44 LOGAN.

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«Abbiamo l'aggancio, dobbiamo raggiungerlo a Boston.»

Queste sono state le parole di Johnson, quel pomeriggio quando io e lei...

Con gli occhi incollati sull'asfalto, premo l'acceleratore, sentendo il ruggito del motore mentre il contachilometri schizza oltre il limite consentito. L'auto sfreccia sulla superstrada come se volesse inghiottirla tutta d'un fiato. Le mie mani sudate si stringono al volante, tremano leggermente, ma non mollano la presa.

Sto andando a Boston. Lì mi aspetta Johnson, con l'aggancio che ha rintracciato e contattato appena quarantotto ore fa.

Il problema D'yavol deve essere risolto.

Subito.

Non posso più condividere lo stesso tetto con lei, non dopo quello che è successo.

Non posso credere di averla baciata, cazzo!
No, non l'hai solo baciata, tesoro. Hai fatto di peggio.

Merda!

Ho complicato tutto. Lo sapevo, lo sapevo perfettamente. Lei ha un potere su di me, un potere che mi sfugge di mano. Non è solo attrazione. È qualcosa di più profondo, qualcosa che mi corrode dall'interno. E io, coglione che non sono altro, sapevo benissimo il rischio che correvo nel seguirla, ma l'ho fatto comunque.

Ho mandato tutto a puttane.

Le mie regole. La mia fede. Il mio mondo.

È diventato più difficile, più ingarbugliato di quanto immaginassi, specialmente dopo quel maledetto pomeriggio. Faccio un respiro profondo, cercando di cancellare quelle immagini dalla mia mente, ma sono troppo vivide. Mi rivedo ancora lì, con lei, contro quella parete umida, le sue labbra che divorano le mie. Il ricordo è così vivido che sembra bruciare ancora sulla pelle. Il suo corpo contro il mio. Le nostre mani che si sfioravano, esplorandosi con timore, desiderose di andare oltre, ma bloccate da una paura profonda.

Paura di cosa sarebbe successo dopo.

È successo, ci sei andato molto vicino...

Digrigno i denti, maledicendomi sottovoce, mentre stringo il volante con tutta la forza che ho, come se potessi scaricare su di esso la mia frustrazione.

L'ho baciata, e quel bacio è stato l'errore più grande che potessi commettere.

Perché è bastato un solo battito di ciglia per risvegliare in me quella dannata paura di cadere a pezzi di nuovo. Di ritrovarmi ancora seduto sul bordo di quella piscina, perso, senza via d'uscita.

Non è stato solo un bacio.

Lo so, maledetto cuore, lo so fin troppo bene!

Per un momento era mia. Anche se solo per quel breve, fugace istante.

Volevo che fosse mia. Volevo che quella pelle appartenesse alle mie mani.

Che ogni singolo neo sul suo corpo fosse anche mio.

Maledetto coglione.

Tutta quella empatia, ridotta a brandelli. Come cazzo è potuto succedere?

La suoneria del cellulare mi strappa dai pensieri che mi tormentano e mi riporta bruscamente sulla statale.

È Matt.

«Ehi amico! Com'è stato il ritorno nella città che non dorme mai?» rispondo prontamente, abbasso il finestrino e mi accendo una sigaretta, cercando di ignorare il nodo allo stomaco.

Non fare domande, ti prego.

«Caotico, Log, come sempre. E da te? Le hai parlato?»

Come non detto.

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