Parte senza titolo 3

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Marcello però non scherzava affatto, né quella volta né quando mi ripeté più o meno la stessa cosa il giorno dopo, e quello dopo ancora, e la mia più grande sfortuna fu che proprio alla fine di quella settimana, tornando a casa una sera, Marco mi disse che il lavoro andava più male che mai, e che l'unico modo per continuare a pagare gli studi di Diego era chiedere un prestito in banca, anche se sapeva già che la banca non glielo avrebbe mai concesso.

Per tranquillizzare mio marito gli parlai, ovviamente mentendo, dei premi di produzione che spettavano anche ai bidelli, anche se la verità era che quando mi aveva parlato del prestito, invece di un direttore di banca mi era venuto subito in mente Marcello. Tanto che quando il lunedì dopo ci ritrovammo insieme nello spogliatoio, decisi di cambiare atteggiamento riguardo ai suoi complimenti.

"E così davvero pagheresti qualcosa?" gli chiesi sforzandomi di vincere l'imbarazzo, e di certo Marcello non mi rese il compito facile quando finse di non capire di cosa stessi parlando. "Voglio dire, pagheresti sul serio solo per guardarle?"

Per non dare adito a dubbi riguardo l'oggetto di quella domanda mi diedi un colpetto con le mani sotto le tette per sollevarle un po', e quando Marcello le vide muoversi gli si riaccese negli occhi il fuoco che avevo visto la settimana prima.

"Certo che pagherei!" disse quasi con la bava alla bocca, affrettandosi a chiudere la porta dello spogliatoio per evitare che qualcuno ci sentisse.

Nessuno avrebbe potuto sentirci comunque, poiché eravamo sempre gli ultimi a lasciare la scuola, tanto che il più delle volte Diego preferiva tornarsene a casa da solo invece di aspettarmi all'uscita. Tranquillizzata probabilmente anche da quel pensiero, cercai di lasciarmi un po' andare, e mi sorpresi nello scoprire come quel che dicevo a Marcello fosse tutto sommato vero. "Il fatto è che mio marito pensa troppo al lavoro," dissi toccandomi ancora il seno, "e ogni tanto qualche complimento ci vuole, no?"

"Certo che ci vuole!" sbottò Marcello, facendo finta di non avere già l'uccello che gli scoppiava nei pantaloni. "E altro che complimenti ti farei io, passerei il pomeriggio a guardarle, e a—"

"No," lo fermai subito, "solo a guardarle. Ricordati che sono una brava moglie e anche una madre di famiglia."

"Ma certo," disse lui ancor più eccitato, ricordandomi come anche lui fosse sposato, e come quei complimenti me li facesse in fondo solo per scherzo.

"Ah, ho capito," dissi io un po' risentita, e quando Marcello mi vide togliermi le mani da sotto le tette capì all'istante che quella che non scherzava ero io, e si decise subito a non gettare al vento quell'occasione irripetibile.

"Ti do venti euro se me le fai vedere anche solo un minuto," disse tirando già fuori il portafoglio.

"Trenta," risposi io guardandolo negli occhi. "E ovviamente la cosa rimane tra noi."

Non ci fu bisogno di aggiungere altro, e cercando di non pensare al senso di umiliazione che mi assalì nel mettermi in tasca i soldi di Marcello, mi concentrai sulla sua espressione estasiata mentre mi toglievo di dosso il maglione, e quando mi tolsi anche il reggiseno per lasciare in libertà le tette di cui ero sempre andata fiera, ebbi paura che il povero Marcello potesse venirsi nelle mutande!

"Stupende," disse con un filo di voce, e senza pensare a come lo stessi guardando non riuscì a non toccarsi l'uccello da sopra i calzoni. "Hai dei capezzoli stupendi, Milena, complimenti davvero."

"Grazie," dissi arrossendo come non mi capitava da anni, affrettandomi a ricoprirmi le tette prima che Marcello non riuscisse più a trattenersi e ci si avventasse sopra per dargli una leccata.

La bidellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora