Una scelta arbitraria

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Nonostante che a bordo vi fossero centinaia di migliaia di ambienti, forse addirittura milioni, Albert le permetteva di accedere solo nella plancia di comando, la sala delle traslazioni e quelle di svago. Divieto che faceva sentire Artemide come una reclusa e ora lei desiderava evadere un po' da quell'ambiente per respirare a pieni polmoni un po' d'aria pura; calpestare dell'erba fresca dotto i piedi nudi, sentire il profumo del muschio e ammirare, distesa su di un prato fiorito, un cielo azzurro mentre le nuvole si rincorrevano. Oltre a quant'altro si poteva fare di bello all'aria aperta e bastava solo che Albert le aprisse un ponte di luce verso un luogo dove lei potesse immergersi nella natura quel tanto da non sentire più il battito cupo dei suoi passi sul pavimento dell'Eternity: che aveva il brutto pregio di restituirli con un'eco sorda e provocava in lei un fastidioso e profondo senso di irrequietezza.

Tuttavia, per spostarsi a bordo si doveva camminare con le proprie gambe e non perché non ci fossero o mezzi per ovviarlo, esistevano, ma chi aveva plasmato l'astronave aveva avuto la brillante idea di disabilitarli e Albert a tal proposito aveva riferito ad Artemide che sarebbero stati ripristinati solo al risveglio dei Dormienti. E giacché lei voleva preservare le energie per il dopo, proseguiva a passo di tartaruga e nel mentre le era tornato alla mente l'incontro con Vinicius e la fuga rocambolesca insieme che aveva suggellato la loro intramontabile amicizia.

Vinicius era diventato per lei l'uomo più forte, bello e coraggioso che avesse mai incontrato e avrebbe dato la vita per salvare la sua. Tuttavia non gli aveva ancora rivelato cosa era stata prima di incontrarlo: un'assassina della peggior specie. Verità che intendeva confessare, ma solo dopo aver assolto il compito per cui loro due erano stati scelti da Albert: il Signore assoluto di Horcobolus diventava sempre più forte e, se non lo fermavano per tempo, non avrebbe lasciato a un solo essere senziente di vivere la propria vita libero di divenire quel che più desiderava. E poi, a dirla tutta, pure Vinicius e Albert avevano dei segreti e poteva ben dire che i due si trovavano sullo stesso binario in quanto a reticenze.

«Basta pensare al passato. Il presente ti aspetta e ti dice di uscire da qui se non vuoi impazzire del tutto.» Sentenziò Artemide per poi soffermarsi a pensare all'ultima volta che aveva messo piede sul suolo di un pianeta vero. Due anni terrestri o forse più, non ricordava con esattezza.

Da quando si era fatta trascinare in quell'assurda ricerca della Terra primigenia, si erano proiettati da un sistema planetario all'altro. Però scovare un pianeta azzurro tra i tanti simili esistenti, e per di più sparsi tra migliaia di galassie, era quasi impossibile. Esistevano tremilaseicento globi terracquei azzurri, per forma e aspetto, simili all'originale, che forse nemmeno grazie alle peculiarità dell'Eternity sarebbero riusciti a scovare. L'astronave poteva trasportare chiunque ovunque volesse in un battibaleno. Le distanze non erano più un problema per loro. Luoghi lontani miliardi di anni luce si trovavano a portata di mano. Ad Albert bastava schioccare le dita per farla trovare ovunque desiderassero. Questo perché l'Eternity non aveva razzi da cui fuoriusciva energia propulsiva, essa si spostava a tempo zero e lo faceva con il disgregarsi per poi ricomporsi nel luogo prescelto. La materia oscura glielo permetteva, sempre se si aveva la conoscenza per imbrigliare e centellinare quell'energia spaventosa nella misura giusta, un pizzico in più e boom, fine dei giochi. Però a questo pensava Albert e saltavano senza pensieri da una galassia all'altra alla ricerca di un pianeta che molti asserivano fosse il luogo da cui il primo Creatore aveva prelevato i dodici Dormienti.

Vinicius le aveva spiegato per sommi capi il funzionamento del tempo e dello spazio, quel tanto da farle entrare nella testa il concetto base, ma Artemide non ci aveva capito molto sulle singolarità gravitazionali e sullo spazio-tempo. Una cosa però l'aveva compresa, per creare un ponte di luce che unisse due punti lontani, così da farli toccare, ci sarebbe voluta la stessa quantità di energia consumata da un Sole giallo nell'arco della sua intera esistenza. Un'energia impossibile da ottenere e accantonò le elucubrazioni su come Albert riuscisse a creare ponti inter-dimensionali: si dovevano fare calcoli complessi e lei con la matematica non andava molto d'accordo. Inoltre le veniva difficile concepire realtà tridimensionali, figuriamoci le quadridimensionali e oltre.

Saga Eternity - Volume Secondo: Le due regine - © In revisioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora