CAPITOLO 17

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Le creature con il corpo da ragno e la maschera veneziana inaugurarono lo spettacolo, dondolando sulle proprie ragnatele dorate in direzione opposta. Da dietro di loro, entrarono in scena i jollycol. Camminavano sopra grosse palle blu, rimanendo in equilibrio. Sembravano creature davvero adorabili. Erano di tutti i colori: la pelle fucsia, gli occhi a palla gialli, il capello con una campanellina rossa, verde e viola. Erano tutti diversi tra loro.
Le prime due creature aumentarono di quota, lasciando lo spazio agli altri per passare sotto. Dopodiché, la donna-statua greca entrò in scena. Seguì rapidamente gli altri e finì in primo piano, poi cominciò a mostrare le sue grandi doti nella danza del ventre. Di fianco a lei si unirono due strane creature: sembravano fatte di centinaia di strati di veli bianchi. Vicino alla dama danzante calzavano a pennello. Notai, nel pubblico, figure di tutti i tipi.
Aldie, Zefiro e Adri si sarebbero dovuti esibire prima di me. Il primo ragazzo non sembrava troppo preoccupato per sé stesso, non più di quanto lo fosse per me, almeno. Continuava a pregarmi di ritirarmi e a dirmi che avremmo trovato un altro modo. Quando arrivò il suo turno, si avviò controvoglia nel cerchio di sabbia. Avrebbe dovuto fare il trapezista, insieme a Zefiro. Salirono degli scalini dietro le tribune, finendo in cima ad una piattaforma di legno. Erano dalle due parti opposte della tenda ed entrambi tenevano in mano un trapezio. Si girarono verso Mitis, per ricevere un segno e capire quando sarebbero dovuti entrare in scena. Adriano, da dietro le quinte, li osservava quasi come se fosse obbligato. Zefiro e Aldie si guardarono e si rassicurarono l'un l'altro. Mitis eseguì un colpo secco con il braccio e i due ragazzi si lanciarono dalle piattaforme, restando ben saldi ai trapezi. Il pubblico gioì ed esultò, e così fece il proprietario del circo davanti al proprio successo. Aldie, avendo fatto nuoto per anni, era più facilitato con le braccia. Zefiro, invece, nonostante riuscisse sempre a restare calmo, sembrava, già dall'inizio, sul punto di mollare la presa. Per fortuna il loro numero durò solo quattro giri. Non appena ognuno tornò sulla propria piattaforma, Adri chiuse gli occhi per qualche lungo secondo, poi sospirò profondamente. Zefiro era resistito fino all'ultimo per miracolo. Con il fiatone, si accasciò in terra, mentre si massaggiava le braccia doloranti. L'altro ragazzo, non appena toccò terra, alzò lo sguardo per cercare quello del suo amico, per sapere se stesse bene. Quando lo notò, però, maledì Mitis con lo sguardo, poi rassicurò Adriano, che da sotto non riusciva più a scorgere il biondo.
A quel punto accorse un problema: subito dopo il loro numero, ci sarebbe stato quello di Adriano. Sapevo che non sarebbe mai stato pronto per ciò che lo aspettava. Non per come era fatto lui: non con la sua dolcezza, non con la sua sensibilità, non con la sua cura per gli altri. Avrebbe dovuto fare il domatore.
Ancora non lo conoscevo bene, ma se c'era una cosa che sapevo, era che lui amava gli animali.
Due grosse creature furono portate nel cerchio di sabbia: avevano il corpo simile a quello dei giaguari, ma erano più grandi; erano rivestite da corti peli lucidi, che sembravano quasi tessuti olografici. Due grosse zanne uscivano dal palato e si arricciavano all'indietro. Sopra i due animali erano seduti dei ''cavalieri'', cioè delle armature viventi, le quali si aggrappavano ai grossi canini delle creature. Il compito di Adriano era di colpirli violentemente sulla schiena con una lunga frusta di pelle, per fargli eseguire gli ordini di Mitis. Il ragazzo voleva opporsi con tutto sé stesso, ma non gli era permesso. Il proprietario del circo sembrava furioso con lui: non poteva rovinargli lo spettacolo, non quando mancava così poco alla fine. Il corvino, allora, a malincuore, accettò. Le grosse creature entrarono nel cerchio di sabbia, e Adri tremò. Non per paura, ma perché stava per fare qualcosa che non si sarebbe mai perdonato. Avrebbe pianto per ore, forse giorni o mesi o anni. Il pensiero di fare del male a qualcuno, ma soprattutto a un animale, non gli era nemmeno mai balenato in mente, come idea. Non lo avrebbe mai fatto, neanche se sarebbe servito per farlo tornare dai suoi genitori, i quali lo stavano piangendo, nell'altro mondo. Tuttavia non lo stava facendo per sé, e neanche per noi. Le piccole fessure che Mitis aveva al posto degli occhi erano come un mezzo per ipnotizzare. Erano terrificanti. Non appena il numero terminò, il ragazzo corse dietro le quinte ed iniziò a piangere.
Mancava solo Kyplia in scena, prima di me. Anche lei presto si unì agli altri nel cerchio di sabbia, muovendo animatamente i capelli bianchi e creando riflessi colorati in tutta la tenda con gli occhi. Mitis, preso dal panico, mi gridò di iniziare la salita sulle scale a pioli, che mi avrebbero portato davanti al filo che avrei dovuto percorrere. Solo una volta in cima, realizzai quanto fosse alto e pericoloso. Impaurito, guardai il proprietario del circo, il quale mi rimproverò con lo sguardo: se mi fossi arreso non me lo avrebbe perdonato. Non saremmo riusciti a tornare a casa. Decisi, allora, di guardare verso i miei amici. Zefiro scuoteva la testa, furioso con Mitis, Adriano mi fissava spaventato, e Aldie aveva un'espressione indecifrabile. Per un momento pensai che fosse più spaventato di me, ma quando tornai a guardare il filo, persi quel pensiero. Sospirai un paio di volte, prima di avvicinarmi al mio spaventoso destino. Per prima cosa, appoggiai solo un piede, in cerca di equilibrio. Non appena posai anche il secondo, credetti di essere già in pericolo; forse era vero. Allargai le braccia per un maggior sostegno, ma le gambe non smettevano di tremare. Sapevo che se avessi guardato giù, sarei caduto. Decisi di trovare un punto fisso dall'altra parte del filo, e di concentrarmi su di esso. Feci un passo; poi due, poi tre. Sentivo gli sguardi del pubblico, di Mitis e dei tre ragazzi su di me, lo percepivo come se fosse concreto. La testa mi girava e mi mancava il respiro, ma lo sguardo rimaneva fisso sullo stesso punto. Quando arrivai dall'altro lato, inizialmente non me ne accorsi nemmeno. Osai abbassare lo sguardo, e, quando notai una struttura stabile sotto i miei piedi, rilasciai un sospiro tremolante, seguito da una singola lacrima. Non sapevo come ci ero riuscito, non ne avevo proprio idea. Sentii l'ansia svanire tutta in un colpo. Abbassai lo sguardo verso i tre ragazzi di sotto. Adriano aveva gli occhi spalancati, mentre Zefiro gridò per il mio successo, facendo subito gioire il pubblico, che fino a quel momento era rimasto zitto. Aldie sembrava aver appena ripreso a respirare dopo una lunga apnea. Quando scesi le scali a pioli di legno dipinto, i tre ragazzi mi accolsero in un abbraccio di risate e singhiozzi.
≪Porca puttana, come hai fatto?! È stata la cosa più incredibile che io abbia mai visto!≫ Mi scosse il biondo, con un sorriso stampato in faccia.
≪Elio, sei stato magnifico.≫ Disse Adri tra i singhiozzi.
Aldie si trovava dietro agli altri due ragazzi. Quando gli altri due si spostarono, mi venne incontro. Era la prima volta che lo vedevo così serio. Non mi rivolse un sorriso né una parola. Per un momento credetti che mi avrebbe voluto uccidere, ma invece, dopo avermi guardato negli occhi per lunghi secondi con la stessa espressione indecifrabile che aveva stampata in faccia dall'inizio dello spettacolo, mi attirò in un abbraccio. Non so perché, ma questo mi colse molto alla sprovvista. Non pianse, ma potevo sentire il suo respiro tremare. Mi teneva stretto, come non aveva mai fatto con nessuno, e io lo sapevo. Era molto più alto di me, ma affondai il viso nel suo petto, riuscendo, a modo mio, ad abbracciarlo. Non so per quanto restammo in quella posizione, ma, nonostante fossimo in un altro mondo, nonostante non conoscevamo nessuno ed eravamo dietro le quinte di un circo, nonostante mi sembrasse di essere in un sogno, in quel momento mi sentii a casa.

Il Mistero dell'Altro LatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora