevano fatto una promessa, l'università è sempre stata la mia priorità, è il mio sogno, ci tengo più che a qualsiasi altra cosa. Chiesi a Jun di tornare, promettendo che avremmo fatto a turno a guidare. Mentre tornavamo Jin si addormentò quasi subito, io cercai di restare sveglio, ma ero stanchissimo. Ho chiuso gli occhi un secondo, mi ha svegliato un gran baccano e un sobbalzamento. Seongjun aveva avuto un colpo di sonno e aveva colpito il guardrail, facendo ribaltare la macchina su un fianco, dal suo lato. Sono riuscito a uscire a fatica, pioveva fortissimo e c'era un gran buio, ma la macchina era intatta e non avevo un graffio. Ero tutto intontito, non capivo cosa stesse succedendo, ma sentii Jin chiedere aiuto. Viaggiava dietro di me perciò spuntava dal finestrino e lo aiutai ad uscire, anche lui era praticamente illeso, Jun andava piano, era sempre stato una persona prudente. Volevo portarlo a lato della strada così che fosse al sicuro e tornare a prendere Seongjun, ma era davvero buio quella notte, le luci della macchina di Jun si erano spente con la botta e una macchina che veniva spedita non ha visto l'incidente. L’ha centrato in pieno, ancora dentro la sua auto. Dicono che sia morto sul colpo o poco dopo, la macchina è rotolata giù. Da lì non ricordo molto, è tutto confuso. Da lì solo vuoto. La sensazione che fosse colpa mia e dovessi morire io al suo posto. E il mondo che andava avanti, ma per me senza di lui non aveva senso. Se non avessi insistito quella notte, sarebbe ancora vivo.”
Concluse il suo discorso ricacciando indietro un groppo che sentiva in gola. Jisung non disse nulla, gli posò la fronte contro la sua e strinse più forte la sua mano. La sua fronte scottava ancora.
“Qualcuno ti ha mai incolpato della sua morte?”
“Forse i suoi genitori, ma non li ho più voluti vedere dal funerale. È stata anche l'unica volta che ho pianto per lui, poi solo vuoto.”
“Nessun altro?”
“Io. Ogni giorno dopo quella notte.”
Jisung apparve pensieroso e mosse la mano nella loro stretta, accarezzandogli il palmo con il pollice.
“Lo so che ti senti colpevole, ma ci hai pensato che nessuno ti ha mai dato la colpa? E che forse hai pagato tu un prezzo più alto del suo restando vivo? Non so cosa succeda quando si muore, ma so cosa succede a restare vivi sentendosi morti dentro. Penso che tu stia già espiando ampiamente la tua colpa. E poi… Se lui ti amava anche solo come un fratello, non avrebbe mai voluto che morissi al posto suo. Hai passato qualcosa di terribile, ma forse l'universo ti ha fatto sopravvivere per un motivo. Se tu fossi morto, ad esempio, forse ora non sarei qui. Sarei ancora chiuso in casa a marcire nel buio. Magari per andare avanti devi solo trovare un nuovo scopo alla vita che l'universo ha deciso di lasciarti.”
Nessuno gli aveva mai dato la colpa. Era vero, nessuno, solo sé stesso. Era l'unico che aveva sempre pensato di dover sparire. Eppure ora lui gli aveva detto che il fatto che fosse vivo era stato un bene per qualcuno, per Jisung. Che forse era vivo per un motivo, c'era un senso a tutto questo. Era esattamente quello che aveva pensato negli ultimi mesi. Era proprio quello a cui si era aggrappato in tutto quel tempo e ora Jisung aveva dato voce ai suoi pensieri. La sua vita aveva avuto un senso di esistere da quando era apparso lui.
“Se tu ora sparissi, io ne soffrirei. Mi mancherebbe la tua presenza.”
Esattamente come gli aveva detto Hyunjin. Era davvero giusto che lui fosse vivo? Lo era perché la sua esistenza aveva aiutato qualcuno, perché la sua presenza era desiderata da qualcuno? Nel momento in cui aveva trovato Jisung aveva dato un senso a tutto, ritrovando il contatto con il resto, con Hyunjin, con i loro amici, con il desiderio degli altri di averlo nella propria vita. Tutto aveva iniziato a girare di nuovo grazie a questo. Sentì di averlo raggiunto nel loro percorso verso la porta e capì che forse quel percorso era stato scritto perché lo facessero insieme.
“Vorrei tanto poterti vedere Minho.”
