Un passo

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Aveva atteso Manuel. Seduto sulla panchina di fronte al pub dove era solito fumarsi una sigaretta prima di entrare a lavorare.

Si erano dati appuntamento in quel luogo perché era l'unico che sapevano per certo, l'altro conoscesse.

Eppure di Simone ancora neanche l'ombra.

Cominciò a dubitare del suo arrivo Manuel, appena scoccò la mezz'ora di solitudine che lo portò automaticamente a ravanare di nuovo nel suo pacchetto di Winston rosse.

L'accendino faticava persino a funzionare, anche lui troppo pigro per avere una speranza in quella situazione.

Buttò fuori il fumo trattenendosi da tossire, completamente stravaccato su quella panca nel buio assoluto. Udiva solo i suoni degli altri locali a pochi passi da lui, dei ristoranti ancora aperti.

Neanche si accorse dell'ombra alle sue spalle.

«Scusami, scusa davvero per il ritardo» Simone lo affiancò velocemente, prendendo posto vicino a lui e gesticolando nervoso. «Avrei dovuto avvisarti ma non sapevo a che ora sarei arrivato, ho dovuto prendere il pullman e ho fatto un pezzo a piedi..»

Non aveva accennato al fatto che il suo ritardo era dovuto anche alla sua perenne indecisione su come uscire di casa per vederlo. Non era necessario.

«Tranquillo, sei qui ora» disse il cameriere, come se non si fosse messo in dubbio fino a quel momento.

«Sono qui sì» sorrise, le guance rosse date dalla camminata veloce che aveva intrapreso che allo stesso tempo si mischiava con l'imbarazzo di quel momento.

Manuel si passò le mani sudate sul pantalone, tastando le sigarette celate nella tasca.

«Fumi?» gli allungò il pacchetto, in modo tale che dopo aver annuito, Simone fosse abile ad afferrare una sigaretta.

E poco abile fu invece a mantenere il suo respiro ad un livello normale quando l'altro si avvicinò a lui, con l'accendino tra le dita, per accendergli la fiamma ad un palmo dal suo viso.

«Grazie»

Con un cenno, Manuel rimise le mani apposto. O almeno ci provò per i primi dieci secondi, dopo i quali decise di allungare un braccio sullo schienale della panchina, sfiorando la schiena di Simone coperta da una sola maglietta nera aderente.

L'aria di quella sera non infastidiva, anzi. Dava un tocco di leggerezza a quel momento tanto atteso.

«È da quando ti conosco che speravo de finì qua» confessò Manuel, improvvisando un moto di coraggio impensabile per lui. «Io e te intendo, da soli»

Simone andò incontro a quel contatto, sporgendosi per non lasciare ulteriore spazio tra il braccio di Manuel e il suo corpo.

«Ricordo, persino quando non credevi fossi italiano, non ti sei mica arreso» non riuscì a trattenere un sorriso, che intenerì il riccio.

«Ancora? È stata 'na sfida, dovevo urla qualcosa» aspirò del fumo per nascondere il suo nervosismo.

«E hai deciso di urlare quello» buttò fuori il fumo Simone, strozzandosi quasi tra le risate.

Si leccò le labbra Manuel, osservando il viso del cantante leggermente inclinato e vicino al suo.

«Beh direi che ne è valsa la pena, no?» i loro nasi si sfiorarono, facendoli inevitabilmente sorridere entrambi.

Simone annuí, lasciandogli un veloce bacio, ridacchiando felice. Neanche pensò troppo alle conseguenze pensando al gesto naturale che la sua testa aveva pensato di fargli commettere.

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