5. Strano (parte prima)

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[Francesco]

"Sei strano".

Francesco alzò lo sguardo, voltandosi leggermente verso sinistra, incontrando gli occhi azzurri di Gianluca, le lentiggini appena accennate sulle guance, i capelli rossicci e arricciati.

"Ma va'", rispose, a disagio, prendendo un altro morso del suo panino, ripieno di patatine fritte e salsa rosa, la solita colazione che prendeva a ricreazione a scuola, dal paninaro che smerciava panini e pizzotti attraverso l'inferriata del campo di calcio.

"Sì, sei strano", insistette il suo amico.

"Che dici, dai", insistette. Si staccò dall'inferriata cui stava appoggiato. Con Gianlu e gli altri erano scappati al suono della campana per essere, come sempre, tra i primi a prendere i panini, e poi, ottenuto il bottino, s'erano allontanati. I ragazzi avevano preso a parlare, Francesco s'era concentrato sul panino, ma poi Gianlu era rimasto solo, gli altri ragazzi s'erano spostati, e lui era rimasto in silenzio, forse a fissare il vuoto.

"Guarda che non sono scemo". Gianluca gli si parò davanti, insistente.

"Ah ma dai", rispose sarcastico, e l'amico lo colpì con un pugnetto sul braccio, sulla giacca della tuta. "Ehi!"

"Dai fra, mi dici che succede? Che Giovi e gli altri si sono allontanati, quindi..."

Francesco si guardò intorno. Sentì un vuoto allo stomaco, nonostante si stesse ingozzando con quel panino. Voleva parlargliene... Gianlu era un buon amico. Ma non sapeva proprio da dove cominciare. E poi... era una storia così assurda... decidere di farsi sculacciare a tredici anni. Non ci avrebbe mai creduto!

"Senti... sul serio fra, sei diverso, è da un po' che lo noto".

"Ah sì? E che ho di strano?", gli chiese. Era curioso, quantomeno, di scoprire cosa il suo compagno avesse capito.

"Tipo... non fai più cazzate".

"Ma smettila!", reagì infastidito.

"Dico sul serio fra! Cioè... da quando sei così... secchione?"

"Ma che cazzo dici, secchione, ma ti senti?"

Gianlu scoppiò a ridere. "Be', coi voti che ti ritrovi..."

"Appunto", commentò, realizzando solo un istante più tardi il giudizio negativo, ma ignorò la frecciatina.

"Cioè... adesso sembra che stai tutto attento a non farti richiamare dai prof, se ti parlo mentre spiegano mi lasci perdere o mi dici di parlare dopo, non stai più fuori tre ore quando ti mandano in bagno e..."

"Ma che cazzo fra, che sei uno stalker?!" Era davvero impressionato dall'attenzione del suo amico. E rincuorato, per certi versi, perché si vedeva che ci teneva a lui. Ma non poteva evitare di sentirsi in imbarazzo.

"Tua madre ti ha minacciato di punirti in qualche modo? Tuo padre t'ha detto qualcosa?"

"Dai, Gianlu, che dici..." sospirò, non poteva negare l'evidenza. "Rompono come al solito, lo sai come sono".

"Boh", commentò, non sembrava per nulla convinto. Staccò un altro pezzo della sua pizza, e Francesco fece lo stesso, riprendendo a mangiare. "Fatto sta che non mi inviti più a casa".

"Ma che dici, che ci siamo visti qualche settimana fa... e fino all'altro giorno..."

"Sempre da me, fra. Facevamo sempre una volta l'uno. Un pomeriggio da me, un pomeriggio da te. Son tre volte che ora vieni da me e ti autoinviti. Cioè non che ci sia qualcosa di male, lo sai, casa mia è sempre aperta, ma..."

Francesco prese a fagocitare il panino, roso dall'indecisione, e persino dal senso di colpa. Ma come poteva trovare le parole? Cosa poteva dire?

"Senti... va bene se non ne vuoi parlare. Però, ecco..."

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