Glielo disse così, dal nulla, con un tono pieno di tristezza, ma che suonò anche tremendamente dolce. Era questo il tono con cui diceva lui parlasse di Seongjun? Possibile? Minho non seppe che cosa rispondere, non gli diede nemmeno il tempo di farlo che gli lasciò la mano si voltò per dormire. Avrebbe tanto voluto che potesse vederlo. Voleva mostrargli i suoi capelli biondi, i suoi outfit, i suoi sorrisi, le sue smorfie. Avrebbe voluto potergli parlare con gli occhi, senza nessuna parola. Avrebbe voluto sapere cosa ne pensava di lui, del suo aspetto. Ma era davvero necessario che lo vedesse quando capiva di lui più di chiunque altro? Mentre pensava a questo Jisung si voltò verso di lui, probabilmente nel sonno in cui era caduto complici le medicine per la febbre che aveva preso. Respirava regolarmente e non si mosse più. Il suo viso era così sereno e bello, sembrava così minuscolo e Minho sentì il tremendo, impellente bisogno di stringerlo a sé. Desiderò con ogni cellula del suo corpo avvolgerlo tra le braccia, accarezzargli i capelli e affondare il viso nel suo collo. Desiderò toccarlo, capire come fosse fatto sotto quei vestiti larghi, quanto morbida fosse la sua pelle. Mosse la mano, ma poi la ritirò, titubante. Lo guardò e si fece più in là nel letto, senza capire che cosa diamine gli era appena preso, chiuse gli occhi e si maledì, ma dopo diversi minuti sentì un braccio avvolgerlo e un corpo premersi contro il suo. Jisung gli si era accoccolato addosso.
“Ho freddo, mi scaldo solo pochi minuti.” Biascicò nel sonno, il tono che cercava di essere disinvolto.
Il cuore di Minho batteva veloce mentre gli passava un braccio intorno alle spalle e se lo teneva ancora più vicino. Chiuse gli occhi di nuovo e si sentì leggero. In pace. Per la prima volta dopo quella notte. L'amicizia con Jisung lo aveva trasformato.
[...]
“Amicizia? Ti prego dimmi che stai scherzando!” Lo interruppe Felix esasperato, guardando gli altri due. “Sta scherzando vero?”
Hyunjin gli rispose con un sorriso imbarazzato e Chris gli andò dietro. Il viso di Felix assunse un'espressione scioccata.
“Non puoi essere serio Minho.”
Minho dal canto suo era risentito da quelle parole. Che cosa stava dicendo di sbagliato? Okay, vero, stava provando dei sentimenti famigliari, ma dava la colpa al fatto che la figura di Jun fosse ritornata così presente nella sua vita dopo tanto tempo, i suoi sentimenti si erano fatti confusi. Li aveva chiamati nella speranza che gli dessero ragione, non che lo confondessero ancora di più.
“Non capisco cosa intendi.”
“Avete dormito abbracciati?”
“Sì.”
“E poi?”
“E poi nulla. Stamattina l’ho riportato a casa dopo colazione, stava meglio.”
Felix emise un verso disperato e si passò una mano nei capelli.
“Mi sa che non capisce…” Commentò Hyunjin.
“Hyung ascoltami. Hai detto che hai sentito una gran voglia di toccarlo no? Capisci cosa significa?”
“Che deve significare? Sono già stato con qualcuno, lo so. Anche con Jaeyoon ho provato questo desiderio, eppure alla fine non ero davvero attratto da lui. E poi tu e Jin state appiccicati tutto il tempo.”
“APPUNTO!” Ormai Felix aveva perso ogni freno. “Anche io provo questo desiderio di toccarlo, ma credimi che quando succede la metà delle volte non mi limito ad abbracciarlo, non ci mettiamo a dormire e la mano non è l'unica cosa che gli stringo.”
A Hyunjin e Chris andò di traverso la bibita che stavano bevendo.
“FELIX!”
“Abbassa la voce, la gente non vuole sentire cosa fate tu e Hyunjin a casa.”
Felix li degnò a malapena di uno sguardo e continuò dritto per la sua strada. Minho si sentiva come un figlio a cui il padre stava facendo il discorso delle api e del polline.
“Capisci? Io e Hyunjin stiamo insieme, io sono attratto da lui. Vado a letto con lui. Perché pensi che lo faccia? ‘Cause we are just two bros definitely not gay for each other, I guess.”
Minho non era una cima in inglese, ma capì benissimo la sua battuta e il sarcasmo e si accigliò parecchio. Hyunjin e Chris risero, era comico per loro come Felix cacciasse fuori il suo australiano quando era agitato o arrabbiato.
“Sei così sexy quando ti arrabbi in australiano.” Commentò Hyunjin ridendo.
“Per carità, risparmiateci le vostre moine. Che tu ci creda o no, non sono vergine e ho perso la verginità prima del tuo principe azzurro lì, che sono certo essere arrivato illibato al tuo altar- AHIA!”
“STIAMO PARLANDO DI TE, NON DI ME.”
Hyunjin gli aveva tirato un pestone sul piede da sotto il tavolo e Minho non perse tempo a restituirglielo. In quel momento furono raggiunti da Changbin che aveva ripreso da una settimana circa ad uscire con loro, anche se tutt'ora lo vedeva a volte fingere di non vedere cosa accadeva o scherzare in modo goffo per distaccarsene. Presto avrebbe dovuto capire anche cosa stava succedendo tra quei tre, ma non era la serata giusta, aveva altri problemi.
