21 LIV.

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Tutto quello che avevo immaginato sul Signor Perkins non corrisponde per niente alla verità: credevo fosse un vecchietto che viveva nella sua bella casa, piena di ricordi appesi alle pareti. L'ho immaginato spesso in salotto mentre sorseggia del tè, seduto sulla sua poltrona, mentre la televisione trasmette un film in bianco e nero ma, con mia immensa sorpresa, la realtà è lontana anni luce dall'idea che mi sono fatta: la casa del Signor Perkins è una villa a dir poco strepitosa, dotata di ogni genere di comfort e arredata divinamente. Come potevo pensare che il nonno di Logan fosse un semplice pensionato?

«Signorina Evans, la prego di accomodarsi, e di sentirsi come se fosse a casa sua.» 

La voce tranquilla di Dylan mi calma all'istante, «Vuole che le faccia preparare qualcosa da mettere sotto i denti? Mi dispiace che il signor Perkins non sia in casa, al momento ma possiamo sempre contattarlo...»

Un "NO!" mi scoppia dentro al petto quasi implorante. È l'ultima persona che vorrei vedere in questo momento, specialmente dopo le mille chiamate alle quali non ho risposto. Mi sento molto più sollevata nel sapere che si trova lontano da me.

Peccato che lui viva qui!

È vero ma questa, prima di tutto, è casa del Signor Perkins...

Dylan non distoglie lo sguardo: continua ad osservarmi mentre, di sottecchi, noto le sue labbra che si incurvano in un lieve sorriso.

Cosa ci può essere di così divertente?

«Mi scusi signorina, posso immaginare il perché non voglia che avvisi Logan ma, mi creda, non è come pensa. Sono convinto, però, gli farebbe piacere sapere che si trova al sicuro, adesso...»

Dylan avrà una settantina di anni, alto e con degli occhi color nocciola intensi. Non posso non fare caso al suo fascino che mi mette leggermente in imbarazzo: «Mi scusi, non è stata una serata da ricordare.» 

Abbasso lo sguardo mentre le dita si intrecciano sul mio grembo «purtroppo noi due non andiamo, come si dice, molto d'accordo. Abbiamo discusso poco prima che le telefonassi, per questo vorrei evitare di avvisarlo.» 

Mi sento il cuore in gola e le guance prendere fuoco. L'uomo continua a sorridermi senza dire una parola: sembra comprendermi mentre il silenzio inizia a pesare insieme al mio imbarazzo.

Ci pensa il mio stomaco, con i crampi per la fame, a rompere questo mutismo: non tocco cibo da stamani a colazione, è normale che la mia pancia brontoli. Dylan scoppia in una risata coinvolgente, ha quasi le lacrime agli occhi e, vedendolo piegato in due per le risate, scoppio anche io a ridere come una povera idiota.

«Bene Miss Liv, penso che sarebbe il caso di portarle qualcosa da mangiare. Avviso subito la signora Larsen.» mi ricompongo e con un'occhiata ricca di riconoscenza, lo ringrazio.

«Grazie Dylan, il mio stomaco gradirebbe con piacere un bel panino» dico sorridendo.

*****

Dopo un hamburger e una bella fetta di torta di mele posso ritenermi sazia.

«Siete stati molto gentili con me ma credo sia arrivato il momento di tornare a casa.» mormoro imbarazzata mentre Dylan armeggia con un tablet e la signora Larsen, la governante, rassetta la cucina.

«Non credo sia una buona idea Miss Liv...» quest'ultima mi guarda e, da queste parole, ho capito che Perkins ha già deciso per me: non andrò proprio da nessuna parte.

«Sul serio, non posso. Io...» ribatto, cercando di trovare qualcosa di sensato da aggiungere.

«Mi dispiace Miss Liv, la signora Larsen ha già preparato la sua camera, per stanotte è meglio restare.»

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