12. Fuochi nella notte

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«Ti avverto che questa è una pessima idea, spero che tu ne sia consapevole.»

Anais sorrise. Sia Nancy che Camille erano riuscite a dire la stessa identica cosa nell'arco di cinque minuti. E il fatto che nonostante tutto si trovavano a camminare lungo le vie di Montmartre in compagnia di ben due spettri era da considerarsi una piccola vittoria personale.

Sulle prime doveva venire solo Tristan, ma sua sorella era stata irremovibile: se proprio dovevano rischiare, allora lo avrebbero fatto insieme. Non lo avrebbe più lasciato in balìa delle insidie di una città che in passato aveva portato loro solo problemi, e Anais non poteva dirsi più d'accordo di così. Dello stesso avviso era stata Nancy, che si era precipitata da loro non appena aveva saputo della folle e sconsiderata presa d'iniziativa dell'amica.

«Siete davvero sicuri di esporvi a un simile rischio? Voglio dire, va bene che il duca di Rochefort dovrebbe essere bello che andato, ma dubito che la gente non si accorga di due tipi semitrasparenti che girano per strada, per non parlare del freddo che si tirano dietro.»

In tutto questo, Tristan era stato inamovibile. La prospettiva di rivedere il mondo dopo secoli di isolamento aveva come riacceso una scintilla dentro di lui. La vedeva come un'occasione che non voleva perdere in nessun modo, ed era arrivato addirittura sul punto di minacciare di andarsene in giro da solo qualora avessero fatto resistenza.

Alla fine, avevano optato per un compromesso: sarebbero usciti all'esterno, ma solo dopo l'una di notte, cercando di evitare il più possibile le strade affollate. Avrebbero fatto un giro breve, fino ad arrivare a uno dei punti panoramici a pochi passi dalla basilica del Sacro Cuore, da dove si poteva scorgere tutta la città, e sarebbero rientrati senza fare storie. Poteva funzionare, dai.

Ed eccoli lì, quattro ombre ammantate dalla calda notte d'estate, mentre si arrampicavano sul fianco della collina in mezzo al brusio dei frequentatori della vita notturna che entravano e uscivano dai bistrot. Sia Tristan che Camille contemplavano estasiati la trasformazione della città.

«Cosa c'è?» chiese Anais a un certo punto, divertita.

«E che... non ci aspettavamo che ci fosse così tanta gente in giro a quest'ora di notte. E ancora così tanta luce. Com'è possibile?»

«La luce a gas prima e l'energia elettrica poi hanno reso possibile tutto questo. Non solo permettono l'illuminazione, e quindi maggiore sicurezza per le strade dopo il tramonto. Hanno cambiato proprio lo stile di vita. Si dice che la città non dorme mai, ed è vero. C'è sempre qualcosa da fare, anche di notte. E Parigi è stata all'avanguardia in questo, ecco perché la chiamano la Ville Lumière, la città di luce» spiegò Nancy.

«Non so se questa cosa mi piace o mi spaventa» commentò Camille con una punta di inquietudine.

«Infatti ci sono anche i lati negativi» intervenne Anais. «Parigi è diventata famosa anche per locali un po'... particolari. Tipo il Moulin Rouge, quello che si vede da casa mia.»

«Stai parlando forse di un bordello?» Camille fece un'espressione inorridita al solo pensiero.

«Non proprio, però qui ci sono state molte più libertà rispetto altrove. Diversi artisti sono venuti a vivere a Parigi proprio per l'aria molto particolare che tira ancora oggi. E spesso sono andati incontro a una vita sregolata.»

«Comunque, la nostra Nanà la fa sempre molto peggio di quello che sembra. È la solita bacchettona» Nancy le allungò un pizzicotto sul fianco, al quale lei si ritrasse con uno spettacolare salto all'indietro. «Se volete sapere qualcos'altro, sappiate che io e lei curiamo un blog proprio sulle curiosità storiche della città.»

«Che cos'è un blog?» chiese Tristan, incuriosito.

Anais levò gli occhi al cielo. La spiegazione sarebbe stata molto lunga e complicata, e dubitava che avrebbero capito tutto.

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