“Che succede? Mi sono perso qualcosa di bello?”
Felix gli riassunse velocemente la storia, ovviamente secondo la sua visione del tutto. Minho dovette interromperlo.
“Non sono attratto da Jisung in quel modo. Sono solo… Sto bene con lui, lo trovo carino a volte okay e sì a volte siamo molto intimi. Ma è tutto qui.”
Felix roteò gli occhi e Changbin scoppiò a ridere, battendogli una mano sulla spalla.
“Min sembri uscito da un drama, mi fai morire. Siamo uomini, se una persona ti attrae prima o poi ci vorrai andare a letto. È matematico, sono gli ormoni, l'istinto animale.”
“Ma che significa, non sono mica un coniglio. E poi basta con questa storia del drama.”
Felix ovviamente dava manforte al suo amico. Di solito lo adorava, era quello che stava sempre dalla sua parte e cercava di aiutarlo e capirlo, ma quella sera non lo riconosceva.
“No tu sei sicuramente un gatto, ma ti informo che vanno in calore anche quelli.”
“Questa discussione sta degenerando. Parliamone come persone adulte.” Li interruppe Christopher venendo in suo soccorso, l'unico alleato che gli era rimasto.
Hyunjin intanto era paonazzo, metà per il ridere e metà perché lo avevano messo in imbarazzo. Chris si sporse sul tavolo per guardarlo negli occhi e catturare la sua attenzione.
“Che provi qualcosa per questo ragazzo è chiaro. Forse loro esagerano, ma c'è della chimica e una naturale intimità tra voi, è una cosa rara e so che anche tu te ne sei accorto. Che cosa ti blocca?”
Tutti e quattro si voltarono a guardarlo. Minho rimase spiazzato. Che cosa lo bloccava? Perché non poteva pensare di avere una cotta per Jisung come credevano loro? Perché restava convinto di non voler pensare ad altro che all'amicizia, accecandosi da solo sulle cose che accadevano tra loro?
“Io…” Cercava le parole, torturandosi le mani. “Ultimamente abbiamo parlato spesso di Jun e… Mi sono ricordato di tante cose che provavo. Mi rendo conto che con lui mi sento così bene e mi sembra che sia lo stesso per lui e non so... È come se tornando a parlare di Jun mi fossi ricordato di tutto quello che provavo e non vorrei confondere i sentimenti.”
“Non dire sciocchezze. Sono due persone diverse, sarebbe tutto falso quello che c'è stato tra voi finora perché lo associ ad un'altra persona?”
“NO! No, quello no… Ma non capisco cosa provo, è la prima volta che mi sento ricambiato, mi spaventa. Non vorrei che fosse questa consapevolezza a farmi confondere su cosa provo. E poi se gli dicessi dei miei sentimenti renderei tutto complicato, doveva essere un rapporto distaccato tra noi in modo da non ferirci e ora eccomi qua, ci sono caduto con tutte le scarpe.”
“Anche lui mi sembra.”
“Non lo so, non capisco. È sempre stato così diretto su cosa prova, ma di questo non dice nulla, se stessi immaginando tutto lo metterei a disagio. E poi ha già tanti problemi, tante cose che deve affrontare, non posso confondere ulteriormente quello che prova con questa storia.”
I quattro amici si scambiarono uno sguardo e sospirarono. Felix allungò le mani e gliele mise sulle spalle.
“Ti ha detto che vorrebbe vederti. Quando mai ha espresso un desiderio simile? Pensaci.” Sospirò e lo guardò con lo sguardo addolcito. “Facciamo così. Per ora vedi come evolve, comportati come sempre e cerca di capire cosa provi, se sei davvero attratto da lui e per me lo sei. E poi diglielo.”
Hyunjin si inserì nel discorso.
“E ti prego non fare cazzate stavolta. Non evitare la questione solo perché hai paura di mandare tutto all'aria. Non rifare lo stesso errore Min.”
Facile a dirsi.
“Non puoi restare legato al ricordo di Jun hyung per sempre, ad un certo punto dovrai andare avanti e lasciarlo andare.”
Quella sera Minho tornò a casa più confuso, incasinato e agitato che mai, ma ora non era il buio che lo stava facendo sentire così smarrito, quanto una luce che lo attirava sempre più vicino. Se voleva varcare la porta della stanza assieme a Jisung cosa doveva fare?

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Giusto una nota: le due storie di Jisung e Minho sono due storie vere da cui ho tratto ispirazione. La storia di Jisung è una rivisitazione di una situazione che ho vissuto a mia volta, quella dello hyung di Minho una storia reale purtroppo di un persona che conoscevo. Possono sembrare un po' assurde, me ne rendo conto, ma sono forse la cosa più reale che ho messo in questa storia.
Questo è uno dei miei capitoli preferiti.

Questo è uno dei miei capitoli preferiti

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