Dahlia

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*4 anni prima*

Stavo raggiungendo l'entrata dell'edificio scolastico, quando mi sentii degli occhi addosso. Erano quelli di Kaden.
Stranamente non si era fatto sentire negli ultimi due giorni. A volte non riuscivo proprio a capire perché sparisse nel nulla e poi ritornava.
Beh, era lì, proprio davanti a me.
Il venticello autunnale iniziava a farsi sentire.
Questa mattina decisi di mettere una gonna nera che arrivava a metà coscia. Di sopra misi un maglioncino celeste che lasciava la pelle scoperta dallo scollo a V.
Come scarpe decisi di optare per dei tacchetti, bassi ma comodi, dello stesso colore. Mi piaceva dedicarmi del tempo al mattino per prepararmi.
Kaden mi stava letteralmente mangiando con gli occhi, appoggiato di schiena al muretto con la gamba lunga piegata e la suola della scarpa che toccava la parete ruvida.
Senza staccare gli occhi da me prese il suo pacchetto di sigarette, da esso tirò fuori una sigaretta e se la infilò tra i denti.
Quando riuscii ad avvicinarmi, lessi la marca delle sigarette "Sobranie Black". Avevano uno strano nome.
L'accendino era fermo nel palmo della sua mano. Il polpastrello del pollice strusciò contro la rotella dell'accendino, facendo accendere la sigaretta con una scintilla.
Diede un tiro, per poi far fuoriuscire il fumo dalle labbra carnose.
Serrò la mascella tagliente, reprimendo qualsiasi emozione con assoluta freddezza. Ma notai un luccichio singolare nei suoi occhi.
Continuando a non distogliere lo sguardo dalla mia figura, forse troppo evidenziata per quegli occhi così affamati di brama e vendetta.
Non starà cercando di imbarazzarmi? Perché ci stava riuscendo alla perfezione.
Solitamente non mi importava se altri ragazzi mi guardassero, non ci facevo caso.
Se per questo la maggior parte delle volte non sapevo nemmeno che lo stessero facendo. Sentivo solamente quel paio di occhi scuri e tenebrosi. Ogni volta percepivo il suo sguardo sprofondare nelle mie membra.
Notavo il solito luccichio che partiva dalle sue iridi. Ma questa volta era realmente diverso. Tutto lo era.
Voltai il capo per far smettere di crescere l'imbarazzo che quel ragazzo, diventato un uomo ormai, mi faceva sentire.

Vidi Emily incamminarsi verso di me e un sospiro di sollievo si fece strada tra le mie labbra.
Era davvero bella. I folti capelli scuri, da i boccoli morbidi, incorniciavano alla perfezione il suo volto fine e grazioso.
La prima caratteristica che si notava di più su di Emily era il netto contrasto tra gli occhi color ghiaccio e la chioma nera.
La pelle di porcellana metteva in evidenza le labbra rosee.
Visto che era più alta di me di quasi 10 centimetri, quando parlava dovevo alzare sempre il capo per guardare gli occhietti pieni di gioia.
<<Wow, Dahlia! Sei così bella>>, il rossore si fece strada sui miei zigomi e la ringraziai.
<<Anche tu lo sei, Lily>>, le sorrisi dolcemente.
<<Questa sera ci sarà una festa a casa di Charlotte McKenzie, ci saranno tutti! Dobbiamo assolutamente andarci, non voglio un no come risposta sappilo>>, ribadì un po' troppo festosa ed eccitata.
Era la ragazza popolare della scuola. Invitava sempre tutti quelli del suo stesso status anche se li conosceva a malapena.
Ho sempre pensato che fosse per ottenere una maggiore alleanza tra famiglie negli affari conquistando le menti dei figli che ereditavano il patrimonio delle proprie famiglie. Tutte le persone della sua famiglia, inclusa lei, erano delle sanguisughe.
Ti ammaliavano con il loro fascino e poi ti facevano cadere in un oblio profondo e infinito. O almeno era quello che si diceva.
Sbuffai. <<Allora verrò, così sarai felice>>.
<<Tanto sono costretta...>> mormorai quasi parlando a me stessa.
<<Evvai! Sono riuscita a convincerti alla prima!>> gridò facendomi diventare sorda da un orecchio.
Dannazione!
Quello era un suo difetto, ma le ci si voleva bene ugualmente.
Immaginai che ci avessero sentito tutte le persone all'interno e all'esterno dell'edificio.
Alzai gli occhi al cielo e risi insieme a lei.

Finite le lezioni Emily mi portò direttamente a casa sua. Le nostre famiglie erano amiche oltre a essere unite per questioni lavorative.
Mi raccontava spesso dei genitori assenti. Suo padre era uno stronzo, quando non era a lavoro, aveva ogni volta diverse amanti con cui stare. Ritornava raramente a casa e quando lo faceva era tarda notte e non restava più del necessario. Sua madre invece lavorava tutto il giorno senza sapere che suo marito la stava tradendo. E quella povera donna veniva sempre trattata male da l'uomo che aveva sposato, ma se l'avesse lasciato in cambio non avrebbe avuto nulla. Il signor Fay le avrebbe messo contro la qualsiasi.

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