Capitolo 1 - Stiamo sempre parlando di teiere?

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"Non vorrei essere io a darti questa triste notizia, ma la Regina Elisabetta è passata a miglior vita. Immagino sia un po' tardi per candidarsi come suo maggiordomo a palazzo" disse Louis avvicinandosi al nuovo cliente che aveva adocchiato nel reparto utensili per la cucina.

A occhio e croce sembrava un ragazzo sulla ventina o poco più, ma forse era il volto dai lineamenti delicati, senza nemmeno un'ombra di barba a farlo sembrare così giovane. Indossava sul capo un Fedora con una fascia scura, da cui sbucavano lunghi e ricci capelli castani che superavano di poco le spalle.

Una bizzarra camicia di cotone dalla stampa con uccelli tropicali era chiusa solo grazie agli ultimi bottoni sopra la cintura, mentre due lunghe gambe da giraffa erano avvolte in un paio di jeans che lasciavano molto poco all'immaginazione.

"Divertente" rispose Harry, con un sorriso sghembo dipinto sulle sue labbra carnose e di un rosa acceso. Sollevò poi le mani dalle lunghe dita affusolate che stringevano saldamente due teiere in argento, dalle eleganti finiture inglesi. Ne reggeva una per mano, mettendo in bella mostra le vene in rilievo che si snodavano dall'avambraccio fino alle nocche. Sulla pelle candida spiccavano dei tatuaggi, ma la distanza gli impediva di coglierne i soggetti nel dettaglio. Sembrava una sirena quella sul braccio sinistro. Forse il ragazzo era uno strambo amante del mare visti l'ancora sul polso e il vascello sull'esterno del bicipite sinistro.

"È tutta una questione di forma" sospirò prendendosi del tempo per scegliere le parole desiderate "di spessore e di polso" aggiunse Harry "se non riesci a dare la giusta inclinazione in maniera fluida e decisa, rischi di fare un disastro, capisci cosa intendo?".

L'accento con cui il ragazzo riccio parlava gli era familiare, ma non era del posto, sebbene era evidente che conoscesse la lingua.

'O forse non così evidente' valutò Louis, sbattendo le ciglia più volte, restando, stranamente, per qualche attimo in silenzio. Non era sua abitudine non sapere cosa replicare in qualsiasi frangente.
'Dio, non può non essersi accorto.'

Alzò poi un sopracciglio, stringendo le labbra sottili tra di loro, nel vano tentativo di trattenere una risata. Il ragazzo di fronte a lui, al contrario, pareva avere un cipiglio concentrato, grazie alla profonda ruga che gli solcava la fronte.

"Puoi giurarci, tesoro, è sempre una questione di polso e di impugnatura" insinuò divertito Louis, lasciandosi andare con una spalla sulla colonna eretta al suo fianco. Tanto valeva divertirsi un po'.

Harry parve analizzare le parole del ragazzo, posando il fuoco dei suoi occhi verdi e brillanti prima sull'impugnatura delle teiere, poi sul suo polso, ripetutamente.
Aprì la bocca, come per inanellare una risposta, ma non ne ebbe il tempo che subito Louis lo interruppe.

"Mi sembra che tu abbia le mani giuste per farlo, insomma, sono enormi, e comunque in nessun altro negozio troverai di meglio a livello di solidità e durata. Io non avrei dubbi sul da farsi."

Le guance di Harry si tinsero improvvisamente di rosso, come se ad un tratto un pensiero intrusivo avesse fatto capolino nella sua mente.

"Stiamo sempre parlando di teiere?" sussurrò appena, fissando Louis nei suoi vivaci e impertinenti occhi blu, stretti ai lati da fini rughe d'espressione.

"Spesse, solide e resistenti teiere inglesi, di quelle che non ti fanno sprecare nemmeno una goccia... di tè" aggiunse poi le ultime due parole, portandosi una mano al petto con una gestualità quasi plateale.

"Oh Dio" mugugnò a denti stretti, con un filo di voce, quando la realizzazione prese il sopravvento.
Amava follemente l'Italia e l'italiano, il suo caro amico Alessandro non aveva perso alcuna occasione per aiutarlo ad ambientarsi, gli aveva spiegato cose fondamentali come la differenza tra cappello e cappella, ma la sua mente maliziosa aveva ancora molta strada da percorrere per raggiungere la stessa prontezza nei flirt di cui avrebbe fatto sfoggio a Londra.
Nella città in cui Harry viveva dai tempi del college non riscontrava troppe difficoltà nel rimediare degli appuntamenti o del sano sesso occasionale.
Di sera, dopo il lavoro, amava andare in qualche locale raffinato, sedersi sullo sgabello alto in prossimità del bancone e attendere che qualche ragazzo carino gli offrisse da bere.
Era talmente sicuro di sé e del suo modo di flirtare che gli servivano davvero poche battute per ritrovarsi a trascorrere una nottata senza impegno con la persona prescelta.

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