Capitolo 7: Ricordi di libri

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Mi fermai un attimo dato che eravamo ancora in piedi a guardare la valigia aperta. Mi chinai e presi alcuni libri narrati nelle varie lingue; presi Minho per il braccio e ci sedemmo sul letto a gambe incrociate uno difronte all'altra. «Come dicevo mi sono trasferita qui due anni fa quasi, dopo qualche tempo da quando rimasi orfana» sistemai i libri tra noi due. Stavo per riprendere a parlare quando mi bloccai: non sapevo come continuare, c'erano troppe cose da dire. Probabilmente lui lo notò perché mi prese le mani e le strinse tra le sue rassicurandomi «Hey, tranquilla, se non te la senti di parlarne non ti forzerò a farlo» e mi sorrise, proprio come il primo sorriso che mi fece.

Dopo qualche minuto nei quali mi fermai ad osservare i libri sparsi sulle coperte alzai lo sguardo «Io VOGLIO raccontarti di me, veramente, ma non so come continuare... p-potresti farmi t-tu delle domande?» e dopo di che chinai di nuovo il capo ma questa volta tenendo gli occhi strizzati; non so il motivo, ma mi venne da fare così.

Ad un certo punto Minho posò delicatamente due dita sotto il mio mento e mi sorrise a trentadue denti «Se ti può aiutare ti farò delle domande io, tranquilla»

«Se ti sei trasferita qui in Corea da poco allora da dove vieni?»

Feci un respiro profondo prima di rispondere «Sono nata e cresciuta in Italia ma in realtà lo sono solo per metà...sono anche un terzo ungherese e un terzo rumena»

«Wow, quindi è per quello che la pizza era così buona quando l'hai fatta! Chi ti ha insegnato a farla?»

«Mio babbo. Mi ricordo che quando ero piccola d'estate si facevano le cene a casa nostra con gli amici e la pizza la facevamo sempre noi... sai, avevamo anche il forno a legna apposta per la pizza che costruì mio nonno quando ci abitava lui in quella casa, io ero sempre lì con mio babbo e mio nonno a stendere la pasta e a condirla. La facevamo anche a forma di animali...» e a questi ricordi risi genuinamente mentre delle piccole lacrime iniziavano a scendermi sulle guance come piccole gocce di rugiada: piccole e semplici ma piene di significato.

Era come se avessi trovato la strada, infatti continuai senza bisogno di altre domande.

Finalmente riesco a ripensare a questi bellissimi ricordi. Mi ero quasi dimenticata quanto è bello far vedere le proprie emozioni...

«... e sempre mio babbo mi ha fatto conoscere la lettura insieme a mia nonna. La sera supplicavo di leggermi dei libri, ma nemmeno dei libri per bambini pieni di immagini, no, erano già libri introno alle duecento pagine e io adoravo mettermi lì nel letto con la testa appoggiata sulla sua spalla cercando di immaginarmi tutte le scene e cercando anche di seguire tutte le parole che una dopo l'altra prendevano una forma nella mia mente» e così dicendo presi in mano il primo libro di una saga: era stato il primo libro quello.

Rimasi a guardalo per qualche minuto che però mi sembrò un'infinità nel mio mondo.

Mi ripresi da quello stato di trans quando notai che Minho aveva spostato i libri di lato e ora mi stava abbracciando, un caldo e dolce abbraccio che io per la prima volta ricambiai scoppiando a piangere tra le sue braccia ancora con un tornado di ricordi in testa che sembravano successi solo ieri, mentre invece erano già passati anni.

«P-possiamo continuare un'altra volta? Ora sono stanca...»

«Certo...y/n, grazie di esserti aperta con me, spero che continuerai a farlo perché io voglio conoscerti veramente»

Senza che ce ne accorgessimo si erano già fatte le 23.

Andai in bagno a lavarmi il viso da quelle "piccole e fragili gocce di rugiada" rinfrescandomi anche i polsi per calmarmi un po' da quella tempesta che mi aveva come investita.

Tornai a letto e mi misi accovacciata, come se fossero un rifugio in montagna, tra le braccia di... del mio fratellone che nel mentre mi accarezzava i capelli rilassandomi e così caddi del dolce e illimitato mondo dei sogni.

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