Chapter 10

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Le sue mani tremavano. Anzi, il suo intero corpo tremava. Persino la sua anima, se mai ne avesse avuta una.

Tornato a casa di Evan, si era chiuso nella sua stanza, che per ora occupava finché non avrebbe trovato un appartamento in cui trasferirsi.

Aveva scartato tutti i regali di fronte agli ospiti della festa. Soltanto quello di James lo aveva lasciato per ultimo. Lo conservò fino a quando non fu da solo in camera, scusandosi con la famiglia di Evan perché accusava di un gran mal di testa e voleva coricarsi.

La scusa fu abbastanza banale, perché il suo migliore amico gli aveva fatto un cenno di sorriso.

Ma non gli importava. Sapeva che aveva bisogno del suo spazio per affrontare di nuovo James.

Si era illuso fino all'ultimo che fosse solo un semplice regalo. E lo era, in effetti: un bracciale d'acciaio, con incisa la sua iniziale. Ciò che lo sconvolse fu il biglietto allegato.

Avrebbe potuto leggerlo chiunque. Chiunque, cazzo. Eppure James se n'era fregato, attaccandolo al pacchetto come se fosse un banale biglietto d'auguri. Lo lesse talmente tante volte che perse il conto e lo imparò a memoria.

Tantissimi auguri di buon compleanno e auguri per la laurea!

James, Lily e Harry

Ps: off topic, 07/14, 11:40 pm

«Credi che io abbia la faccia tosta di presentarmi?» parlò al biglietto come se fosse James. «Come se nulla fosse...»

Le ultime righe erano scritte da schifo. Sbavate e in stampatello. Aveva scritto in fretta, di nascosto, in modo che Lily non lo cogliesse sul fatto.

Era esilarante.

Guardò sul calendario il giorno del 14 luglio. Era un venerdì. Doveva passare insieme a lui quel venerdì sera e non era veramente pronto, perché mancavano pochi giorni.

Il nervosismo che provava soltanto a pensare di vederlo di nuovo e parlarci gli sconquassava le viscere. Non voleva neanche fargli un torto però, non presentandosi.

Rimuginò sulla scelta giusta da fare, passando una notte in bianco e sentendosi in colpa verso Lily ed Harry. Allo stesso tempo, però, pensava che non ci fosse nulla di male. Non si stavano vedendo in un hotel, ma in uno stupido locale per giochi di società, come facevano quando stavano insieme.

Lo aveva scelto per non creare ulteriori tensioni o per non avere fraintendimenti.

Nascose il bracciale dentro un altro pacchetto e si distese sul letto con il biglietto ancora in mano. Lo lesse un'ultima volta e poi lo accartocciò, buttandolo a terra. Aveva ancora tempo per pensarci su, ma il tempo sembrava scandire ogni secondo come una bomba ad orologeria.

Se avesse avuto del buon senso, non avrebbe accettato.

Regulus avrebbe colto la palla al balzo, in quella occasione. Si decise che sarebbe andato, volente o nolente.

***

Uscì che erano le 11:30 di sera.

Anche se aveva piovuto, l'umidità della sera era calda. Corse alla macchina e guidò superando i limiti di velocità per non arrivare tardi. Ma era inevitabilmente in ritardo. Come se non bastasse, trovò i semafori rossi. Sapeva che non serviva a nulla imprecare, ma trovò che fosse la miglior valvola di sfogo. Aveva paura e non voleva ammetterlo a se stesso, perché se lo avesse fatto avrebbe dato buca.

La sua testa però non gli dava tregua, nonostante il suo cuore battesse così forte da spaccargli la cassa toracica.

Voleva vederlo, ma non doveva. Voleva ma non poteva. Era questo il più grande conflitto. Aveva passato le ultime notti in bianco, non riuscendo a essere sereno per una semplice chiacchierata.

Imperfect | Regulus BlackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora