3

93 29 4
                                    

''Ne ha uccisa un'altra, e l'ha massacrata!'' Smith strinse i pugni, Gladstone non potè che osservare il continuo andare avanti e indietro del collega, in preda a una rabbia più simile alla frustrazione, alla stanchezza, che ad altro.
''Lo comprendo Albert, ma ora cerchi di calmarsi.'' Il tono di Morty Gladstone era pacato, per quanto possibile. Anche se ancora visibilmente provato.
''Calmarmi? Con il dovuto rispetto signore, non posso farlo. Quell'uomo, se si può definire tale, è ancora a piede libero e noi non siamo in grado di-''
Gladstone lo interruppe, posizionandosi proprio di fronte a lui.
''Di cosa, Smith?''
''Di fermarlo. Non siamo in grado di fermarlo. E' un fantasma, non lascia tracce o tantomeno indizi da seguire.''
''Qualcuno avrà pur visto qualcosa, per l'amor del cielo. Non può agir sempre indisturbato.''
Smith lo fissò, socchiuse gli occhi stanchi e scosse il capo.
''Nessuna ha veduto o udito nulla, o per lo meno, non lo dicono, forse per timore. Ha visto anche lei come ha ridotto quella povera donna, se ormai si può definir tale. Che atrocità.''

Gladstone si grattò il capo, corrucciò la faccia, la sua espressione ora lasciava intravedere, dubbio, confusione, paura. Smith diede un'occhiata alle vecchie lettere dello Squartatore, le aveva portate con sé in cerca di risposte, risposte che Whitechapel non era in grado di fornire, ma più si immergeva in quelle parole e più la sua vista si offuscava. Quell'inchiostro rosso, quella calligrafia fine, quel suo beffardo giochetto, tutto di lui irritava Albert Smith. Posò le lettere sullo scrittoio di fronte, non ci vedeva alcuna logica, alcun nesso, se non la malignità con cui descriveva le nefandezze da lui commesse. Gladstone e Smith erano stati poche ore prima in quel vicolo, ritrovandosi al cospetto di una scena raccapricciante, un tripudio di sangue, viscere e morte. Avevano chiesto l'identità della vittima e fu fornita loro poco dopo, insieme alla spiacevole e triste notizia che adesso i due bambini della donna sarebbero stati condotti in un orfanotrofio, non avendo più i genitori né parenti stretti della donna da convocare. Joana Thompson era l'ennesima puttana uccisa, con una crudeltà e una ferocia inaudita ma, ancora una volta, quell'omicida l'aveva fatta franca. Adesso i due agenti si trovavano invece nello studio di Martin Monroe, un ormai vecchio agente di Scotland Yard, ritiratosi a vita privata per via dell'artrosi, dei frequenti dolori causati dall'età e dalla moglie Janine, desiderosa di ricevere più attenzioni dal vecchio coniuge. La stanza si mostrava ordinata e linda, un profumo di peonie la invadeva e sovrastava qualsiasi altro odore provasse ad entrarvi. Vi erano quadri appesi alle pareti, raffiguravano indistinti paesaggi, nature morte per lo più, per il resto nient'altro se non un malconcio e oramai datato orologio a pendolo. Monroe vantava in continuazione la sua spropositata passione per le armi, di qualsiasi genere, sentendosi il più delle volte capace di identificarle solo osservandone dal colpo inflitto, ma per Thompson non fu così. Martin Monroe venne avvisato del delitto commesso la notte prima, arrivò sul posto e osservò l'orrore con i propri occhi, ma anche stavolta, come le volte precedenti, solo nebbia intorno a questo caso. Il vecchio disse che non avrebbe mai potuto riconoscere la tipologia di lama, per via di un fattore in verità alquanto semplice. I tagli presenti sul corpo della vittima. Sarebbe una menzogna sostenere che quegli squarci non fossero precisi, ma lo sarebbe altrettanto dire che fossero privi di collera, di sentimento, di forza. L'assassino ripeteva più volte gli stessi tagli, inserendo gelidamente la lama nel solco da lui creato in precedenza, e allargava, scavava, spezzava ciò che della pelle era rimasto, fino a lasciarvi quasi nulla da raccogliere, nulla da dedurre o utilizzare al fine di smascherarlo. Alla luce del giorno, quella macabra vista, ricordò a chiunque fosse presente che la Morte alle volte può essere meschina, perfida, ma mai quanto l'artefice della stessa. Smith distolse così gli occhi dai quadri, dal malandato orologio a pendolo e si voltò alla ricerca dello sguardo di Gladstone, quando finalmente si aprì la porta.

''Perdonate se mi sono fatto attendere, ma dopo ciò c'ho veduto oggi, pare che le mie ginocchia vogliano giocarmi brutti scherzi. Pensavo di aver compreso la situazione, sapete... sui giornali, ma... buon dio, tutto questo è veramente orrendo.'' Monroe si presentava claudicante, ingobbito, con degli occhi ridotti ormai a fessure di ciò che erano un tempo, ma il suo sguardo vigile non era cambiato, acuto e perspicace, quello sguardo non poteva essere beffato, neppur dal generale più temuto da tutti, il Tempo. Le assi in mogano scricchiolavano sotto il suo peso, la sua mole negli anni era cresciuta e la sua calvizie peggiorata, ma agli occhi degli agenti Monroe risultava ancora una carta da giocare, grazie alle sue intuizioni e al suo zelo verso quel lavoro che aveva saputo amare, in passato.
''Signor Monroe, potrebbe dare uno sguardo a queste lettere? Magari il suo occhio attento potrebbe scrutarvi qualcosa che noi non abbiamo veduto.'' Smith le prese e gliele porse, tutte quante, speranzoso di ottenere in cambio una qualche risposta riguardo l'omicida. Risposta che non tardò ad arrivare. Martin Monroe si poggiò alla sua scrivania, dispiegandole di fronte a lui, osservandole attentamente e leggendone accuratamente il contenuto. I minuti che ne seguirono furono interminabili, il silenzio regnava sovrano in quella stanza ben arredata, finché la voce del vecchio agente non proruppe.
''Il vostro omicida sembra esser un uomo colto, nonostante in queste lettere vi siano presenti alcuni errori di scrittura, ortografici per l'appunto. Credo siano dettati dal piacere.''
''Il piacere? Che vuole intendere?''

''Presumo che scriva queste lettere poco dopo le sue efferatezze. La calligrafia è elegante ma se notate bene alle volte ingrossata, calcata. Gli errori che commette sono la conseguenza della gioia che egli prova nel brutalizzare le sue vittime, nel piacere che ha nell'ucciderle e nel beffarsi di noi.''

L'eleganza dell'assassinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora