Parte senza titolo 4

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Probabilmente quell'idea doveva aver sfiorato anche lui, e sembrò accompagnarlo anche il giorno dopo, quando ritrovandoci di nuovo nello spogliatoio lo vidi chiudere ancora la porta, e stavolta a chiave.

"Marcello, che fai?" gli chiesi prendendola a ridere, ma quando lo guardai in faccia mi accorsi subito che era troppo eccitato per aver voglia di scherzare.

"Senti, Milena, io non ce la faccio più," mi disse mettendo da parte i freni inibitori che di solito lo tenevano a bada. "Dimmi quanto vuoi per farmele toccare, ti prego!"

"Marcello!" gli dissi fingendomi scandalizzata, anche se già dal giorno prima sapevo benissimo che saremmo arrivati anche a quello.

"Lo so, sei una donna sposata, e sono sposato anch'io, ma se solo vedessi mia moglie..."

Per un attimo Marcello arrivò quasi a farmi pena, e sforzandomi di pensare che Valeria in fondo avesse ragione, e che non ci fosse nulla di strano se un uomo ancora nel pieno delle forze non voleva arrendersi alla pace dei sensi, mi limitai a dire che per meno di cinquanta euro non se ne parlava neanche.

Non avevo ancora finito di parlare e già Marcello mi aveva messo i soldi in mano, e, meno di un secondo più tardi, due mani callose sul maglioncino verde che portavo quel giorno, e che non mi diede neanche il tempo di togliere prima d'iniziare a palparmi le tette. Per un attimo sperai che potesse accontentarsi di quella tastata sbrigativa, ma fu subito chiaro che quello era solo un antipasto, e che Marcello non avrebbe riaperto la porta prima di avermi messo quelle manacce direttamente sui capezzoli.

Quando finalmente ebbe le mie tette morbide sotto i suoi palmi sudati, Marcello fece l'altra proposta che avevo già dato per scontata. "Ti prego, Milena, fammele leccare!" disse quasi implorando, giurando con un filo di voce che gli sarebbe bastato anche un secondo, anche una leccata sola, dopodiché non mi avrebbe mai più dato fastidio.

Ovviamente non c'era da credergli, e in ogni caso gli dissi che, oltre a un secondo, non gli sarebbero bastati di certo i cinquanta euro che mi aveva già dato, e che per leccarmi i capezzoli ce ne volevano almeno altri cinquanta.

Marcello mi disse quasi con le lacrime agli occhi di non avere altri soldi nel portafogli, e quando stava già per tuffarsi con la bocca su uno dei seni che teneva adesso con tutte e due le mani, gli dissi che se si azzardava a leccarlo prima di avermi dato i miei soldi mi sarei messa ad urlare.

Entrambi facemmo finta che ci fosse qualcuno a sentire le grida che non avrei comunque mai lanciato, poiché era fin troppo chiaro che in quella situazione chi aveva più da perdere ero io, e Marcello lo sapeva ovviamente molto meglio di me. Tanto che, dopo aver giurato che mi avrebbe dato i soldi il giorno dopo e dopo aver incassato ancora il mio netto rifiuto, non si fece troppi problemi a tirarsi fuori l'uccello con una mano mentre con l'altra continuava a palparmi senza vergogna. Senza vergogna iniziò a tirarsi una sega, e anche in quel caso capii subito che ormai ci eravamo spinti troppo in là perché potessi fingermi scandalizzata, quindi feci l'unica cosa che potevo fare a quel punto, e cioè far finta che non mi fossi accorta che, mentre continuava a smaneggiarmi le tette, Marcello aveva appena riempito di schizzi il pavimento che io stessa avevo pulito quella mattina.

Continuando a far finta di niente mi rivestii in fretta, e lasciando Marcello ad ansimare da solo nello spogliatoio ebbi l'assoluta certezza che non si sarebbe di certo accontentato di succhiarmi le tette.

La bidellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora