La strada fino all'hotel dal galà era abbastanza lunga; entrambi lo sapevano e, per ammazzare il tempo ed evitare di parlarsi, Celine mise la musica, Wilson sorrise mentre era perso tra i suoi mille pensieri.
''Che festa desolata'' pensava, forse si aspettava qualcosa di migliore oppure, più vitalità da parte sua, chissà; Celine si girò per guardarlo e notò l'immersione totale nei suoi pensieri, soprattutto anche, perché fino ad allora non le aveva nemmeno parlato.
<<Wilson, c'è qualcosa che ti affligge?>> chiese lei d'un tratto
<<No, Celine, non mi affligge nulla; grazie di aver chiesto>> disse lui un po' stancato.
Si sentiva un po' strano con lei adesso, non perché provasse qualcosa ma perché non aveva grandissime sensazioni e, anche gli riecheggiavano in mente le parole del padre.
<<Mi riporti a casa o dormiamo in Hotel da te?>> Chiese lei
<<Andiamo da me, cosi almeno non facciamo prendere un infarto al gendarme>> rispose Wilson sorridendo
Arrivarono quindi all' hotel tra silenzi imbarazzanti e musica di scarso gusto, salirono in stanza e, Wilson si cambiò in bagno, dato che, fatti vedere una volta, rifar vedere i tatuaggi senza spiegare la storia, cosa che non voleva fare, sarebbe stato inutile; anche lei si cambiò, ma dopo di lui e si sdraiarono sul letto, lei provò anche ad avvicinarsi, ma Wilson la accolse con una specie di non emozionalità che lei non aveva mai visto o notato, ma comunque si addormentò velocemente mentre lui, per un po' rimase sveglio come se aspettasse qualcosa che doveva succedere, abbastanza ironicamente qualcosa successe.
Suonò il telefono che era nel bagno, dopo averlo sbloccato notò un paio di messaggi tra le mille cose, arrivavano uno da suo padre e uno era da parte di un certo mister M.
''Inusuale che mi scrivano un messaggio, di norma chiamano la mia segretaria, sarà qualcosa di importante'' pensava rivestendosi, capì che sicuramente doveva andare via, così scrisse un bigliettino per Celine e le lasciò un migliaio di sterline in contanti per il disturbo e le eventuali spese.
Mentre scendeva suo padre lo chiamò.
<<Wilson, hai visto il messaggio del signor M? Se si, vienimi a prendere, ti spiegherò strada facendo>>
<<Arrivo, mandami l'indirizzo>> disse lui guardandosi allo specchio e alzandosi le maniche della camicia; la giacca non sarebbe servita.
Prese le chiavi della Ferrari, diede un bacio sulla fronte a Celine e partì, fortunatamente suo padre era molto vicino a dov'era il suo hotel, salito in macchina sorrisero entrambi; per quanto avessero di diverso, erano profondamente simili.
<<Cosa serve a mister M?>> chiese lui guidando
<<Qualcosa che solo la nostra azienda può vendere>> disse suo padre accendendosi una sigaretta
<<Sappi che se mi sporchi i sedili ti sparo>> disse Wilson scherzando
<<Le conosco le regole figlio mio, ritornando a noi, ti ricordi ancora un po' di giapponese?>>
<<Certo, ho forse capito dove andremo a parare padre.>>
<<Dove?>> chiese lui curioso
<<C'è un casinò di giapponesi, là ci sarà mister M e dobbiamo vedere cosa fare, metti l'indirizzo che ci arriviamo>> disse Wilson
La WR Entreprise si occupava anche di questi servizi oltre alle altre cose, il fatto però che abbiano chiesto loro due esplicitamente non era molto rassicurante.
STAI LEGGENDO
Those Green Eyes
General FictionWilson, un ragazzo ricco e superbo, dopo una laurea ad Harvard ritorna in Francia dove rincontrarà una sua vecchia compagna di feste, questa volta però le cose andranno diversamente dall'ultima volta. Chissà se Wilson riuscirà a capire cos'è verame...