Due passi

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Non erano servite parole. Appena Manuel aveva varcato la soglia della villa, sul punto di commentare il luogo con un pizzico di sarcasmo, Simone gli si era buttato tra le braccia, stringendolo come non aveva mai fatto prima di quel momento.

Fu pronto a stringerlo dai fianchi il riccio, appoggiando la testa sulla sua spalla per aspirare il suo profumo che a momenti dimenticava a causa di tutta quella distanza tra di loro in quelle ore.

Un silenzio per niente imbarazzante. La luce fioca del soggiorno che parve illuminare soltanto le loro figure fuse assieme nel groviglio di braccia e ricci.

La porta fu chiusa da Manuel, liberando una mano che andò a posarsi in seguito tra i capelli del cantante per lasciargli carezze gentili.

«Me sei mancato» confessò. Senza alcun timore di risultare esagerato, perché quella era solo la più pura verità. Aveva vissuto delle ore che parvero un'eternità lontano da ciò che per lui era diventato fonte di buonumore e quotidianità serena.

«Mi dispiace» borbottò Simone, strusciando le sue labbra sul collo del cameriere, lasciandogli una scia di brividi che lo portarono a scostarsi. «Ho esagerato ho- agito senza pensare. Non volevo sbagliare niente con le persone che mi seguono, dimenticandomi che sono umano, che commettere errori fa parte del gioco, e che devo lasciare che tutto questo scorra con leggerezza, naturale. Com'è stato fino a pochi giorni fa»

Le lacrime erano finite. Gli occhi di Simone erano lucidi ma le guance immacolate quasi terrorizzate dal bagnarsi ulteriormente.

Le mani di Manuel le coprirono, con un sorriso intenerito che inclinò il cuore di Simone sul punto di scoppiare.

«Non devi chiedere scusa lo hai detto tu, sbagliare fa parte del gioco. L'importante è che tu te ne sia accorto» sussurrò, mischiando i loro respiri. «Me ha fatto male che tu pensassi che- tutto ciò che avevamo, che abbiamo, fosse soltanto per un mio bisogno di fama o che altro»

«Ho sparato a zero, non lo penso davvero io-»

«Simo»
«Mh?»

Gli occhi grandi del corvino si riversarono in quell color miele di Manuel.

«Me lo dai un bacio?»

Il cuore di Simone lo colpì, diventando piuma. La sensazione più leggera e serena che lui avesse mai provato. La felicità nel suo corpo cominciò a farsi strada, lasciandolo senza parole sul punto di incantarsi.

Non diede tempo a Manuel di ulteriori battute che fece scontrare le loro labbra morbide, quasi secche senza l'ossigeno ritrovato dalle gemelle, finalmente a respirare e riprendere colore.

Le dita di Manuel scesero sul collo del cantante, toccandolo ovunque con lo scopo di conoscere un giorno ogni centimetro di quella pelle.

Le stesse dita che Simone raggiunse con le sue, intrecciandole, trascinando Manuel su per le scale in modo goffo, tra piedi che inciampavano e risate che proibivano lo scambio di ulteriori baci.

Finirono presto sul letto del minore, entrambi tremavano come se fosse per loro la prima volta; ovviamente non era così, ma forse l'emozione celata nei loro cuori in quel momento era diversa.

Simone era disteso su Manuel, ne sentiva il rigonfiamento nei pantaloni premere. Era inspiegabile quanto impacciati erano i loro gesti, sempre circondate da risate divertite che rendevano tutto perfetto, senza imbarazzo.

Le magliette volarono dall'altra parte della stanza, faticosamente anche i pantaloni tra dita tremolanti che quasi ruppero la cerniera e i bottoni.

«Sei bellissimo» sospirò Manuel sul suo petto, lasciandogli caldi baci sull'addome, tastando con le mani ogni centimetro del suo corpo, spostandole sulla schiena e sulla parte bassa del suo corpo.

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